Hannover il duello dei nemici di Kohl

L'«uomo del partito» vuole battere il «manager» per dare poi la scalata alla Cancelleria L'«uomo del partito» vuole battere il «manager» per dare poi la scalata alla Cancelleria Hannover, il duello dei nemici di Kohl Lafontaine contro Schroeder al congresso della Spd HANNOVER DAL NOSTRO INVIATO Non sarà la resa dei conti, ma servirà a prepararla. Non finirà con vittorie clamorose e inattese come avvenne due anni fa a Mannheim, quando il segretario socialdemocratico in carica, Rudolf Scharping, fu rovesciato da un golpe che portò in vetta al partito Oskar Lafontaine, l'impetuoso presidente della regione Saarland che troppi nell'Spd avevano sottovalutato, dopo l'umiliante sconfitta alle elezioni nazionali del 1990. Di certo, il congresso socialdemocratico che si apre stamane ad Hannover con un attesissimo discorso di Lafontaine, servirà a formalizzare il rapporto di forza all'interno di un partito proiettato - secondo tutti i sondaggi - verso la vittoria nelle elezioni dell'anno prossimo, ma ancora indecifrabile o «aperto» su troppi quesiti decisivi, per chi aspira alla guida del Paese. L'affascinante paradosso del congresso è per l'appunto l'alleanza obbligata di due irriducibili avversari: Oskar Lafontaine, che dell'Spd incarna l'anima «sociale» e populista e che il partito vorrebbe candidare alla cancelleria; e Gerhard Schroeder, presidente del Land Bassa Sassonia e «socialista-manager», che la grande maggioranza degli elettori della sinistra vorrebbe contrapporre a Kohl, alle elezioni generali del '98. Dal congresso di Hannover - la città di Schroeder non uscirà tuttavia un'investitura perché quest'ultimo dovrà affrontare, il primo marzo prossimo, la rielezione in Bassa Sassonia alla quale ha vincolato il proprio desti no «nazionale» (vi rinuncerà, ha garantito, «se il risultato sarà di due punti inferiore a quello del '94», quando l'Spd ottenne ad Hannover il 44,3 per cento dei voti). Ma al congresso, Schroeder giocherà «in casa» soltanto in apparenza: il partito è saldamente nelle mani di Lafontaine, che in due anni ha saputo ricucire intorno a sé un «popolo di funzionari» particolarmente ricco di potere e di influenza. Non soltanto Lafontaine parlerà per primo, ma costringerà il rivale al silenzio fino al giorno di chiusura: Schroeder avrà la parola soltanto giovedì, per illustrare un programma economico peraltro già ampiamente rivisto dalla burocrazia interna. Lafontaine non potrà però far valere fino in fondo la sua forza: dovrà vincere ai punti, perché una sconfitta troppo netta del rivale finirebbe per indebolire il partito. In Bassa Sassonia, dove una sconfitta socialdemocratica alle elezioni regionali di marzo interromperebbe una tendenza favorevole, a pochi mesi dal voto nazionale; e su scala nazionale, dove l'opposizione dichiarata di Schroeder creerebbe intoppi politici, e impacci elettorali, allo stesso Lafontaine. Il «presidente manager», del resto, ha bisogno del partito e del suo apparato per ot¬ tenere la candidatura alle elezioni generali del '98. Al congresso, dunque, il profilo di Schroeder non potrà essere troppo apertamente in contrasto con l'uomo che guida il partito e ne rappresenta l'apparato. Fra i due rivali sembra scontata una pace armata: una pace difficile e instabile eppure indispensabile ad entrambi, in attesa del decisivo voto di marzo in Bassa Sassonia. Un secondo paradosso investe Schroeder e la sua battaglia preelettorale: conquistare il partito significa infatti, per Schroeder, indebolire la propria immagine di «modernizzatore» e di leader «alternativo» in conflitto con la linea tradizionale e massimalista dell'Spd. Guadagnare influenza e potere all'interno del partito vuol dire dunque indebolire la strategia che ha consentito al presidente della Bassa Sassonia di guadagnare tanti favori fra gli elettori di sinistra, come i sondaggi testimoniano. C'è un'ultima incertezza, nella posizione di Gerhard Schroeder, che rende ancor più complesso il gioco del congresso e le prospettive elettorali: l'«uomo di Hannover» ha annunciato che non accetterà mai di «fare il ministro a Bonn», in un governo guidato da Oskar Lafontaine. «A Bonn ci andrò da cancelliere o non ci andrò per niente», ha detto pochi giorni fa sollevando perplessità e critiche aspre, all'interno del partito. Anche Lafontaine vuole diventare cancelliere, non foss'altro che per togliersi di dosso «l'onta della Waterloo di quattro annni fa», come si dice nei corridoi dell'Spd. Ma a differenza del rivale, Lafon taine non vive per diventare il successore di Helmut Kohl: potrebbe accettare anche di «fare il ministro per il cancelliere Schroeder». E chi ha alternative, sa valutare meglio i rischi del confronto. Emanuele Novazio L'ultimo capitolo della battaglia è già fissato per il marzo prossimo con il voto in Bassa Sassonia che deve indicare se i socialdemocratici sono in ascesa Gerhard Schroeder e, a destra, Oskar Lafontaine

Luoghi citati: Bassa Sassonia, Bonn, Hannover, Mannheim