Nessuno ritira l' «Ambrogino»

Bufera q Milane Bufera q Milane Nessuno ritira V «Ambrogino» MILANO. «Medaglia d'oro a Dario Fo...». Gabriele Albertini, il sindaco, quel nome l'aveva lasciato in fondo alla lista dei premiati, 48 Ambrogini d'oro in tutto, quasi per isolare una pratica scomoda, o almeno fastidiosa. O forse confidava in un «coup de théàtre» inatteso in pieno spirito da «Mistero Buffo». Ma tutto, invece, è andato secondo le previsioni: Fo, a Stoccolma per ricevere il Nobel, non ha mandato nessuno a ricevere l'Ambrogino. E nel silenzio interrotto da un commento ad alta voce («ma è una farsa...», si è sentito gridare), Albertini ha letto le motivazioni del premio contestato. Poi, alzando lo sguardo verso la platea dei premiati (in prima fila Indro Montanelli, la «grande medaglia» del '97), si è limitato a dire, con ostentato piglio burocratico: «Ad oggi non risulta pervenuta alcuna comunicazione con cui si manifesti la volontà dell'interessato. Noi non siamo tenuti a leggere i giornali. Pertanto farò pervenire al signor Fo la comunicazione che la medaglia è a sua disposizione». E ancora: «Nei prossimi giorni credo che il signor Fo si degnerà di farci conoscere la sua opinione». La medaglia resta chiusa in un cassetto di Palazzo Marino. E ci resterà, probabilmente un bel po'. Altri accenni diretti alla polemica a distanza tra l'amministrazione del Polo e il premio Nobel, Albertini non ne ha latti. Ma senz'altro a Fo era dedicato un passaggio del discorso iniziale: «Ogni anno la città premia quei cittadini che simbolicamente possono esprimere le virtù dei milanesi. Non milanesi migliori di tanti altri, ma milanesi esemplari. Per questo motivo non posso tollerare le sterili e rozze polemiche che hanno colpito non me, non la giunta, ma un simbolo assoluto della città, come l'Ambrogino...». Assente il premio Nobel (chissà se Fo replicherà con la «sua scrittura ironica graffiarne e giocosa» evocata nelle motivazioni del premio...), la giunta meneghina si è però potuta consolare con altri premiati eccellenti, da Giorgio Forattini alla casa editrice Ulrico Hoepli, a Pùùn Brambilla, la restauratrice del Cenacolo di Leonardo. Ma, soprattutto, è stata la festa di Indro Montanelli. Come giudica il gran rifiuto di Dario Fo? ((A me sembra - risponde Montanelli - un fatto di cattiva educazione... Si può anche non essere ideologicamente d'accordo però l'educazione va rispettata. Ma forse le mie idee sono antiquate...». Ci sono voluti anni perché Milano premiasse questo immigrato di lusso, toscano di nascita ma meneghino da sempre. «Sono qui dal '30. Da allora Milano si è certo arricchita materialmente, ma da allora la sua stoffa morale si è appannata. La città non è più la stessa. Grazie alla sua generosità ha assorbito tanta gente ma ha perso parte della sua milanesità. I milanesi veri sono rimasti una minoranza. Io stesso sono uno che è venuto da fuori ma per Milano è stato facile digerire uno come me, perché io Milano l'ho accettata fin da subito. Non tutti l'hanno fatto, così la città è cambiata, è stata vittima della sua generosità. Del resto a Firenze questo riconoscimento non me lo avrebbero mai dato. Nel modo più assoluto. Ne sono più che sicuro». [u. b.]

Luoghi citati: Firenze, Milano, Pùùn Brambilla, Stoccolma