Scontro in An, Fini commissaria il partito

Drammatico chiarimento con Tatarella, poi l'incarico di preparare Fiuggi-2 a Fisichella Drammatico chiarimento con Tatarella, poi l'incarico di preparare Fiuggi-2 a Fisichella Scontro in An, Fini commissario il partito làuri: divorzio da Berlusconi e più attenzione a Cossiga Il capogruppo: sbagliato abbandonare l'alleanza con gli azzurri ROMA. A Montecitorio raccontano che l'altro ieri sera Gianfranco Fini non avesse più nemmeno una goccia del suo proverbiale sangue freddo. Narrano che il presidente di An fosse quasi sul punto di dimettersi (o meglio di minacciare di farlo), estenuato dal braccio di ferro ingaggiato con la sua maggioranza (guidata da Pinuccio Tatarella) che gli rimprovera di aver aperto agli esponenti della «destra sociale» (Storace, Alemanno, Fiori e Rebecchini). E' stato l'altro ieri sera, del resto, che si è consumato il «chiarimento» (per usare un eufemismo) tra Fini e Tatarella. Il capogruppo di Alleanza nazionale alla Camera ha incontrato il leader per dirgli che la sconfitta elettorale non si sana sostituendo gli attuali dirigenti con esponenti della «destra sociale», o avviandosi a separare i propri destini da quelli di Berlusconi (come vorrebbero appunto Storace, Alemanno e Fiori). «L'alleanza va ripensata, rifondata - è stato il ragionamento di Tatarella - ma va mantenuto il suo valore strategico. Sarebbe sbagliato pensare solo ad An, lavorare per conto nostro, senza prenderci carico anche degli alleati». Dopo quel colloquio Fini ha congelato l'ipotesi di affidare a Fiori la guida di un triumvirato organizzativo. La controproposta dei «tatarelliani» (maturata l'altro ieri sera nel corso di una riunione in cui il capogruppo era assente, ma comunque ben rappresentato da alcuni fedelissimi) era quella di azzerare tutti gli organismi dirigenti fiduciari fino all'appuntamento di «Fiuggi-2». E pare che alla fine il presidente di An si stia indirizzando su questa strada: alla direzione di domani, il leader di Alleanza nazionale dovrebbe proporre la sospensione del coordinamento e dell'esecutivo e, nel contempo, dovrebbe affidare a Domenico Fisichella l'incarico di elaborare il documento politico per la conferenza programmatica di Verona. Una sorta di «commissariamento» del partito che però, a ben guardare, sembra soprattutto un modo per prendere tempo. D'altra parte, Fini non ha molti margini di manovra: quelli che si sono riuniti l'altro ieri sera (da Gasparri a La Russa, da Maceratini a Urso, da Bocchino a Landolfi) sono la «sua» maggioranza. «In quell'incontro - dice ridendo Domenico Gramazio - c'era tutto il parti- to, tranne sei o sette». Mettersi contro la cosiddetta «Area vasta» significherebbe mettersi automaticamente in minoranza. Solo una minaccia di dimissioni potrebbe consentire al presidente di An di riprendere in mano il gioco, ma a quale costo? E' in atto una vera e propria guerra di potere, dentro Alleanza nazionale. Una guerra che passa pure attraverso lo scontro sulla linea politica e strategica del partito. Il pomo della discordia è anche il Cavaliere. Secondo Alemanno «Be* lusconi è inaffidabile» e per questo motivo An deve avere «a disposizione una politica di ricambio», e non commettere l'errore di trascurare ancora, come è stato fatto finora, il rapporto con Cossiga, Segni, e persino Di Pietro. Su questo punto i «tatarelliani» non sono d'accordo: a loro avviso, lasciando andare Forza Italia per la sua strada e preparandosi a trovarne una propria, si rischia l'emarginazione («faremmo la fine di Le Pen», è la frase con cui Pinuccio Tatarella ha replicato a chi ventilava questa ipotesi nei giorni scorsi). E lo scontro è anche su ciò che deve rappresentare la «Fiuggi-2». Nessuno pensa di tornare indietro. Non lo vuole innanzitutto Fini. Anzi, c'è chi sospetta che queste sue concessioni alla «destra sociale» siano la premessa per portare a compimento la «svolta», senza suscitare troppe polemiche interne. Ma nemmeno la corrente di Storace, Fiori e Alemanno ha in mente di cancellare Fiuggi. Solo che a questa componente non convince l'impronta liberista di An. A Storace riesce «difficile immaginare che i voti persi nelle borgate siano stati dovuti all'assenza di liberismo». E Fiori lancia l'allarme sul «rischio di smarrire l'identità storica e culturale», mentre per Alemanno «la svolta li- berista di An si è rivelata puro fumo ideologico». In questo contesto Teodoro Buontempo gioca la sua partita da «indipendente»: in direzione, domani, chiederà a Fini di indire il congresso e di presentarsi dimissionario in quella sede. Chi vincerà la guerra? Domani nessuno, perché lo scontro vero è rinviato. Da una parte c'è «Area vasta», che ha i numeri. Dall'altra, la destra sociale, che ha dalla sua, tramite Rebecchini, un certo mondo imprenditoriale. In mezzo c'è Fini. Chissà se il presidente di An ha ancora in mente il «testamento» di Almirante: «Mai contro Tatarella». Maria Teresa Meli La decisione domani in direzione Fiori: c'è il rischio di smarrire l'identità storica del partito Buontempo chiede un congresso straordinario Il presidente di Alleanza nazionale Gianfranco Fini

Luoghi citati: Fiuggi, Roma, Verona