Per Seselj battaglia all'ultimo voto

Un maggior numero di missili sarà puntato contro gli obiettivi strategici cinesi SERBBA Suspense anche sul quorum, si teme che non venga raggiunto il 50 per cento più uno Per Seselj battaglia all'ultimo voto Vultranazionalista: sarò Presidente al primo turno BELGRADO. La Serbia, ormai da circa un anno in uno stato di elezioni permanenti, ha fatto ieri un secondo tentativo per eleggere il suo Presidente con la prospettiva di dover tornare alle urne il prossimo 21 dicembre per un nuovo ballottaggio. Nessuno dei tre candidati principali, quello della sinistra Milan Milutinovic, l'ultranazionalista Vojislav Seselj e il conservatore filomonarchico Vuk Draskovic, sembra in grado di raggiungere la maggioranza assoluta dopo che, secondo la legge, avrà votato il 50% più uno del corpo elettorale, che ò di 7,2 milioni di persone. Il portavoce del «Centro per le elezioni libere e la democrazia» (un'organizzazione indipendente con mille osservatori), Marko Blagojevic, ha detto che alle 15 aveva votato il 32,16% dei cittadini, ma non ha escluso che dopo la chiusura dei seggi la percentuale salga ad oltre il 50% dell'elettorato. Il segretario della Commissione elettorale statale, Nebojsa Rodic, ha annunciato che i primi risultati parziali si avranno solo stasera. Ieri il leader ultranazionalista del partito radicale serbo (Srs), Vojislav Seselj, ha detto di essere sicuro di vincere le elezioni presidenziali. Dopo aver deposto la sua scheda in un seggio di Belgrado, Seselj ha detto che se vi saranno difficoltà «al- lora dovrò battere uno per uno tutti i dirigenti del partito socialista serbo (Sps, al potere) e così mi daranno il potere». Seselj è il vincitore «morale» della prima tornata delle presidenziali svoltasi tra settembre e ottobre scorsi. La sua posizione è rafforzata dalla notevole affermazione ottenuta dalla «filiale» serbo-bosniaca del suo partito alle recenti parlamentari nella Repubblica serba di Bosnia. Il candidato della coalizione di sinistra e ministro degli Esteri della Jugoslavia (Serbia e Montenegro), Milan Milutinovic, ha detto, dopo aver votato: «Io ho parlato abbastanza, ora è il popolo che dovrà decidere». Il terzo, importante candidato, il conservatore filomonarchico Vuk Draskovic, si è detto sicuro che non vinceranno «né la coalizione nera, né quella rossa, ma la gente sceglierà la via di mezzo, cioè me». In un Paese dove il salario medio è di 200 marchi tedeschi (poco meno di 200 mila lire), le pensioni vengono pagate con ritardi di mesi e vi sono più fabbriche chiuse che operative, la campagna elettorale è stata impostata su promesse da fantascienza in quanto, come ha scritto il quotidiano indipendente di Belgrado «Nasa Borba», per mantenere quanto detto dai candidati occorrerebbero non meno di 13 miliardi di dollari. [Ansai

Luoghi citati: Belgrado, Bosnia, Jugoslavia, Montenegro, Serbia