Libero dopo la strage: «Perdonatemi»

9 Diecimila persone ai funerali degli operai. Ccd e popolari: una legge per fermare queste tragedie libero dopo la strage: «Perdonatemi» Sassari, per il giudice non può più inquinare le prove SASSARI. «Chiedo perdono ai familiari dei morti e ai feriti. Ma vi prego, credetemi, non ero ubriaco al momento dell'incidente»: parlava con tono basso e stanco Marco Carta, l'autista dell'auto della strage, all'uscita dal carcere di una città sulla quale è caduta una cappa di lutto. Negli stessi attimi, a tarda mattinata, sei bare coperte di fiori lasciavano, in un silenzio surreale, la chiesa di Santa Maria di Betlem, a Sassari, fendendo una folla immensa - diecimila persone - seguita dal presidente della Regione, Federico Palomba, dal sindaco della città turritana, Anna Sanna, e da quella dei paesi del circondario nel quale vivevano le vittime della spaventosa carneficina. La cronaca del giorno dopo è poca cosa rispetto allo strazio dei parenti delle vittime e della comunità. Testimoniato anche dalle parole del vescovo Salvatore Isgrò che nell'omelia ha citato un passo delle Sacre Scritture: «Li resusciterò nell'ultimo giorno». Un invito alla speranza, che però «non vieta di tentare di scongiurare ciò che è conseguenza della nostra imprevidenza». Il diario di una mattina di lacrime è intcssuto di brandelli di storie. Come il dramma dei figli adolescenti di Gavino Sechi, rientrato nel giugno scorso al lavoro nello stabilimento dell'Enichem dopo un periodo di cassa integrazione. Per dieci anni ha fatto anche da madre ad Antonio e Francesca, che avevano troppo presto perso la mamma, stroncata da un tumore. Gavino Sechi era conosciuto come persona generosa: è stato lui sabato a chiedere all'autista del bus sul quale viaggiava di fermarsi per prestare soccorso ad una giovane automobilista feritasi in un'uscita di strada. Un'auto impazzita l'ha falciato uccidendolo. E i fiashes dell'attualità dicono che ci sono ancora in ospedale venticinque feriti. E raccontano che è tornato in libertà Marco Carta, il meccanico trentunenne che sabato mattina è piombato con la sua auto su una sessantina di operai diretti verso lo stabilimento petrolchimico di Porto Torres e che avevano abbandonato il bus per soccorrere la giovane uscita di strada con la sua utilitaria. Il giudice per le indagini prehminari non ha ritenuto di dover tenere in cella l'imputato, incriminato per omicidio colposo plurimo, né di imporgli gli arresti domiciliari, come aveva sollecitato il pubblico ministero. Ha accolto la richiesta dei difensori dell'accusato, avvocati Agostinangelo, Marras e Daniela Masala, e l'ha rimandato a casa: non c'è pericolo d'inquinamento delle prove. La cronaca non dispensa solo disperazione, ma anche polemiche. «Purtroppo - osserva da Forlì il presidente dell'Associazione sostenitori e amici della Polstrada, Giordano Biserni - chi ha causato l'incidente è già stato scarcerato e sicuramente non sconterà pesanti pene. Anche se l'articolo 589 del codice penale prevede fino a 12 anni di reclusione, è noto che in Italia non si scontano pene di questo tipo». Il vicesegretario del Partito popolare, Dario Franceschini, chiede invece al governo di fermare le stragi del sabato sera, con un decreto legge che imponga la chiusura delle discoteche entro le due di notte. «Non c'è necessità di nuove norme», lo bacchetta il «verde» Alfonso Pecoraro Scanio, «Per evitare tragedie come quella di Sassari - sostiene - è sufficiente rendere stabili, più frequenti e incisivi i controlli sul tasso alcolico dei guidatori». Il Ccd chiederà formalmente ai capigruppo di Montecitorio che la legge per anticipare la chiusura delle discoteche venga discussa rapidamente in aula come provvedimento cui è destinato il tempo riservato alle opposizioni: lo ha anticipato il presidente dei deputati del Ccd Carlo Giovanardi: «Poi ognuno si assumerà le sue responsabilità. Siamo arcisicuri che se le discoteche chiuderanno ad una certa ora - noi abbiamo proposte le 2 d'inverno e le 4 d'estate - diminuiranno immediatamente i morti ed i feriti. Noi rilanciamo la necessità di imporre per legge, regole al popolo della notte». Si vedrà che fare, ma forse non è giusto agire solo sotto la spinta dell'emozione. Ma qualcosa va fatto, per aiutare orfani e vedove. Il presidente della Regione Sarda ha chiesto che gli operai morti mentre erano impegnati in un gesto di solidarietà, siano considerati vittime di un infortunio sul lavoro. «Assegnate loro medaglie al valore civile e riconoscete alle famiglie i benefici economici», ha proposto Biserni. Tutto ciò non cancellerà angosce e dolore nelle famiglie. La vedova della guardia giurata Salvatore Demontis, di Ossi, ieri non ce l'ha fatta più, è crollata durante i funerali. Hanno dovuto trasportarla in ospedale. Né servirà a lenire la disperazione di altre donne rimaste sole con bimbi di due mesi o di im anno. Corrado Grandesso

Luoghi citati: Forlì, Italia, Ossi, Porto Torres, Sassari