Le onde di Hertz

Le onde di Hertz Le onde di Hertz Una scoperta che cambiò il mondo Nuovi documenti sulle reazioni dei fisici italiani alla bomba atomica ba atomica). L'arma totale, che avrebbe fatto perdere alla fisica la sua innocenza, segna uno spartiacque etico che da queste lettere esce ben delineato. Ci sono quelli che vi lavorarono come al male minore, considerando la minaccia nazista, con la speranza (ingenua) che la bomba avrebbe avuto solo una funzione deterrente e non sarebbe mai stata sganciata su popolazioni civili: tra questi, con sfumature diverse, Fermi, Rossi, Segré. Ci sono quelli che non furono chiamati alla scelta ma rimasero a presidiare la ricerca italiana, per poi schierarsi con i movimenti pacifisti: Edoardo Arnaldi e, in modo più appartato, Giancarlo Wick. Il solo a dissociarsi subito (anzi, prima) fu Franco Rasetti, nato nel 1901 e tuttora vivente, ma fin dagli Anni 40 passato ad altri interessi. Scriveva Rasetti a Persico il 6 aprile 1946: «Io sono rimasto talmente disgustato delle ultime applicazioni della fisica (con cui, se Dio vuole, sono riuscito a non aver niente a che fare) che penso seriamente a non occuparmi più che di geologia e biologia, Non solo trovo mostruoso l'uso che si è fatto e si sta facendo delle applicazioni della fisica, ma per di più la situazione attuale rende impossibile rendere a questa scienza quel carattere libero e internazionale che aveva una volta e la rende soltanto un mezzo di oppressione politica e militare». Una posizione così pura che qualcuno l'ha giudicata aristocratica. Comunque la Storia ha eluso ogni previsione, seguendo una sorta di eterogenesi dei fini: la bomba atomica, in qualche modo, ha reso impossibile la guerra totale e, alla fine, ha portato agli accordi sul disarmo tra le superpotenze. Piero Bianucci SIAMO continuamente circondati e trafìtti da hertz. Dai 50 hertz della corrente alternata di casa alle migliaia e milioni di hertz delle onde radio, della televisione, dei calcolatori. Il nome di Hertz, infatti, è stato attribuito all'unità di misura per la frequenza d'una corrente alternata: indica cioè quante volte al secondo la corrente che passa compie un'osculazione completa. Anche per le onde radio si parla di «onde hertziane». Vediamo perché. Ricordiamo innanzi tutto che Heinrich Rudolf Hertz per primo fabbricò le onde che portano il suo nome, peraltro già previste teoricamente dal fisico Maxwell. Hertz fece così una grande scoperta, ma pensò che non servisse a nulla e si perse gli sviluppi, morendo a soli trentasette anni, il giorno di Capodanno del 1894. C'erano già degli studi (per esempio dell'americano Thomson e dell'irlandese Fitzgerald) che mostravano come le azioni elettriche si propaghino anche fuori dai fili, nello spazio, nell'aria ma anche nel vuoto. Faraday, lo scopritore del¬ l'induzione elettromagnetica, suppose che dai circuiti sede di elettricità e magnetismo partissero come delle linee di forza, come raggi invisibili, che investissero altri corpi. Ma fu il gentiluomo scozzese James Clerk Maxwell, tra bei cani e lunghe cavalcate, a consegnare alla scienza un pacco di equazioni che spiegano il funzionamento delle azioni elettriche e magnetiche che si trasmettono nello spazio da un corpo all'altro. Con il supporto della matematica si era già arrivati ad un buon punto, ma la questione non era liquidata perché Maxwell era un fisico teorico e non fece prove pratiche, non tentò esperimenti a dimostrazione delle sue teorie. Questo compito toccò al nostro Hertz - a 28 anni già professore di fisica al Politecnico di Karlsruhe - su suggerimento di Helmholtz. Come spesso succede fu un colpo di genio e di semplicità. La corrente a 50 Hz produce onde elettromagnetiche di lunghezza enorme: difatti dividendo la velocità dell'onda (300 milioni di metri al secondo) per la frequenza, 50 Hz, si ottiene sei milioni di metri, cioè seimila km. Adatta per uno smisurato gigante che faccia prove nello spazio ma assolutamente scomoda per esperimenti umani di laboratorio. Hertz inventò prima il modo di produrre onde più corte, e quindi frequenze più alte. Poi realizzò un apparecchio ricevente. Quando schizzò scintille l'apparecchio trasmittente, nel buio del laboratorio di fisica di Karlsruhe, scintillò anche l'apparecchio ricevente: onde invisibili avevano attraversato la sala gettando le basi per le trasmissioni. Misurò anche con precisione la velocità delle onde, trovandola uguale a quella della luce. Riuscì a piegarle e a rifletterle, come fanno le lenti e gli specchi coi raggi luminosi. Scoprì che sono riflesse dai buoni conduttori di elettricità e che invece attraversano facilmente i corpi non conduttori. Per questo riceviamo i programmi radio restandocene tranquillamente dentro la nostra casa. Giancarlo Bo BGSDMB&B