«Noi, miracolati nel Paese dei sogni»

«Noi/ miracolati nel Paese dei sogni» «Noi/ miracolati nel Paese dei sogni» Speranze e progetti degli immigrati che sono rimasti REPORTAGE L'ALTRA FACCIA BRINDISI DAL NOSTRO INVIATO I pullman che salgono sulla grande nave fanno giusto in tempo a rallentare. La San Marco se li inghiotte nel cielo nero. Ma prima che spariscano agli occhi delle telecamere, gli albanesi scatenano la loro rabbia. «Quelli di Cassano», dicevano i poliziotti. Sono tra i più duri della rivolta perduta inseguendo l'Italia. Lo sciopero della fame è finito. Alla caserma Carlotto hanno mangiato l'ultimo pasto nella terra dei sogni. E nel buio della sera li imbarcano sulla San Marco. Adesso, davanti alle telecamere, mostrano i pugni dai finestrini. «I poliziotti ci hanno picchiato», urla uno. «Bugiardi bugiardi», gridano ai giornalisti. Qualcuno dentro al pullman vuole dar fuoco a tutto, brucia qualcosa, è un parapiglia che si intravede appena. Sarà così anche in Albania, al loro arrivo. Quel clima da resa, quell'atmosfera un po' cruda ma melanconica del giorno del blitz, non c'è più. Gli albanesi espulsi urlano la loro rabbia. Quelli che restano tacciono il loro disagio, come Agim, che vede passare le imip»g'n' alla tivù. Come Ada, che non vuole parlare di questo: «Io soffro per loro», dice. Agim vede le fiamme che brillano dentro il pullman. «Questo non è giusto, questo è sbagliato», ripete. Vede le facce stravolte dall'ira. «Dovete capire. Per noi è un dramma, tornare a casa». Edmond Pristi, 43 anni, da Fier, dice: «Non siamo tutti uguali». Vero. Ci sono quelli che vanno, e ci sono quelli che restano. Edmond Pristi e la moglie Nina hanno avuto l'asilo politico. Era un ricco in Albania, proprietario terriero, 12 ettari che voleva sfruttare con un centro sportivo. Il 23 febbraio è scappato e s'è dato alla macchia, «vicino al mare». Il 23 febbraio Agim Restili, da Skutari, faceva il poliziotto e pensava che «i venti cattivi non avrebbero travolto l'Albania». Edmund è rimasto un mese nascosto vicino al mare di Va Iona: «C'erano banditi dappertutto e io ero un proprietario». D 24 marzo ha preso un peschereccio ed è venuto a Brindisi. «Sono entrato nel porto», dice. Resuli aveva attraversato l'Adriatico dieci giorni prima su un gommone. Era una notte di mare calmo. Dice Edmund: «Io niente gommoni, niente barche di malavita. Io ho aspettato un peschereccio e sono entrato qui in porto, come un cittadino onesto». Resuli aveva trovato riva a San Foca. C'era uno che gli faceva luce con la pila da un dosso della costa. Alle 10 di mercoledì mattina, Agim guardava fuori dalla vetrata del refettorio di Cassano Murge i carabinieri che si addensavano davanti al campeggio. Aveva paura. A quell'ora, a Brindisi hanno detto a Edmund che sarebbe rimasto in Italia. «Ho provato una gioia che non si può dire. Siamo stati così felici io e Nina. Ho pensato che avevo trovato la soluzione per salvarmi la vita. Ho due bambini che vanno a scuola, uno qui dietro alle elementari; l'altro all'asilo. Non ho ancora un lavoro. Ho fatto domanda. Adesso dormo da un mio paesano». Dice paesano come dicevano gli italiani del Sud da emigranti. Edmund era un campione di sollevamento peso. Aveva vinto il titolo nazionale dal 1975 al '78. Tirava su 165 chili. Ha una faccia larga, un po' napoletana, sorriso aperto. Guarda alla tivù gli albanesi che vanno. «Io ho visto i miei fatti. Qualcuno deve vedere i suoi. Mi capisci cosa voglio dire?». Si può capire, certo. Ieri alle 11 la San Marco è arrivata a Durazzo. Ieri alle 11 Roberto e Ada cercavano la casa per sposarsi. Ieri sera Ada guardava alla tivù i suoi amici albanesi che urlavano. Cercava Ilir Disha fra quelle facce, Asie, Domi, tanti altri. Lei ci pativa. Ma papà Nari, mamma Laila, e il fratello Gerì sono felici. Sono rimasti nel paese dei sogni grazie a lei. Perché presto sposerà Roberto che è un italiano. Roberto faceva il volontario al campo profughi di Tuturano quando ar- rivo la famiglia di Narj. Conobbe Ada, che è bella, bruna, alta. Se ne innamorò in fretta e venne a inseguirla quando lei si trasferì con mamma e papà e fratello alla caserma Caraffa di Brindisi. Quante volte ci è venuto in questo posto, ad aspettarla, a prenderla per accompagnarla a scuola. Ada studia all'istituto professionale. Adesso la Caraffa s'è svuotata. «Qui c'è solo la Scientifica», dice il piantone. Dormivano lì, nelle camerate, indica con la mano: primo e secondo piano, sopra una tettoia un po' sghemba. Davanti alla caserma c'è Kranar Javara, portavoce delle vittime della Kater I Rades, la bagnarola affondata nello scontro con la Sibilla. Ismete Demiri, sopravvissuta di quella tragedia, avrebbe cambiato versione al processo: «La nave albanese veniva avanti a zigzag, tanfo che noi eravamo anche spaventati. C'è stato l'impatto con la Sibilla. Il viaggio era stato organizzato da Zani. C'erano molti v~-nini armati a bordo». Kranar dice . ì Ismete non può aver detto quelle cose, che lui non ci crede. I tg manco ne parlano. Fanno vedere lo sbarco di Durazzo, gii insulti, le grida. Dentro, nella caserma c'è Liman Kurti, 33 anni, da Scutari. Uno di quelli che s'è salvato, uno di quelli che è rimasto. Gli hanno dato il permesso di soggiorno per via della moglie e dei figli malati. E' venuto a ritirar la sua roba, dalle camerate abbandonate. L'ha accompagnato il cugino Eduard con la sua Opel familiare targata Milano. Stanno dentro un'ora e escono con il bagagliaio della macchina che sembra scoppiare. C'è di tutto lì in mezzo. Anche l'immancabjle televisore. Adesso vedrà alla tivù le immagini dei suoi amici albanesi più sfortunati. Eeeeh, allarga le braccia. «Io capire, tu capire». La moglie come va. «Da una settimana ricoverata, questa malattia è piovuta dal cielo». Benedetta? «Non so che vuol dire benedetta. Mia moglie è malata da quando è in Italia. L'hanno operata due volte all'ernia del disco. Ma questa volta è stata un'infezione». Uno sguardo ai pacchi d'olio, di riso, ai maccheroni, al triciclo, alle bottiglie d'acqua. La Mirella, speriamo che si riprenda, dice. «Grazie a lei son rimasto». Pierangelo Sapegno Ada sposerà un italiano Così potranno rimanere anche i familiari

Persone citate: Carlotto, Edmond Pristi, Iona, Liman Kurti, Nari, Pierangelo Sapegno Ada, Resuli, Zani