Il premier sopporteremo i fulmini del Colle

RETROSCENA RETROSCENA DELL'ULIVO ed ©x de //premier: sopporteremo i fulmini del Colle AROMA LIA fine, in quell'ora e mezzo passata insieme a Palazzo Chigi con Massimo D'Alema, cioè con il segretario del primo partito della coalizione, anche Romano Prodi non ha nascosto la sua preoccupazione per le ricadute negative che lo scontro sulle nomine potrebbe avere suU'immagine dell'Ulivo. «Certo non possiamo dare l'idea ha spiegato - che litighiamo su un tema così delicato». Una frase del genere l'aveva detta al mattino anche Walter Veltroni nella riunione del comitato politico del pds. «Non dobbiamo dare l'impressione - aveva spiegato il vicepremier al vertice del Bottegone - che le nomine siano oggetto di scontro tra i partiti di coalizione. C'è un valore di ricambio e di novità generazionale, ma c'è anche un valore di autonomia degli istituti. Noi non possiamo far sorgere il sospetto che ci siano dei manager di partito». Ma, pur condividendo quei timori, ieri il segretario del pds ha spiegato a Prodi che è inutile nascondersi una verità: «I nomi sono sempre legati a un progetto». Risultato: D'Alema è riuscito ad avere un laico, un intellettuale di orientamento socialista, assimilabile alla Cosa 2, Enzo Cheli, all'Authority delle Telecomunicazioni, mentre quello che fino all'altro ieri era il favorito per quella corsa, grazie alla sponsorizzazione del Quirinale, cioè il cattolico Francesco Paolo Casavola, succederà a Giuliano Amato alla presidenza dell'Anti-trust. Sempreché Casavola non si impunti e rifiuti quel posto. Fino a ieri sera, infatti, l'uomo di Scalfaro non aveva dato il suo «sì» e a Palazzo Chigi facevano gli scongiuri nella speranza che quel silenzio non preludesse ai fulmini del Quirinale: «Altrimenti - sospirava Prodi con i suoi collaboratori - sopporteremo anche quelli». Ebbene, probabilmente adesso qualcuno dirà - con qualche ragione - che quell'incontro di ieri, quell'intesa sui nomi uscita da un vertice dei due leader della coalizione dell'Ulivo sembra un déjà-vu del passato, ricorda i vertici sulle nomine tra quelli che erano i leader più importanti del pentapartito. O, ancora, che le nuove categorie della lottizzazione sono quelle dei «cattolici» e dei «laici». Altri, invece, risponderanno che si tratta di persone degnissime - cosa peraltro vera - e al di sopra delle parti visto che sia Cheli sia Casavola hanno un passato di giudici costituzionali. Ma a parte rimmagine, il punto vero è un altro: il segretario del pds ha voluto impedire che in un settore importante, strategico come le telecomunicazioni si formasse un asse postdemocristiano tra l'amrninistratore delegato di Telecom Tomaso Tommasi, appunto Casavola se fosse andato all'Authority e, magari, il direttore generale della Rai Franco Iseppi. Eh sì, perché U segretario del pds comincia a guardare con sospetto questo ritorno alla grande di ex democristiani, consapevole che spesso i progetti politici - per fare un nome la nostalgia del centrismo - per avere successo debbono avere alle spalle dei potentati economici. Fatti i conti, quindi, il segretario del pds non ha esitato ad ingaggiare il braccio di ferro anche su una materia così scabrosa come le nomine, né si è tirato indietro di fronte alle critiche di metodo che gli sono piovute addosso anche nel partito. Ieri anche il capogruppo dei deputati, Fabio Mussi, ha posto la questione delle nomine nel comitato politico. «Rischiamo - ha spiegato di dare l'immagine della lottizzazione. Non possiamo passare come il partito del mercimonio. Per questo è importante trovare delle procedure trasparenti anche per le nomine». Discorsi che hanno convinto fino ad un certo punto il segretario del pds. «Non è vero - ha D'Alema teme la strategia dei grand commis legati un tempo allo scudocrociato Prodi: non litighiamo su temi così delicati A sinistra: Francesco Paolo Casavola attuale Garante per l'editoria Sopra: Enzo Cheli, che è stato giudice costituzionale dall'87 al '96 spiegato in comitato politico che ci sono state delle pratiche lottizzatorie. Dobbiamo metterci in testa che quando si fanno dei nomi sono legati ad un progetto. Certo, dobbiamo evitare guerriglie, ma la verità è che non c'è stato uno scontro tra partiti. Semmai esistono delle resistenze conservatrici che vengono dagli apparati. Sulle dimissioni di Rossi, ad esempio, non ho perso io, ma l'idea della pubblio company. Lì si è creata una strana alleanza tra alcuni privati, Mediobanca, e quel che è rimasto in Telecom della burocrazia democristiana del passato. Il vero scontro politico è stato tra il passato e l'innovazione e noi non dobiammo dimenticarci che tra i nostri obiettivi c'è anche la modernizzazione del capitalismo italiano... Altro discorso, la Rai: io, sia chiaro, non ho il problema di Iseppi, semmai i problemi li pone il piano che lui propone». Insomma, D'Alema si è gettato nella bagarre delle nomine convinto che bisogna badare non solo all'immagine, ma anche al sodo. Specie ora che «la crisi del Polo riapre i giochi politici del centro». Al segretario del pds, infatti, non è sfuggito il fatto che alcuni grand commis ex de partecipano attivamente al progetto di Cossiga (Pellegrino Capaldo), né il tifo dietro le quinte di Berlusconi per la candidatura di Casavola all'Authority. E per scongiurare il pericolo che la vecchia rete di potere democristiana si rinsaldi con i partiti figli della de per dare vita ad un nuovo centro, D'Alema è disposto a sporcarsi l'immagine partecipando ai litigi sulle poltrone. Del resto la politica non è fatta solo di disquisizioni sul sesso degli angeli. Ieri, ad esempio, Veltroni - e in parte Napolitano - 10 hanno tirato per i capelli in una disputa terminologica. Il segretario del pds ha spiegato che 11 governo deve «aprire ima fase riformatrice». Il vicepremier se l'è presa e ha replicato che è più corretto dire: «Il governo deve proseguire nell'azione riformatrice». Alla fine è stato lo stesso D'Alema a tagliare corto: «Diciamo come vuoi tu... ma non possiamo fare le riunioni ripetendo gli elenchi delle cose da fare, quelle cose bisogna anche farle».

Luoghi citati: Authority