Prodi: il rimpatrio è d'obbligo

Prodi; il rimpatrio è d'obbligo Soltanto 17 clandestini su 5000 imbarcati nel primo giorno di applicazione della direttiva Prodi; il rimpatrio è d'obbligo Ma l'ultimatum agli albanesi resta lettera morta ROMA. Sono trascorse già 36 ore dalla scadenza dell'ultimatum del governo, ma appena 17 albanesi si sono imbarcati su un traghetto in partenza da Ancona. Il resto si è lanciato in proteste, scioperi della fame, «occupazioni» dei centri di accoglienza, fughe nella notte, perfino minacce di suicidio. Le forze di polizia, per il momento, assistono silenziose. Il governo si trova in imbarazzo. Ma Romano Prodi, nel sottolineare la collaborazione del governo di Tirana, annuncia che le procedure di rimpatrio non si insabbieranno: «Dobbiamo assicurare che tutto quello che è stabilito nel decreto sarà rispettato perché è una decisione del governo italiano». E' quasi una questione di orgoglio nazionale. E c'è un'attesa gravida di tensioni. Già si annunciano riunioni operative nelle prefetture più esposte. Il fatto è che il governo Prodi, che già una volta (il 2 settembre) ha riconosciuto che la situazione albanese non era tranquilla e ha deciso una proroga di tre mesi ai rimpatri, intende chiudere questa partita. In fondo, si gioca la faccia di fronte ai partner europei. Nel marzo scorso, quando arrivarono oltre 16 mila profughi, e 6 mila furono restituiti immediatamente all'Albania, il governo disse che si trattava di visti provvisori. Gli altri 10 mila ottennero un nullaosta per sei mesi che permetteva il sog- giorno in Italia, ma non era valido per lavorare. «Li condannarono all'assistenzialismo oppure al lavoro nero», dice oggi Dino Frisullo, portavoce dell'associazione Rete Antirazzista. Quei 10 mila (in realtà molti meno, perché tantissimi si sono dileguati) sono ora candidati al rimpatrio coatto. A programmare le partenze, stabilisce sempre la direttiva, saranno i prefetti di Ancona, Bari, Bologna, Brindisi, Roma e Trieste. E chi si rifiuta? Decreto di espulsione. A sorpresa, però, si scopre che la direttiva Prodi - che promette soldi e un visto stagionale a chi rientra in patria senza fare storie - lascia aperte alcune scappatoie ai profughi. La possibilità, cioè, di restare in Italia per gli albanesi «che siano nelle condizioni di poter ottenere un permesso di soggiorno», oppure quelli che dimostrino di essere sbarcati in Italia per «il ricongiungimento familiare», chi sia sotto cure mediche, chi chieda l'asilo politico e infine quelli «in grado di dimostrare la possibilità di un'occupazione lavorativa garantita da espressa richiesta di un datore di lavoro». Commenta ancora Frisullo: «I più disperati, quelli che sono rimasti chiusi nei centri di accoglienza, ora sono condannati a rientrare. I furbi, quelli che si sono arrangiati con il lavoro nero, saranno beneficiati». Anche i Verdi, per voce di Luigi Manconi, sono moderatamente contenti di avere ottenuto queste concessioni, ma non soddisfatti: «E' comunque una sconfitta morale e politica. Non si può ignorare che un Paese come l'Italia non è stato in grado di offrire uan risposta diversa a meno di 5 mila persone». E si fa sentire la Conferenza episcopale italiana. «La situazione degli albanesi da rimpatriare andrebbe valutata caso per caso - sostengono i vescovi - anche se è comprensibile la ri¬ gidità del governo per una certa coerenza con le scelte legislative fatte nei mesi scorsi». Padre Bruno Mioli, direttore della fondazione Migrantes, auspica una «certa larghezza» e un occhio di riguardo per i minori che si siano iscritti nelle nostre scuole. Ma le forze di polizia, che dovrebbero materialmente impacchettare gli albanesi e riportarli a casa loro, si mostrano molto preoccupate. Parla Oronzo Cosi, segretario del sindacato Siulp, vicino ai confederali: «Occorre evitare agli operatori di polizia le penose situazioni che si stanno verificando oggi con i tentativi di rimpatrio degli albanesi. Scene e situazioni che, con l'entrata in vigore delle nuove norme, saranno fronte quotidiano per gli operatori di polizia». La preoccupazione di Oronzo Cosi non riguarda tanto la situazione attuale, quanto il futuro. Le operazioni di rimpatrio massiccio e coatto degli albanesi, infatti, barricati nei centri di accoglienza con donne e bambini, soiiO le prove generali della legge che verrà sulle cosiddette «espulsioni facili». Il sindacalista della polizia ha scritto anche una lettera aperta ai senatori: «I centri di accoglienza temporanea appaiono deplorevoli imitazioni di un campo di concentramento da dove gli stranieri cercheranno in ogni momento di fuggire. Per sorvegliare un centro con 100 stranieri, considerando i turni, ci vorranno 250 agenti». Francesco Grignetti Continua la rivolta della maggioranza dei profughi: meglio morire che andarsene Ma l'ordinanza del governo offre alcune scappatoie LA DIRETTIVA PRODI NON E' COSTRETTO AL RIMPATRIO • Chi ha un datore di lavoro-garante • Chi è sotto trattamento medico • Chi ha diritto al ricongiungimento familiare • Chi ha chiesto asilo politico e non ha ancora avuto risposta E' OBBLIGATO AL RIMPATRIO • Chi non ha il nulla-osta provvisorio • Chi è irreperibile presso i centri di accoglienza o altre strutture. BOLOGNA Nel campo di . Monteveglio è stato ' organizzato lo sciopero della fame. 'mmsmmmmmmmm PISA : Secco «no» ai rimpatri nel ; campeggio della polizia a Tirrenia: i capifamiglia dei 176 albanesi ospitati si rifiutano di mangiare. ANCONA Piccoli gruppi di profughi sono sparsi sul territorio, tra cui una sessantina, alloggiata presso parenti. Per la prefettura, «rimarranno quelli che hanno problemi di salute e le donne incinte». BARI Nel centro di accoglien§||§Ì za «Orsa Maggiore», alla periferia eli Cassano delle Murge, sono rimasti solo 94 dei 146 profughi. Gli altri sono fuggiti. Chi resta prosegue o sciopero della fame BRINDISI Gli albanesi hanno dichiarato di opporsi al rimpatrio e hanno annunciato una forma di resistenza passiva. Otto hanno chiesto MACERATA I circa 50 profughi ospitati presso un albergo di Samano hanno lanciato un appello a Prodi: «Lasciateci 10-15 giorni per trovare un lavoro e avere così la possibilità di rimanere in Italia». LA GEOGRAFIA DELLA DISPERAZIONE TERAMO I 74 profughi ospitati nell'ex caserma degli alpini si sono barricati nell'edificio e non lasciano entrare nessuno. FOGGIA Nel centro di accoglienza di Borqo Mezzanone è stato bloccato il camioncino della Croce Rossa che portava generi alimentari per un paio d'ore, poi è partito lo sciopero della fame. ! LAMEZIA TERME 11 profughi hanno an» nunciato lo sciopero | della fame. mmmmmmatmsszmm