«Seme infetto? Non sapevo e mi servivano i soldi»

Firenze, interrogato e indagato il donatore Firenze, interrogato e indagato il donatore «Seme infetto? Non sapevo e mi servivano i soldi» «Avevo solo il dubbio della mia malattia Ogni volta ricevevo dal centro 65 mila lire» FIRENZE DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Anche il donatore del seme infetto è finito sotto inchiesta. Il sostituto procuratore della Repubblica Emma Cosentino, evidentemente, non crede alla sua buona fede e gli ha inviato un'informazione di garanzia nella quale si ipotizzano i reati di tentata epidemia e falso. Anche lui, come i tre medici e il biologo arrestati venerdì della scorsa settimana, secondo il magistrato, era a conoscenza che il virus dell'epatite C e dell'herpes simplex erano presènti nei suoi spennatozoi. L'uomo, un operaio fiorentino di 38 anni, è stato interrogato mercoledì sera alla presenza dei suoi avvocati. «Ho problemi psicologici ed economici - ha detto il donatore (il cui nome non viene fatto per garantire la privacy delle donne fecondate col suo seme) - le 65.000 lire di rimborso per ogni donazione mi facevano un gran comodo perché in quel periodo ero disoccupato». Più vago è stato nel rispondere alla domanda sulla sua consapevolezza di essere infetto: «Avevo solo un dubbio, non la certezza di essere malato - ha detto -. Ho continuato a donare il seme anche negli ultimi tempi un po' perché non mi rendevo conto della gravità della cosa, un po' perché mi servivano i soldi. Inoltre al Centro Florence non mi hanno detto niente, così ho pensato che in fondo tutto andasse bene». Quando si è accorto di avere la malattia, gli è stato chiesto durante il programma «Radio anch'io» al quale ha accettato di intervenire, «Mi sembra all'incirca un anno fa ha risposto il donatore infetto - ma non vorrei aver detto le cose in materia imprecisa perché io su questa cosa sono confuso parecchio». E dove ha fatto le analisi? «Gli esami che mi chiedevano venivano fatti in strutture pubbliche e poi mi venivano rimborsate le spese. Ma i risultati li conoscevo in modo relativo, perché in queste cose non c'ho mai capito nulla». Il donatore sotto inchiesta tende, quindi, a difendersi sostenendo che «non sapeva». Una linea sostanzialmente seguita anche dai medici arrestati (il professor Luca Mencaglia, la dottoressa Rita Guidetti, il biologo Francesco Bertocci e l'anestesista Francesco Di Dona), i quali hanno sostenuto, durante gli interrogatori, di non aver avuto sospetti sul fatto che il donatore «DN0032» fosse portatore dei virus. Una tesi che, però, potrebbe traballare, almeno per qualcuno, alla luce degli ultimi accertamenti fatti dal Nas. Nel «registro dei donatori» del Centro Florence, sequestrato dai carabinieri, il donatore sotto inchiesta è annotato fin dal 1991, ma accanto alla sua siglia «DN0032» qualcuno ha scritto a penna «spenna non buono». Da qui una serie di interrogativi: chi ha scritto l'appunto? Come mai lo sperma veniva considerato «non buono»? Perché si è continuato ad avvalersi del donatore? E chi avrebbe falsificato, questo almeno è quanto sostiene il Nas, alcuni documenti che accompagnavano le donazioni infette non segnalando la presenza di virus? Il magistrato inquirente potrebbe ordinare una perizia calligrafica per verificare se l'appunto è di uno degli arrestati. Ieri il magistrato ha nuovamente sentito la dottoressa Guidetti e il biologo Bertocci. Oggi sarà la volta del professor Mencaglia, direttore del Centro Florence e del donatore infetto. Il caso di Firenze ha convinto il ministro della Sanità Rosy Bindi della necessità di un'indagine scientifico-epidemiologica sulla donazione di spenna. Francesco rVìatteini

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