D'Antoni: «L'unità entro due anni»

Il segretario della Cisl sfida la Cgil e la Vii E Morese avverte: se non ci mettiamo insieme il sindacato scomparirà, da soli non ce la facciamo D'Antoni: «L'unità entro due anni» Il segretario della Cisl sfida la Cgil e la Vii («un accordo tra potere politico e gruppi sociali - scriveva Pastore sul Popolo nel '61 - con la conseguente necessità per lo Stato di ristrutturare la propria organizzazione in funzione dell'esercizio democratico del potere, che si fonda sul consenso permanente delle forze sociali...»); la proposta del «risparmio contrattuale» nella stagione calda del '63, come esperimento di politica dei redditi che poi sarà cara a La Malfa; le diaspore autonomiste dei primi Anni 70, Camiti da una parte, Storti e il «sindacalismo di parti- to» dall'altra; lo scardinamento della scala mobile e gli accordi separati dalla Cgil negli Anni 80. E' storia. Ma la cronaca dice pure di una Cisl in cui la vicenda personale e politica del suo leader continua a inframmezzarsi con quella sindacale. Non voleva, D'Antoni, rifare il «Grande Centro» dal basso, attraverso i solerti accordi con la Compagnia delle Opere e le Acli? 0 non potrebbe, l'ipotetico e plurismentito patto segreto con il pds, prevedere il seguente baratto: D'Antoni porta in dote a Botteghe Oscure un sindacato unitario e ritarato al Centro, con l'obiettivo di assorbire e alla fine annacquare nel sociale gli impulsi alla ricostituzione po¬ litica di una nuova de, e in cambio ottiene il vice-premierato di un futuro governo D'Alema? Altra sbuffata di fumo, altra arrab¬ biatura d'antoniana: «Ma qui siamo all'Inquisizione! La politica la trovo affascinante, lo ammetto. Ma il sindacato, la sfida dell'unità, è una scelta straordinariamente più "politica" e importante». Per ora, comunque, un proclama più che una scelta. «Il punto è proprio questo - aggiunge allora D'Antoni - non condivido l'approccio di Cofferati, che è il solito, istituzional-burocratico, della Cgil: prima ci vuole la legge sulla rappresentanza, poi la verifica dell'accordo di luglio '93, poi la stupefacente teoria sul futuro leader, che non potrà essere uno dei tre attuali, cosa per me assurda. No, troppe premesse: l'unita va fatta ora, anzi è già tardi. Bisogna avviare subito la costituente, e fissare una data-limite entro la quale l'unità diventa effettiva. Due anni è un tempo giusto, non di più. La sfida è grande: è cambiata la società, deve cambiare la rappresentanza, e noi dobbiamo diventare il sindacato dei nuovi lavori, il sindacato di tutti, dei cattolici e dei progressisti, dei laici, degli autonomi e dei leghisti». Ecco qua. Scava scava, tra i detriti di questo palazzo in ricostruzione e le analisi del leader cislino, alla fine si trova forse la vera, e più convincente ragione che dovrebbe spingere le tre sigle ad unirsi, in una nuova «Cosa» sindacale: cioè una crisi, vera, di rappresentanza sociale. Che colpisce le confederazioni in modo trasversale, ma che forse turba di più Cisl e Uil - disorientate da una perdita di referenzialità politica (la vecchia de, ormai smembrata, e il vecchio psi, ormai scomparso) - che non la Cgil. A teorizzarlo con un lucido disincanto, due porte più in là, è il numero due di via Po, Raffaele Morese: «Io non ci credo, alla storia del sindacato unitario perché c'è Maastricht, perché sono cadute le ideologie e il muro di Berlino ragiona - la verità è che dobbiamo farlo perché non rappresentiamo più intere aree della geografia del lavoro. Siamo diventati sindacati di massa quando c'era la grande fabbrica taylorista, oggi che dilaga la frammentazione dei lavori noi non sappiamo dargli voce. L'ultima consultazione sul Welfare è indicativa: votano 3,5 milioni di persone, aumenta LI consenso, ma diminuisce molto la partecipazione. Ogni singola organizzazione, da sola, non ce la fa a far breccia nei gruppi sociali che non ci appartengono. Allora, o liberiamo risorse comuni sul territorio e investiamo insieme su un'immagine nuova, su un sindacato unito e libero dagli schieramenti, oppure finiremo nell'angolo della rappresentanza dei solili lavoratori dipendentiA. dei pensionatisi. i'L dati sul tesseramento, che ci-, i fornisce,, Graziano Trerè, capo dell'organizzazione cislina, sono indicativi: su 3,8 milioni di iscritti alla Cisl, 1,8 milioni sono pensionati, 643.115 lavoratori dell'industria, 563.658 della pubblica amministrazione e via via tutti gli altri. E non a caso, tra '95 e '96, proprio la quota dei pensionati è quella cresciuta di più in termini di iscrizione, più 4,84%: «Dove sono i lavoratori para-subordinati, i precari del Nord? - si chiede Morese -. L'unità sindacale ce la giochiamo là, dove la cultura leghista è molto più diffusa del voto alla Lega. E come già accadde per la de, gli ultimi a lasciare la Lega saranno gli operai, cioè la gente più umile. E quella più difficile da convincere...». Come convincerla, come spiegargli che è utile e giusto iscriversi, se mai nascerà, al futuro sindacato unitario, è ancora Morese a spiegarlo: «La classe dirigente di Cgil, Cisl e Uil deve spiegare alla gente che l'unità non passa per un Manuale Cencelli sui futuri organigrammi, e deve uscire dal guado in cui s'è cacciata. Oggi i leader continuano a fare il gioco, andreottiano, dei due "forni": un po' vanno ognuno per la propria strada, un po' fanno il pane coi politici. Non va bene». Se poi il futuro sindacato unitario si chiamerà «Cil» come ha scritto il manifesto - concludono davanti al solito ascensore che ci riporta agli «inferi» Valerio Gironi e Salvo Gughelmino, spin doctors di via Po - alla Cisl va bene: si chiamava così il primo sindacato cattolico, guidato da Corazzin ai tempi del ppi di Sturzo. Ma prima del nome, ci vuole la «Cosa». Se non c'è quella, a parte le sue ipotetiche «mire» sui sindacati, D'Alema non ha torto a dire «o cambiano, o vanno in pensione insieme ai pensionati che rappresentano». Massimo Giannini Tra gli iscritti mancano le nuove figure e crescono i pensionati Il segretario della Cgil Sergio Cofferati «I giochi si fanno al Nord dove c'è una forte cultura leghista» Giulio Pastore «anima» del sindacato cattolico «Non posso condividere l'approccio burocratico dei cigiellini: avviamo una costituente»

Luoghi citati: Berlino