« La Baraldini sta cedendo » di Antonella Rampino

« « Lea Baraldini sta cedendo » Cossutta l'ha visitata in carcere DANBURY (CONNECTICUT) DAL NOSTRO INVIATO La Federai Correctional Institution di Danbury, a due ore di automobile da New York, dalla strada non si vede. Uomini e donne puliscono l'immenso prato verde in declivio: con un braccio agitano l'aspiratore che risucchia foglie morte, con l'altro stringono il Winchester. Dopo la curva, avvolto in una ragnatela di filo spinato, incombe il carcere di massima sicurezza, che nella sua facciata inalbera sobrie decorazioni natalizie. Dentro, in una grande sala bianca, la luce abbacinante, pervasiva, accesa giorno e notte: su un divanetto e con un bicchiere di caffè americano stretto tra le mani, Armando Cossutta e Silvia Baraldini. Lei vuol sapere come va la politica in Italia, che ne è dell'indulto, manda i suoi auguri a Sofri. Lui cerca di indagare con tatto, di sapere come sta quella grande donna «dai bellissimi occhi verdi che non piangono mai, anche se a un certo momento, sognando di fare un viaggio, quando e semmai sarà libera, si è allontanata per soffiarsi il naso». Il vecchio comunista è andato a trovare la detenuta italiana invecchiata nelle carceri di massima sicurezza americane, 43 anni per aver commesso non fatti di sangue ma un reato molto simile a quello che era il fiancheggiamento in Italia, negli anni del terrorismo. «Silvia non può tenere in cella, dove vive con un'altra detenuta portoricana, più di tre libri per volta, e nonostante questo si è laureata, ha scritto un saggio su Gramsci. Non ho potuto portarle nulla, nemmeno il mazzo di fiori che avevo preparato per lei E' una donna molto forte, ma che sente la propria forza venire meno. E' stata operata più volte di tumore, e nel carcere di Lexington, talmente disumano che poi è stato chiuso, è stata sottoposta a torture psicologiche. La depressione, per lei, è sempre in agguato»: Cossutta racconta, e sente che la commozione potrebbe scivolargli lungo il volto. E' la prima volta che va a trovare Silvia Baraldini, e le condizioni in cui è tenuta a lui sembra facciano impallidire anche il ri¬ cordo del carcere di San Vittore, nel quale Cossutta è stato tenuto dai nazisti. Con Cossutta c'è anche Lucio Manisco, l'europarlamentare di Rifondazione che preme sul Parlamento del Vecchio Continente affinché il governo americano accetti di applicare la Convenzione di Strasburgo, secondo la quale un detenuto, dopo dieci anni di pena, e Baraldini ne ha già trascorsi quindici, ha il diritto di essere trasferito in un carcere del suo Paese di origine. La visita di Cossutta ha un segno fortemente politico. «Prima di partire - racconta - sono stato a Palazzo Chigi. Il presidente del Consiglio mi ha ricevuto, con Flick e Veltroni presenti, e non Dini perché in viaggio in Cina, con lui ho parlato al telefono. Abbiamo spiegato al governo la situazione. Prodi ascoltava, poi ci ha detto di aver già parlato del caso con Clinton, che il presidente degli Stati Uniti aveva detto che avrebbe fatto qualcosa, ma poi non si è visto nulla». In corso, infatti c'è il quinto appello del processo, i primi quattro, presentati dal governo italiano sono già stati respimi. «E Clinton potrebbe dare a Silvia la grazia, come fece Reagan, su richiesta di Indirà Gandhi, per un terrorista che aveva messo una bomba su un aereo della Canadian Pacific», dice Manisco. «Comunque, Prodi mi ha assicurato che scriverà una lettera formale a Clinton, facendogli presente che se la Convenzione di Strasburgo non venisse applicata, questo potrebbe nuocere alla politica estera italiana, e anche gettare un'ombra nei rapporti con gli Stati Uniti» dice Cossutta, che una volta in Italia tornerà da Prodi per il caso Baraldini. «Il mio è un impegno: Baraldini deve tornare in Italia» dice il vecchio comunista. E stavolta non riesce proprio a trattenere le lacrime. Antonella Rampino Il presidente di Rifondazione comunista Armando Cossutta