«Ferrovie piano devastante»

ECONOMIA E FINANZA «Ferrovie, piano devastante» Cgil isolata sui 15 mila a casa «Questi non sono veri esuberi» ROMA DALLA REDAZIONE Esuberi veri, non un mandato in bianco a dimettere dal servizio 15 mila ferrovieri (e forse più) nel pieno delle capacità professionali, alla sola condizione che abbiano raggiunto 53 anni di età e 22 anni di contributi. Su questa posizione drastica la Cgil punta i piedi e non intende recedere di un millimetro, preoccupata per le conseguenze «devastanti» che deriveranno, sulla qualità e la sicurezza del trasporto ferroviario, da un'espulsione così massiccia di energie umane preziose per il buon funzionamento dell'azienda; ma, anche allarmata per l'inevitabile effettoaggancio che nessuno potrà contenere e, di certo, aprirà un nuovo pauroso buco nei conti pubblici se il vortice dei prepensionamenti dovesse assorbire altri 75-80 mila lavoratori attualmente occupati in enti e settori che presentano difficoltà analoghe a quelle delle ferrovie. «Siamo convinti - spiega Walter Cerfeda, segretario confederale della Cgil - che con l'indicazione dei 15 mila esuberi i ministri dei Trasporti Burlando e del Lavoro Treu abbiano, di fatto, bloccato la trattativa diretta a realizzare un risanamento vero dell'azienda ferroviaria, consentendo di protrarre una gestione disastrosa che negli ultimi anni ha fatto aumentare il costo del lavoro, nonostante che gli organici siano stati tagliati di ben 60 mila unità». Alla determinazione di un certo numero di esuberi «realmente veri» si sarebbe Sergio Cofferati segretario Cgil dovuti arrivare, secondo Cerfeda, dopo aver utilizzato tutti gli strumenti offerti dalla contrattazione per contenere ed abbattere la dinamica del costo del lavoro: una migliore organizzazione delle attività, maggiore flessibilità degli orari, una più accorta ed efficace utilizzazione della forza lavoro e così via. «E' assurdo - insiste Cerfeda che si dia il via ad un taglio di personale indiscriminato e così consistente senza prima aver tentato tutte le strade percorribili per conseguire gli stessi traguardi. Ed è grave che non si mandano a casa i «superflui» o gli «inutili», ma solo chi ha conseguito o conseguirà il duplice requisito di età e di contributi stabilito dalla riforma Dini. E' un gioco al massacro, al quale non ci stiamo». Massacro nell'azienda, ma pure sottolinea Cerfeda - per le finanze pubbliche: «Esortiamo il ministro del Tesoro Ciampi a dire che cosa ne pensa dinanzi alla nuova mina vagante dei prepensionamenti nelle ferrovie e, fatalmente, in altri settori, come le banche, i porti, le poste. Una mina vagante che ha tutta la potenzialità di far saltare i risparmi faticosamente concordati nelle scorse settimane per avviare il nostro sistema previdenziale verso il riequilibrio finanziario. Che ne rimarrà della recente riforma?». Ma perché tutti gli altri sindacati sono in rotta di collisione con l'impennata della Cgil? «E' molto più facile - replica il dirigente sindacale - dire sì, invece che no, alla decisione di mandare anticipatamente a riposo 15 mila ferrovieri, e poi chissà quanti altri lavoratori, con le regole ben più vantaggiose della riforma Dini, piuttosto che con i requisiti più pesanti previsti nel provvedimento collegato alla Finanziaria. Risponde alle accuse anche il segretario generale della Filt-Cgil, Guido Abbadessa, per il quale il suo sindacato è il solo a respingere soluzioni in contraddizione con l'accordo sulla riforma del sistema previdenziale sottoscritto dalle stesse confederazioni lo scorso 5 novembre. Nella trattativa con il governo e l'azienda, la Cgil «si è battuta, sola tra tutte le organizzazioni sindacali, per affrontare la questione della ristrutturazione delle FS e degli esuberi con la massima serietà e la massima trasparenza». Secondo la Filt si corre il rischio di «mandare via dalle ferrovie, ancora una volta, i lavoratori che hanno i requisiti per andare in pensione e non quelli realmente in esubero, a prescindere da qualsiasi criterio di riorganizzazione produttiva. Se ci sono state ambiguità, doppiezze, cadute di stile sono pertanto addebitabili a quelle organizzazioni sindacali - aggiunge Abbadessa - che avevano proclamato uno sciopero generale delle Ferrovie (quello del 4 dicembre poi revocato) per «il mantenimento del preesistente sistema previdenziale» e quindi «contro l'accordo dei 5 novembre sottoscritto dalle loro stesse confederazioni». Sergio Cofferati, segretario Cgil

Persone citate: Abbadessa, Cerfeda, Dini, Guido Abbadessa, Sergio Cofferati, Walter Cerfeda

Luoghi citati: Roma