Interno di Gianni Vattimo

Interno DALLA PRIMA MOINA DIRITTO ALLO STUDIO provincia, o semplicemente non trovano posto nel cinema adibito a sede del corso? Come ha detto molto chiaramente e coraggiosamente uno dei pochi accademici che non hanno evitato il problema, Marco Santambrogio (in un libro, «Chi ha paura del numero chiuso?», pubblicato alcuni mesi fa), le strutture universitarie attuali realizzano di fatto il peggiore e più iniquo dei numeri chiusi, perché mettono in condizione di finire decentemente gli studi solo gli studenti che hanno un solido retroterra economico: quelli che possono seguire i porsi, che possono pagarsi le lezioni di lingue, i viaggi di studio, e una quantità di altri «supporti» senza i quali gli studi si prolungano in anni e anni di «fuori corso», che costano agli studenti e alle famiglie e spesso non portano alla laurea. Chi non vuole sentire parlare di numero chiuso rivendica il diritto costituzionale di tutti a fruire di una educazione universitaria. Se mancano le strutture, lo Stato investa più risorse nel provvedervi. Ragionamento ineccepibile, anche se i «tutti» che hanno diritto all'università dovrebbero essere comunque i «capaci e meritevoh», o per lo meno coloro che riescono a finire i loro esami entro i terrnini previsti e non piantano le tende all'università fino all'età della pensione. Ma, appunto, anche per far sì che tutti possano finire gli studi in tempi decenti occorrono strutture adeguate; e sono proprio queste che oggi impediscono di fatto a una grande parte degli studenti di fruire davvero dell'università. Se si riconosce politicamente che non ci sono fondi sufficienti per garantire a tutti un vero diritto allo studio (siamo disposti a sopportare altri aumenti di tasse? 0 a spostare consistenti risorse da altri capitoli del bilancio, e quali, sull'università?), allora bisognerà prender atto realisticamente della situazione, che diventa sempre più grave ora che i nostri laureati si troveranno a competere con i loro colleghi della Comunità europea. Diritto allo studio non significa ammetterei i a una università dove poi non potranno studiare davvero; meglio stringere le maghe dell'ammissione e fornire una didattica degna di questo nome. Certo, e deve essere chia ro: non solo selezione iniziale per merito; ma anche borse di studio, prestiti d'onore, collegi ( residenze universitarie che ga rantiscano la possibilità, a tutti gli ammessi, di frequentare i corsi e preparare seriamente gli esami, e addirittura di scegliere una università diversa da quella «sotto casa», perché più conforme ai propri interessi e a quella che si pensa sia la propria vocazione. Ci si dice che abbiamo in Italia un numero di laureati inferiore alla media degli altri Paesi europei del nostro livello. Ciò vuol dire che si tratterà non solo di limitare gli accessi, ma anche di ampliare le strutture disponibili - dalle biblioteche ai laboratori, alle aule e agli spazi fisici delle università. Un grande sforzo in tutte queste direzioni (non solo dunque nella limitazione degli accessi) riuscirebbe forse a risvegliare lo spirito di collaborazione anche di molti accademici che oggi si adattano all'esistente e si accontentano del minimo, con uno stato d'animo nel quale l'attaccamento ai propri privilegi può troppo facilmente mascherarsi da (giustificato) pessimismo della ragione. Gianni Vattimo

Persone citate: Marco Santambrogio

Luoghi citati: Italia