Milano Prodi contestato

LA PROTESTA Milano, Prodi contestato Leghisti scatenati in Comune LA PROTESTA MILANO DALLA REDAZIONE Palazzo Marino, aula del Consiglio, ore 17,50. Romano Prodi sta più o meno dicendo: «Sono qui perché insieme dobbiamo ridare a Milano quel che Milano ha perso, la dignità», quando tre consiglieri leghisti sbucano sghignazzando da una porta riservata, uno travestito da mucca padana, l'altro da Prodi, il terzo da celerino a mimare un colpo di teatro che pensavano comico. La scorta di Prodi (ai lati del bancone di presidenza) neanche si muove. I commessi sbuffano verso i tre e i tre si dileguano. Ricompaiono - travestiti da se stessi - e tornano ai banchi contenti della prodezza, uno fregandosi le mani, l'altro accendendosi una sigaretta e il terzo, un ragazzo biondo, grattandosi la patta. Prodi - primo presidente del Consiglio a visitare Palazzo Marino, dopo tutti i terremoti impolitici e giudiziari - si guarda attorno, sospira, si bilancia, riprende: «Stiamo entrando in Europa, il risanamento è avviato. Ora inizia la seconda fase, quella delle riforme, della gestione nuova dello Stato, del decentramento. Noi ora daremo nuove regole, e Milano è chiamata alle sue responsabilità perché è area ricca, produttiva, vitale, indispensabile al Paese... Noi chiediamo orgoglio...». Così a metà di questa giornata veloce e confusa, anche disarmante. Davanti a Palazzo Marino c'è una specie di babele in corso: 400 persone dietro alle transenne con trombe, bandiere e pennacchi. Tribù che stanno insieme chissà come: una pattuglia di leghisti che grida contro. Roma ladrona Giovani di Alleanza nazionale che gridano contro Prodi. Ragazzi di Forza Italia che gridano contro il fisco. Custodi dei musei civici che gridano contro il sindaco. Produttori di latte che gridano contro l'Europa Medici senza contratto che gridano contro tutti. E una mucca pezzata che rumina in santa pace. La prima tappa della giorna ta milanese di Prodi è in una piccola associazione, l'Arche, che assiste bambini figli di ge nitori sieropositivi. Ci arriva con Rosy Bindi, dice: «Oggi, nella giornata mondiale dell'Aids, siamo venuti qui, in un posto significativo, dove c'è un volontariato splendido». Prosegue con Palazzo Marino, si conclude nella sede dell'Authority per l'Energia e in una cena all'Hotel Gallia con prolusione su «Telematica e società futura». Di politica in generale e di voto amministrativo in particolare, Prodi ne parla solo in mattinata, quando ancora sta a Bologna. Si dice «soddisfatto» dell'esito, ma anche «preoccupato per la scarsa affluenza alle urne e per la crisi assai profonda che ha investito il Polo». In questo, il presidente, ricalca le preoccupazioni del rieletto sindaco di Venezia Massimo Cacciari: «Il Polo è in una sitiuazione estremamente critica. Il bipolarismo si basa sull'alternanza, ma in questo momento siamo in una situazione monopolare. Mi auguro che il Polo si riorganizzi in fretta». A proposito della Lega - che mantiene il suo radicamento al Nord - la battuta è appena appena più fulminante: «Se lo vediamo bene il loro radi- camento è molto minore del passato e arretra sempre di più verso il Nord... Alla fine finirà in Svizzera». Dunque rieccoci a Palazzo Marino. Prodi parla per una ventina di minuti. Cita il progetto Malpensa, il rilancio delle università milanesi, le regole per l'immigrazione, «in un disegno di fusione delle differenti popolazioni, senza che si creino ghetti. Un crogiuolo, come del resto è sempre stata Mi¬ lano». Dice: «E' importante tornare a riflettere sul ruolo trainante di questa città e oggi lo possiamo fare perché sappiamo che l'Italia entrerà in Europa». E mentre Prodi parla - prima e dopo - accadono varie cose. Irruzione a parte, ci sono un paio di anziane consigliere di Forza Italia che si fanno fotografare con Pinocchio in braccio: «Vogliamo consegnarlo al presidente» (e non ci riusciranno). C'è un consigliere leghista che gira spazientito dicendo: «Gu d'andà a laura, sbrighiamoci». E infine c'è una consigliera ulivista che dice: «Vorrei prendere la parola per due ragioni. La prima per scusarmi con il presidente di queste sceneggiate. La seconda perché non ha ancora parlato una donna...». E il Prosperini (di An) a squarciagola: «Nessuna donna. Giustamente!». Fine della visita. Un istante della contestazione dei consiglieri leghisti al premier Il premier: Bossi arretra sempre più verso il Nord... Finirà in Svizzera