Le colline i cavalli e le marine Il segno d'un indimenticato artista
MOSTRA A PALAZZO OPESSO MOSTRA A PALAZZO OPESSO L'OMAGGIO DI CHIERIA ROCCATI Le colline, i cavalli e le marine Il segno d'un indimenticato artista SONO passati 30 anni da quando Luigi Roccati è morto per una grave malattia. Pittore di alto ingegno, ha lasciato un segno chiaro e inconfondibile nel mondo dell'arte e opportunamente la sua Chieri, tramite l'assessorato comunale alla Cultura, lo ricorda ora con una mostra a Palazzo Opesso, col contributo di Fondazione Crt e Lions di Chieri. La rassegna, curata da Silvana Nota, è articolata su alcuni punti fermi che marcano la produzione di Roccati. Vi sono, per cominciare, alcune opere giovanili, di quando l'ancora dilettante «Vigin» esponeva nel suo ristorante, il mitico «Stc-jion» dì Chieri, divenuto un cenacolo di artisti, giornalisti, scrittori. Vi capitò un giorno il paesaggista Lidio Aimone, che diede volentieri alcuni insegnamenti; a lui subentrò in un secondo momento padre Angelico Pistarino. Ma soprattutto Roccati spalancava gli occhi e faceva tesoro dei grandi maestri del passato, accompagnando il tutto con letture colte. Ed ecco susseguirsi alcune «fasi», che la mostra documenta puntualmente: i paesaggi collinari (in alto a destra) e le assolate marine; Venezia; i celebri cavalli nervosi e slanciati, tendenti al gigantismo (a fianco a sinistra), così come le figure umane (in alto a sinistra); i fiori; i quadri di ispirazione etnisca. Questi ultimi sono il frutto dell'amore appassionato per l'archeologia, che portò Roccati a interessanti scoperte persino nelle campagne tra Chieri e Cambiano. E infine, una costante, l'amore per Chieri e i suoi scorci, le chiese, i giochi di luci e ombre (a fianco a destra: «San Domenico»): lo testimonia, in catalogo, Lorenzo Mondo. Si rimane ammirati di fronte alla olimpica fermezza con la quale Luigi Roccati sapeva imprimere sulla tela quei contorni duri, atri, quei confini netti e perentori delle figure, delle cose, e nel contempo esprimere una esaltazione cromatica quasi ebbra: quei blu e quei rossi che Marziano Bernardi definiva senza mezzi termini «stupendi, magistrali». Ma se di Roccati pittore molto si sa, meno diffusa è la sua notorietà come poeta: perciò la mostra chierese propone anche una selezione di suoi versi. Giacché non può restare nell'oblìo chi ha saputo scrivere : «All'alba io partirò / quando i fiori / sono ancora racchiusi / nel sonno, / e prima che l'alba li schiuda/ al bacio del sole / io / sarò già lontano / e non udrò più le voci / e il fragore / del mondo/ che sta per destarsi/ alla vita / nel primo mattino. / Quando il cielo si tinge di rosa / io / sarò già lontano. Leonardo Osella Omaggio a Roccati: un uomo, una città Chieri, Palazzo Opesso, via S. Giorgio 3. Dal 6/12 al 25/1. Inaugurazione: sabato 6 ore 18. Giovedì-sabato: 16/19; domenica 10/12 e 16/19. Chiuso: Natale, S. Stefano, Capodanno e relative vigilie Ingr. libero. Catalogo: Città di Chieri. Video: Adver Film Prog. e dir. allest.: Fiorenzo Tiberio. Foto: Filippo Gallino Informazioni: 011/942.4675,942.4818 ACQUISTATO da S. M. il Re», annotò Giovanni Battista Carpanetto nel suo registro, sotto la foto del quadro che rappresenta la gemma della bella esposizione di opere dell'Ottocento allineata da Palbert sulle pareti della sua galleria. «Critici gentili», è il titolo di questa scenetta di genere, ma di approfondito realismo, che ci mostra due signore della Torino bene di fine Ottocento intente a contemplare, nello studio del pittore stesso, alcune opere proposte all'acquisto. Si noti la straordinaria precisione e verità con la quale Carpanetto coglie le espressioni nei volti di madre e figlia. Si noti anche la perfetta, sapientissima composizione, bilanciata spazialmente da quell'esile cavalletto che vediamo soltanto di spigolo; si notino, sul tavolino i due bicchierini di rosolio, appena assaggiato quello della madre, intatto quella della figlia. d è dli gQuesto quadretto è un delizioso racconto. E' pur vero che proprio in quell'anno, il 1888, Van Gogh stava dipingendo ad Arles i suoi capolavori, che nessuno voleva, mentre questa tavoletta la volle Umberto I e la pagò 450 lire, una bella ciframa come possiamo pretendere
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