Va in scena lo show dell'Apocalisse

Va in scena lo show dell'Apocalisse l'ossessione da fine del mondo contagia gli Usa e arriva a indicare una data: 7 maggio 2001 Va in scena lo show dell'Apocalisse Conto alla rovescia su migliaia di siti Internet NEW YORK DAL NOSTRO INVIATO Apocalypse wow! E' cominciato il conto alla rovescia. Con insospettata letizia mezza America si prepara al più grande show degli ultimi tempi (letteralmente). L'altra mezza siede al computer, entra in libreria, guarda la televisione e inesorabilmente si convince. Qualche migliaio di siti Internet (da Apocalypse Soon a Worldend), centinaia di libri (da «2001, il confine dell'eternità» a «La fine è cominciata») e un diluvio di interviste stanno convincendo anche i più scettici: siamo ai saldi. Questa è la ricostruzione di una teoria composita che parte da un libro sugli Egizi, prosegue sui siti Internet che guardano a Marte, ricade sulla Terra dove sfoglia profezia cristane, maya e degli indiani hopi, punta il telescopio sui pianeti in marcia e arriva a una conclusione «indiscutibile». Questa è una teoria che, in segreto, è conosciuta e avallata da tre dei maggiori poteri forti del Pianeta: la Nasa, il Vaticano e la massoneria. Loro lo sanno, milioni di americani lo sanno, tanto vale che lo sappiate anche voi, perché non buttiate il (poco) tempo che resta: si chiude baracca il 7 maggio 2001. Qualche ottimista vede segni di una proroga, ma per pochi eletti, fino al 23 dicembre 2012, ma trova poco credito. I millenaristi dicono, letteralmente, che una fine più vicina è «più sexy» e i segni del destino sono decisamente per il 2001. E poi, anche questo va messo in conto, l'umanità è stanca di trascinarsi, l'esistenza sta diventando noiosa, occorre una grande attesa per vivacizzare la vita e allora ecco l'euforia per l'evento che fa finalmente la festa a questo mondo. Ed ecco come tutto era già scritto fin dal 10.500 avanti Cristo e come tutto ci è stato (finora) tenuto nascosto. Il primo gradino della conoscenza è un libro, un best-seller internazionale. Si intitola «Le impronte degli deb>. Lo ha scritto un inglese di nome Graham Hancock, che ha compiuto lunghe ricerche nei luoghi dove ci sono cose che non hanno spiegazione: le linee Nazca in Perù, le costruzioni sulla vetta del Machu Picchu, gli idoli di Tiahuanaco, in Bolivia. Testimonianze misteriose, che non possono appartenere alle civiltà a cui vengono attribuite, ma che risalgono, forzatamente, a molti secoli precedenti, a popoli che nessuna storia tramanda e che pure hanno cercato, attraverso queste poco decifrabili strutture, di mandarci un messaggio. Quale? Hancock è andato a Giza, in Egitto, ha studiato le piramidi, ha tracciato sulla carta una mappa della loro posizione e ha capito. Le tre piramidi non sono sullo stesso asse. Perché mai? Che senso aveva disporle in quella maniera, con la terza piramide spostata? Cosa raffigura quella dislocazione? La risposta è: i monumenti di Giza formano una mappa terrestre delle tre stelle della cintura di Orione. Come appariva ai tempi degli Egizi? Risposta sbagliata. Come ap- pariva nel 10.500 avanti Cristo. Chi poteva, già allora, concepire un'opera così straordinaria se non una civiltà avanzatissima, autentici dei del passato remoto? Perché allora l'umanità ha impiegato altri millenni per riconquistare lo stesso livello di conoscenza? La risposta può essere una sola: quella civiltà è andata distrutta. L'ipotesi di Hancock è che «gli dei» sapessero di camminare sul baratro e abbiano deciso di lasciare una traccia, nel caso una qualche forma di civiltà fosse risorta sul pianeta. Ci consegnarono Giza e Nazca, il Machu Picchu e,Tiahuanaco per dirci: sapevamo fare questo. Allinearono i monumenti alle stelle perché potessimo intuire: vivevamo in quell'epoca. Ma inviarono un altro, ben più im¬ portante messaggio: «Quello che è successo a noi, capiterà anche a voi». E cercarono di farci capire come e quando. Lo dicono, nello Yucatan, i discendenti degli antichi maya, sfogliando i loro codici: «El mundo va a terminar en el Duemila y pico», nel Duemila e poco più. Lo dicono, nelle riserve, gli indiani hopi: «Camniiniamo negli ultimi giorni, una spada di Damocle pende su di noi. Il primo mondo fu distrutto dal fuoco, il secondo dal ghiaccio, il terzo dal- l'acqua, il quarto...». Per sapere cosa ci distruggerà bisogna guardare a Marte, ai siti rintracciabili con le parole chiave «watcher» e «conspiracy», al professor Richard Hoagland quando parla in televisione e, soprattutto, a una fotografia, numerata 35A72, che la Nasa voleva trascurare, ma che Di Pietro ha portato alla pubblica attenzione. Vincent Di Pietro, s'intende, un ex cervellone della base di Houston, fuoriuscito per raccontare un'altra verità. Quando l'immagine 35A72 fu mostrata, la versione ufficiale fu: «Sembra di vedere qualcosa, ma sono solo effetti di luce e ombra». Di Pietro e il suo pool hanno fatto piazza pulita delle ombre. Quello che è rimasto è la mappa di Cydonia. Sorprendentemente, qualcosa di già visto. Dove? A Giza. Tracce di piramidi allineate da Nord a Sud lungo l'asse del pianeta, disposte in relazione a cosa? Alle stelle della cintura di Orione. E un volto impresso sul suolo, «The face on Mars», come la chiamano. Il volto di una sfinge. La Sfinge d'Egitto ha Horus nell'orizzonte. Horus deriva dall'egizio Heru, che significa: faccia. The Face. The Face on Mars. Alla Nasa, ufficialmente, ridono. Come no, dicono, gli Egizi e i marziani, le civiltà parallele di¬ strutte. Da cosa poi? Da un meteorite, dice Hoagland, e qualche milione di cibernauti con lui. Qui Houston, stiamo morendo dalle risate. Ufficialmente. Poi c'è quello che si legge nei siti «conspiracy», che è tutta un'altra storia. Partendo dalla fine: il dio sciacallo degli egizi si chiamava Upuat. Tradotto: colui che esplora i sentieri. In inglese: «Pathfinder». Vi dice niente? Ricordate il robottino su Marte, quello che non ne voleva sapere delle batterie scariche e continuava ad avanzare per cercare di arrivare, dove se non a Cydonia (E.T.: «Casa!»)? Con tutti i noml'possibili, perché proprio il dio sciacallo? E perché il simbolo delle missioni «Apollo» era una <(A» stilizzata senza il trattino simile a un piramide con in più, sullo sfondo, la costellazione di Orione? E perché proprio il nome «Apollo», derivato greco da Isis, la «dea del ritorno»? Cosa, sta per ritornare? La Nasa dice di non sapere nulla, degli egizi, di Giza, di Cydonia e di «quello che sta per tornare». Eppure tutte le missioni Apollo sono allunate nello stesso momento: quando a 19,5° sull'orizzonte del Mar della Tranquillità c'era, indovinate chi? Orione, a cui guardano le piramidi di Giza e Cydonia. Un rituale. Un omaggio agli «dei». Un omaggio più terreno fu invece, dicono, la bandiera conficcata sul suolo lunare dopo 33 minuti e che portava il numero 33, caro alla massoneria. La Nasa sa tutto. I massoni sanno tutto. Il Vaticano sa tutto. Perché mai, altrimenti, L'Osservatore Romano avrebbe pubblicato un curioso articolo invitando le grandi potenze ad allearsi contro il pericolo dell'avvento di un meteorite? E' solo questione di tempo. Paul Sifki, indiano hopi di 96 anni, ha détto a Graham Hancock: ili quarto mondo finirà come una stella che esplode». Hancock ha scrìtto: «Ciò che è 'accaduto' ùha volta, succederà di nuovo». Gli egizi parlavano di «una pietra di fuoco» proveniente dal cielo. C'è un mistero, nascosto nella camera segreta della grande piramide. E' una traccia della «pietra di fuoco» che distrusse «gli dei»? «Ciò che è accaduto una volta, succederà di nuovo». Quando? Il segnale sarà dato dall'allineamento di Marte, Venere, Mercurio, Sole, Giove, Saturno e Luna. Avverrà il 7 maggio del 2001. La Terra, secondo le profezie, avrà ancora un giro di valzer, poi si chiuderanno le danze. L'allineamento dei pianeti è il segnale del cataclisma cosmico. Volendo, si può interpretare anche come annuncio dell'Anticristo (a piacere: Saddam o un tizio che calerà in elicottero sul Monte degli Ulivi). Sempre volendo, si possono aggiungere molti altri segnali, a seconda delle credenze religiose. Resta la conclusione «inequivocabile»: l'8 maggio 2001 è una data nel nulla, non esisterà. In America già si preparano grandi feste per la notte del 6 maggio 2001. Ora che la fine è nota, non resta che ballare sul baratro. Gabriele Romagnoli E' una febbre che basa la resa dei conti sul legame tra ia mappa delle piramidi di Giza e le stelle della costellazione di Orione Nelle previsioni entrano anche le missioni spaziali e le scoperte su Marte Si lanciano Sos contro il pericolo di un meteorite e si accusa la Nasa sul pianeta. Ci consegnarono Giza e Nazca, il Machu Picchu e,Tiahuanaco per dirci: sapevamo fare questo. Allinearono i monumenti alle stelle perché potessimo intuire: vivevamo in quell'epoca. Ma nviarono un altro, ben più im¬ STELLE DELIA CINTURA DELLA COSTELLAZIONE DI ORIONE La dislocazione tre piramidi di Giza: non sono sullo stesso asse, la piramide di Micerino è spostata rispetto alle altre due. Secondo lo scrittore Graham Hancock, e i suoi seguaci su Internet, questa particolare dislocazione rappresenterebbe la mappa terrestre delle tre stelle della cintura della costellazione di Orione gfu mostrata, la versione ufficiale fu: «Sembra di vedere qualcosa, ma sono solo effetti di luce e ombra». Di Pietro e il suo pool hanno fatto piazza pulita delle ombre. Quello che è rimasto è la mappa di Cydonia. Sorprendentemente, qualcosa di già visto. Dove? A Giza. Tracce di piramidi allineate da Nord a Sud lungo l'asse del pianeta, disposte in relazione a cosa? Alle stelle della cintura di Orione. E un volto impresso sul suolo, «The face on Mars», come la chiamano. Il volto di una sfinge. La Sfinge d'Egitto ha Horus nell'orizzonte. Horus deriva dall'egizio Heru, che significa: faccia. The Face. The Face on Mars. Alla Nasa, ufficialmente, ridono. Come no, dicono, gli Egizi e i marziani, le civiltà parallele di¬ pcare di arrivare, dove se non a Cydonia (E.T.: «Casa!»)? Con tutti i noml'possibili, perché proprio il dio sciacallo? E perché il simbolo delle missioni «Apollo» era una <(A» stilizzata senza il trattino simile a un piramide con in più, sullo sfondo, la costellazione di Orione? E perché proprio il nome «Apollo», derivato greco da Isis, la «dea del ritorno»? Cosa, sta per ritornare? La Nasa dice di non sapere nulla, degli egizi, di Giza, di Cydonia e di «quello che sta per tornare». Eppure tutte le missioni Apollo sono allunate nello stesso momento: quando a 19,5° sull'orizzonte del Mar della Tranquillità c'era, indovinate chi? Orione, a cui guardano le piramidi di Giza e Cydonia. Un rituale. Un omaggio agli «dei». POSIZIONE ODIERNA CHEOPE TRA STELLE E PIRAMIDI A sinistra le piramidi di Giza. A destra, una immagine di Marte divulgata su Internet: i seguaci delle teorie sulla Apocalisse vi distinguono nella parte inferiore tracce di piramidi allineate come a Giza. In alto viene evidenziata la cosiddetta «Face on Mars», un volto che evocherebbe la Sfìnge