La ribellione dei Presidenti «Ma che modi sono questi?»

La ribellione dei Presidenti «Ma che modi sono questi?» La ribellione dei Presidenti «Ma che modi sono questi?» RETROSCENA VIOLANTE E MANCANO ROMA ON era di buonumore, ieri, Nicola Mancino. Non lo era affatto. Il presidente del Senato non ha gradito il modo in cui è stata gestita la vicenda delle nomine. Gli articoli dei giornali in cui si raccontava con dovizia di particolari e virgolettati, che D'Alema e Prodi avevano destinato Francesco Paolo Casavola all'Antitrust lo ha infastidito. Ma ieri, per lo stesso identico motivo, non era di buonumore nemmeno il padrone di casa di un altro dei palazzi della politica: Luciano Violante. Si badi bene, i due presidenti di Camera e Senato non avevano nessuna ragione di risentimento verso la stampa. Piuttosto verso chi, dopo aver deciso una nomina che formalmente spetterebbe a loro decidere, ne aveva dato notizia, seppure in modo informale, ai giornalisti. Sia Violante che Mancino sono personaggi che amano svolgere il ruolo istituzionale che ricoprono in autonomia. «La nomina del successore di Amato - si è sfogato ieri con i suoi il presidente del Senato spetta a me e a Violante. Ma che modi sono questi? Io non ci sto a fare la figura dell'esecutore di decisioni prese altrove». E anche Violante ha avuto da ridire: è una questione di «rispetto delle istituzioni e dei ruoli», ha detto ai suoi collaboratori. Nemmeno al Quirinale, per ragioni pressocché identiche (pure in quelle stanze si è parlato di «senso delle istituzione), la cosa è andata giù. In più c'è da dire che Scalfaro aveva già ragionato con Casavola dell'ipotesi che a lui venisse affidata la guida dell'Authority per le telecomunicazioni. Ma che cosa faranno adesso Nicola Mancino e Luciano Violante? Innanzitutto prenderanno un po' di tempo prima di procedere alla nomina del garante dell'Antitrust. Il presidente del Senato oggi sarà in Romania, a visitare i bambini affetti di Aids ricoverati in ospedale. Passerà qualche giorno, insomma, perché sia Mancino che Violante non intendono passare come quelli che eseguono ordini altrui. Ma poi, se Casavola scioglierà le riserve (attualmente l'ex presidente della Corte Costituzionale non è dell'umore per farlo) non potranno avere molti margini di manovra, anche se è chiaro che entrambi preferirebbero a questo punto dare un'altra indicazione. Magari quel Giuseppe Tesauro, avvocato generale alla Corte di giustizia europea del Lussemburgo. I loro dubbi non riguardano la persona di Casavola, che stimano, ma il modo in cui è stata gestita questa vicenda e se riuscissero a prendere più tempo per la nomina, ad arrivare sino alla fine di dicembre, gli spazi di manovra a disposizione potrebbero ampliarsi. ' Tutti questi sfoghi, naturalmente, hanno oltrepassato le mura di quei palazzi dove sono stati fatti. Tant'è vero che ieri, da ambienti della presidenza del Consiglio, si faceva sapere che le indiscrezioni giunte agli organi di stampa non erano di certo partite di lì. E allora, come è andata? E' stato tutto un problema di tempi che non hanno coinciso. Il Consiglio dei ministri in cui Prodi proporrà la nomina del presidente dell'Authority è domani. Ma D'Alema ieri partiva per il Messico, quindi l'incontro con il presidente del Consiglio andava fatto per forza martedì. Quel giorno, prima di andare a Palazzo Chigi, il segretario del pds ha avvisato solo Franco Marini delle sue decisioni. Nessuna telefonata agli altri segretari della maggioranza, e, tanto meno a Fausto Bertinotti, che è uno dei più arrabbiati. Il ministro Maccanico è venuto a sapere delle decisioni prese, quasi per caso, perché Prodi lo ha informato durante un colloquio di cinque minuti, nell'intervallo di una riunione sulla Finanziaria. Nell'incontro con il presidente del Consiglio D'Alema ha ottenuto ciò che voleva. In politica, però, niente è certo, e abbandonare la capitale per qualche giorno, prima che le decisioni vengano formalizzate è sempre un rischio, certo che se poi quelle decisioni escono sui giornali come se fossero cosa fatta, i pericoli si attenuano... E ora tocca a Prodi gestire questi due giorni di bufera che precedono il Consiglio dei ministri. Verdi, Rifondazione e sociaUsti sono neri. «Nemmeno ai tempi del .pentapartito succedevano queste cose», commentava ieri un inquieto Enrico Boselli. Ma intanto D'Alema può dirsi soddisfatto. Il suo candidato originario, Fichera, era stato bloccato dal Polo, perché «di parte»; l'ipotesi di Demattè aveva trovato un'accoglienza ancora peggiore perché si trattava del presidente Rai defenestrato dal centrodestra ai tempi del governo Berlusconi; ma con Cheli l'ha spuntata: anche il Polo su quel nome non ha avuto niente da obiettare. Maria Teresa Meli A loro spetta la scelta per l'Antitrust Potrebbero rinviarla Nella foto a sinistra il presidente della Camera Luciano Violante Qui accanto il presidente del Senato Nicola Mancino

Luoghi citati: Lussemburgo, Messico, Roma, Romania