Da una pacifica proteina alla malattia di «mucca pazza»

Da una pacifica proteina alla malattia di «mucca pazza» Da una pacifica proteina alla malattia di «mucca pazza» Q delFun_ n Q delFuni _ gni Q delFuni UEST'anno il Nobel per la Medicina è stato asse_ gnato a Stanley Prusiner niversità di California a San Francisco. Per comprendere meglio il significato delle sue fondamentali scoperte è necessario ripercorrere la storia delle ricerche di un altro scienziato, Carleton Gajdusek, insignito del Nobel nel 1976.1 suoi studi, iniziati 40 anni fa, hanno aperto la strada per comprendere meglio la malattia che è venuta alla ribalta in questi ultimi anni, il morbo della mucca pazza. Gajdusek si recò in Papua e Nuova Guinea per studiare una malattia presente in alcune tribù. Si trattava di un morbo con chiari segni di degenerazione del sistema nervoso che colpiva prevalentemente le donne all'interno di un nucleo famigliare. La principale caratteristica era un tremore, che in gergo si dice kuru, da cui il nome della malattia. Il primo problema da risolvere era quello di stabilire se la malattia si poteva trasmettere per via infettiva. Gajdusek iniettò nelle scimmie estratti di cervello di pazienti deceduti e dimostrò che questi animali andavano incontro alla stessa malattia letale e il loro cervello presentava le stesse lesioni nervose riscontrate nell'uomo. Le cause del contagio familiare furono presto chiarite: i familiari, ma soprattutto le donne, in segno di rituale rispetto, mangiavano il cervello del defunto. Uno dei risultati immediati di questa ricerca fu che la malattia declinò rapidamente dal 1959, non appena questa forma di cannibalismo cessò. Il cervello dei pazienti presentava cavità che gli davano l'aspetto di una spugna. Ciò avviene in almeno altre due malattie: il morbo di Creutzfeld-Jacob dell'uomo e lo «scrapie» della pecora descritto nel diciottesimo secolo in Inghilterra. La parola scrapie deriva dal fatto che le pecore affette si grattano il corpo strusciandosi contro gli. alberi e i recinti. Queste malattie vanno oggi sotto il nome di encefalopatie spongiformi. Da qui nasce l'idea che tutte queste malattie avessero in comune lo stesso tipo di agente infettivo. Il problema successivo fu identificare questo agente. Si trattava di un virus? Le ricerche di Prusiner hanno fornito una risposta decisiva portando all'identificazione di un nuovo mec canismo di infezione, quello da prioni. Prusiner fornì la prima prova che l'agente infettivo dello scrapie della pecora era una proteina. L'idea fu considerata eretica alla luce delle conoscen ze dell'epoca. Infatti, una proteina non possiede Dna e quindi non avrebbe potuto replicarsi L'autore della rivoluzionaria scoperta coniò nel 1982 il nome di prione per indicare la protei na infettiva che fu denominata pj-p» (prot,eina Prionica dello Scrapie). Furono necessari anni per capire come essa si moltiplicava una volta entrata nel cer vello. Il meccanismo fu chiarito quando si scoprì che la stessa proteina, detta PrP% esiste nel cervello normale, ma con una conformazione tridimensionale diversa (fig. 1). La proteina anormale si lega a quella normale modificandone la fornu. e trasformandola in una nuova molecola anormale. Si formano così tante nuove molecole anormali uguali a quella del prione infettivo (fig. 2). Le nuove proteine si legano fra loro, formando una catena (amiloide) che non è degradatale e che pertanto si accumula nel cervello. I danni irreparabili possono essere dovuti sia al suddetto accumulo sia alla scomparsa delle proteine normali. A tale processo collabora una cosiddetta proteina X il cui meccanismo d'azione non è ancora ben identificato. Esistono almeno altre due malattie dovute a una forma abnorme di PrP, tra le quali l'insonnia familiare fatale. Siano dunque in presenza di un nuovo meccanismo di riproduzione di un agente patogeno il quale fabbrica una copia di se stesso, modificando la forma, ma non il contenuto di molecole che esistono normalmente nel cervello. Altri esperimenti sul topo hanno fornito importanti conoscenze. I topi nei quali è stato distrutto il gene responsabile della formazione della proteina normale non si ammalano quando viene loro inoculato il prione infettivo, perché in questo modo non si possono formare le catene di amiloide. E' soltanto in presenza della proteina normale e di quella anormale che si sviluppa la malattia. Inoltre, la proteina anormale della pecora non causa malattia nel topo perché non vi è affinità tra le due proteine. Se il topo, tuttavia, con esperimenti di ingegneria genetica, viene dotato del gene della proteina normale della pecora, con l'inoculazione della proteina anormale della pecora s'induce la malattia. Nel 1986, al culmine di queste scoperte, scoppiò in Inghilterra tra i bovini il morbo della mucca pazza con degenerazione spon¬ giforme dell'encefalo. La malattia fu causata dall'alimentazione con farine di carcasse di pecore infettate dal prione patologico. L'abbattimento di quasi 200.000 mucche non ha garantito l'estirpazione e ancor oggi c'è chi sospetta che almeno un milione di altre mucche si ammaleranno nei prossimi anni, data la lunga latenza dell'infezione. Il contagio può essere dovuto, oltre alla carne, alle gelatine derivate dai bovini che vengono usate per esempio per dolci e cosmetici. Per questo molti Paesi hanno vietato l'importazione dall'Inghilterra di tutti i prodotti di origine bovina. Un'ultima domanda di estre¬ ma attualità è se la malattia può essere trasmessa dai bovini all'uomo. Il timore è stato avvalorato dalla descrizione in Inghilterra di diversi casi di encefalopatia spongiforme simile a quella di Creutzfeld-Jacob, nei quali è stata riscontrata la presenza di prioni, molto simili a quelli del morbo bovino. Per questo motivo vari Paesi hanno chiesto all'Inghilterra la soppressione di altri bovini. In attesa di ulteriori studi la cautela è d'obbligo. Prusiner ha aperto la strada per capire altre malattie degenerative del sistema nervoso, tra le quali il morbo di Alzheimer, nel quale si formano catene di proteine (amiloide). Non vi sono prove che si tratti di malattie infettive anche se è probabile che siano dovute a simili meccanismi di interazione tra proteine normali e patologiche non ancora identificate. Si è provato che mutazioni puntiformi nei nostri geni possono produrre proteine anomale che possono innescare un simile processo patologico il quale diventerebbe così malattia ereditaria. L'avere scoperto questi nuovi meccanismi di malattia è premessa indispensabile per lo studio di nuove terapie che Prusiner ha già messo in cantiere. Piergiorgio Sfrata Università di Torino ■PROTEINA PRIONICA QUATTRO SCIENZIATI DAI LABORATORI ALLA GLORIA DI STOCCOLMA Conformazione normale Tra sette giorni, il 10 dicembre, si ripeterà a Stoccolma il rito della consegna dei Premi Nobel. Accanto al nostro Dario Fo, vincitore per la letteratura, ci saranno scienziati che vedono consacrate le loro ricerche. Del Nobel per la chimica ci siamo occupati il 29 ottobre. Qui ritorniamo sul Nobel per la medicina (già trattato il 22 ottobre) e illustriamo quello per la fisica. Nelle foto, da sinistra, Stanley Prusiner, scopritore dei prioni, e i fisici Steven Chu, William Phillips e Claude Cohen-Tannoudji, studiosi delle bassissime temperature.