«Alla sinistra gli zaparisti non servono»

Interno Polemica a distanza con Bertinotti, che l'anno scorso volle incontrare il comandante Marcos «Alla sinistra gli zaparisfi non servono» D'Menta in Messico: alla destra fa più paura Cardenas CITTA» DEL MESSICO DAL NOSTRO INVIATO All'aeroporto di Montreal qualche giorno fa, in una delle tappe dell'odissea aerea che lo ha portato in Messico, Massimo D'Alema aveva già spiegato quello che pensa degli zapatisti, del sub-comandante Marcos. Una frase cruda che fotografa l'allergia del segretario pidiessino verso quel mondo della sinistra romantica dei passamontagna, dei fucili, del guevarismo tanto caro a Rifondazione. «Sappiate - spiegava - che ha avuto più morti il Prd, il partito di Cuauhtemoc Cardenas, che non gli zapatisti. Questo dimostra - per inciso - che per la destra è molto più pericoloso chi strappa democraticamente il governo di una città come Mexico City che non certi "rivoluzionari"». Anche sul Chiapas - era fatale - va in scena la diversità tra le due sinistre, tra quella «moderata e quella antagonista» per usare il vocabolario di Bertinotti, tra «quella innovatrice e quella conservatrice» se si adopera il lessico dalemiano. Bertinotti volle ad ogni costo incontrare Marcos giustappunto un anno fa. E la settimana scorsa altri miti del popolo della sinistra nostrana, i Nomadi e Jovanotti, hanno rischiato di essere arrestati, a sentire l'ambasciata italiana, per la gita in quella meta obbligata del turismo politico che è diventata il paesino di Realidade, capitale del regno zap arista. Il D'Alema che è venuto in Messico per le cerimonie dell'insediamento del primo sindaco della sinistra moderata a Città del Messico, Cardenas, invece, uomini in passamontagna e stellette rosse non ne vedrà. Incontrerà - ma ancora non è sicuro - i mediatori per la crisi del Chiapas del Parlamento e del governo messicani. Umberto Ranieri, ministro degli esteri di Botteghe Oscure, si limita a ripetere la posizione di rito: «Risolvere la crisi del Chiapas nel quadro della tutela dei diritti degli indigeni, senza ricorsi alla violenza». Ma quando gli viene chiesto qualcosa di più preciso sullo stato delle trattative o sul perché non esistono rapporti tra il pds e gli zapatisti, ti manda da José Luis Rhi-sausi, vicepresidente del Cespi ed esperto di D'Alema in questo viaggio messicano. Naturalmente l'esperto mette subito le mani avanti. «Perché il pds non ha rapporte con gli zapatisti? - risponde Rhi-sausi -. Ma che ne so io? Non sono neppure del pds. Mi limito a dire che il pds è profondamente legato al prd, il partito di Cardenas, dato che sono entrambi membri dell'Internazionale socialista. E, ancora, che il Prd non ha rapporti stretti con gli zapatisti. Perché non c'è stato un incontro con il movimento zapatista? Perché il pds non è d'accordo con la lotta armata. C'è una certa sinistra italiana che non capisce niente del Messico. Ad esempio, l'altro giorno, durante la festa per l'insediamento di Cardenas, quando Jovanotti dal palco ha detto a quei campesinos arrivati in città dopo trenta ore di pullman, «sono andato a Realidade», quelli davvero non lo capivano. E sono rimasti zitti anche quando quello gli ha messo davanti, il microfono per cantare "Io penso positivo...". Un'assurdità, non siamo mica a Cuba». E già, da queste parti il pds ha occhi solo per il Prd di Cardenas, per quel partito della sinistra moderata, riformista che per strappare il potere al Pri, cioè al partito che governa ininterrottamente da settantanni in Messico, ha messo in piedi un'alleanza con alcune forze moderate che ricorda tanto la strategia adottata dal pds in Italia. Politica che il sub-comandante Marcos, ovviamente, critica più o meno come Bertinotti critica quella di D'Alema. Così come è ovvio che se il segretario di Rifondazione ha pensato di mettere in piedi una nuova Internazionale con Cuba e il sub-comandante Marcos, D'Alema è prevenuto verso quel mondo. Lui ha dovuto addirittura spiegare agli intellettuali della sinistra messicana perché il pds vuole riformare il Welfare, perché bisogna approfittare della globalizzazione che per la sinistra «non è un pericolo ma un'opportunità». Discorsi che vanno bene in Europa, ma che da questi parti a fatica sono compresi. «Capisco ha ammesso D'Alema in uno degli incontri - che è difficile parlare di riforma del Welfare, ma l'immagine di una sinistra che cade sotto l'influsso liberale e diventa destra è semplicistica e sbagliata. Noi non rinunciamo a governare i processi economici e a tutelare i più deboli. In Italia abbiamo fatto una legge per la tutela dei bambini poveri. La sinistra radicale che ci critica deve essere una sinistra molto sui generis visto che non se ne era mai accorta». Detto questo le due sinistre si devono incontrare. «Noi - ha raccontato D'Alema ai suoi interlocutori - vogliamo che Rifondazione partecipi direttamente al governo del nostro Paese. Sono loro che temono troppe contaminazioni. Siamo sicuri che la sinistra è in grado di governare senza dividersi, basta che la guida del processo sia assunta dalla sinistra innovatrice». Insomma, nella logica dalemiana, le due sinistre debbono andare a braccetto ma come Bertinotti deve andare dietro a lui, il subcomandante Marcos - per azzardare un paragone un po' forzato - deve lasciarsi guidare da Cardenas, un politico che in futuro potrebbe diventare presidente del Messico, come si sostienen anche a Washington. Del resto sono condannate ad attrarsi anche quando non vogliono. Ieri mattina dopo aver salito i 190 gradini di una Stelle piramidi di Teotihuacan D'Alema vi ha trovato in cima, a sorpresa, ilcapogruppc^.cti'ltìfOndazione Diliberto. Augusto Mi'.izolìni Massimo D'Alema Sopra: cartina del Chiapas REPORTAGE IL VIAGGIO BEL LEADER POS