Un inganno servito in tavola di Gabriele Beccaria
il caso il caso il «made in italy» tradito Un inganno servito in tavola «La legge non tutela l'extravergine» SE la storia dell'olio tradito ha un inizio, l'anno è il '93. Allora si decise una modifica sulle etichette delle bottiglie, piccola, apparentemente insignificante. Anziché la formula «prodotto e confezionato» - spiega il segretario deU'associazione per la tutela dei consumatori Aduc, Primo Mastrantoni - fu imposto un più sintetico «confezionato». E invece cambiò tutto. Da allora si è spalancata la strada all'olio con il trucco. Ecco come funziona il trucco, secondo il direttore della Coldiretti di Imperia, una delle capitali delle olive, Emilio Fugazzi. «Prendiamo Ter xtravergine. La legge prevede che l'unico parametro obbligatorio di garanzia sia l'acidità, che dev'essere inferiore a 1 grado. Ma che cosa c'è dentro la bottiglia non lo garan- tisce^laessuno». Visto die non dev'essere più «prodotto e confezionato in ■ Italia», ma solo ^confezionalo in Italia», i marchi uTtipicità e provenienza - dalla Liguria o dalla Puglia, tanto per fare un esempio sono diventati un optional. E, così, a chi va a fare la spesa succede sempre più spesso di comprare un extravergine che di italiano..ha il trattamento finale e l'imbottigliamento, e Basta, perctóHr resto è «made» in Spagna o in Tunisia. Questi Paesi - tra quelli del Mediterraneo - ci hanno inondati, con un successo superiore a ogni aspet- tativa. «Prendiamo là Spagna spiega Fugazzi -: produce un olio da taglio da appena 4 mila lire al chilo che, una volta arrivato da noi, può dare origine a 2 o 3 litri di extravergine, attraverso aggiunte di olii di semi e una serie di trattamenti». Alla fine del processo (e del viaggio) «il costo al litro precipita a 1500-2 mila lire ed ecco perché nei negozi e nei supermarket si trovano bottiglie a prezzi stracciati, da 7 mila, quando un vero extravergine, vale a dire un olio nostrano ottenuto con le nostre olive, deve costare almeno 18 mila». E' facile approfittare della distrazione del consumatore (che all'etichetta dà solo uno sguardo) e della tentazione esercitata dalla superconvenienza. Così, a credere a chi è del settore, ci hanno perso tutti. Sono stati messi in ginocchio moltissimi produttori, pugnalati da una carenza legislativa che ha scatenato una concorrenza selvaggia, la moltiplicazione delle sofisticazioni e un taglio del 27% degli aiuti comunitari, e sono stati ingannati moltissimi consumatori, che nel naufragio del «made in Italy» hanno visto restringersi la scelta degli olii «doc» al 100%. In una parola: «Mancando una normativa chiara sul luogo d'origine, si stanno mandando in fumo gli sforzi di imporre la qualità del nostro prodotto sul mercato», denuncia il direttore dell'Unione nazionale associazioni coltivatori olivicoli, Carlo Galuppi. «Non tutti sanno che un extravergine ligure è diverso da uno toscano e questi da uno pugliese, perché cambiano i tipi di olive, le rese, le lavorazioni, i sapori», dice Fugazzi. «Se vogliamo salvarli, abbiamo bisogno dell'appoggio dei consumatori». E questo sarà il prossimo capitolo della storia dell'olio tradito. Gabriele Beccaria «Oggi manca una normativa chiara sul luogo d'origine e produzione» Da anni l'Unione dei coltivatori di olive chiede la denominazione d'origine controllata per il loro prodotto
Persone citate: Carlo Galuppi, Emilio Fugazzi, Fugazzi, Primo Mastrantoni
Luoghi citati: Imperia, Italia, Liguria, Puglia, Spagna, Tunisia
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