A Genova Pericu soffre ma la spunta di Renato Rizzo
Castellaneta: ho voluto correre da solo Il candidato dell'Ulivo chiude poco sopra il 51 per cento anche grazie a Rifondazione A Genova Perici! soffre ma la spunta «L'importante è credere nella ripresa della città» GENOVA DAL NOSTRO INVIATO E' Giuseppe Pericu, 60 anni, avvocato, candidato dell'Ulivo e di Rifondazione, il nuovo sindaco di Genova: una vittoria annunciata dai primi sondaggi e dalle prime proiezioni che si sono rincorse nella notte dando, via via, per il «professore» percentuali da brivido (50,7 per cento) e più rassicuranti (54 per cento). Alle sue spalle, con un distacco oscillante tra i 2 e i 3 punti, il sorprendente avversario, Sergio Castellaneta, solitario tribuno di una lista civica che, nel ballottaggio, ha potuto contare anche su molti voti del Polo. Ma, su tutti e due, incombe un dato che fa emergerei severo malessere di una città in crisi d'identità: oltre 40 persone su 100 hanno disertato le urne. Chi sono queste persone che costituiscono il più forte partito di Genova? Si tratta, in gran parte, degli scontenti del centro-destra che, dopo la sconfitta del loro candidato, non hanno voluto appoggiare Castellaneta; ma sono anche uomini e donne della sinistra, una parte di «sansisti» irriducibili che non si sono rassegnati alla defenestrazione del loro leader e, piuttosto di votare Pericu, hanno preferito disertare il seggio. Di più: nella città dei paradossi politici, secondo un sondaggio d'incerta paternità, il 50 per cento dei supporter dell'ex pretore d'assalto avrebbe votato addirittura per Castellaneta, portando allo Zenit il pròprio dispetto di transfughi. Sono considerazioni che sembrano non turbare il neo sindaco: «E' normale - minimizza - che al secondo turno si verifichi un calo di votanti. Recupererò il loro consenso con un'amministrazione concreta». Chi, invece, non ha nessuna intenzione di minimizzare, è l'antagonista sconfitto: Prima si dichiara «anche se, certo, ho gareggiato per vincere, sono soddisfatto del risultato che premia una piccola forza andata a scontrarsi contro un'armata». Poi rispolvera tutta la rabbia che ha gettato in questa campagna elettorale e attacca il vincitore:. «Il Pds, Rifondazione e Ulivo hanno sguinzagliato i loro Bravi nei seggi. Sono successe cose turche: intimidazioni, porcherie che denuncere- mo». Il neosindaco non vuole sbilanciarsi, anche perché «il voto potrebbe, magari, ancora cambiare all'ultimo momento». Gli fanno notare che quasi metà della città che lui dovrà amministrare ha votato l'uomo di Genova Nuova. E lui ribatte: «E' vero, colgo questa diffidenza nei miei confronti. C'è una sola ricetta per contrastarla: agire subito contro i mah che attanagliano il capoluogo ligure. Non m'interessa vincere con un distacco più o meno imponente. Di fronte ai così gravi problemi in cui si dibatte Genova, non è il caso di fare trionfalismi o vittimismi: l'importante è mettersi subito all'opera focalizzando i nodi principali». Che, per il professore dell'Ulivo sono, innanzitutto il lavoro che manca (14,4 per cento i disoccupati) e la disgregazione del centro storico. «Ma la difficoltà maggiore mi pare sia credere nella ripresa del tessuto urbano anche attraverso una qualità migliore della vita che può arrivare da un rilancio della città in Europa con riflessi vantaggiosi per l'occupazione e il turismo». Si ferma un attimo e subito ritorna su quel verbo, «credere»: «Forse i miei concittadini sono scettici su un futuro migliore perché provati da tante difficoltà». A lui l'incarico d'iniettare fiducia nella patria del mu¬ gugno. Intanto con un appuntamento politico vicino a concreto: «Subito dopo Natale convocherò una conferenza sul tema lavoro che coinvolga tutti: dagli industriali ai cassintegrati nella ricerca di una ricetta comune per fronteggiare l'emergenza». Nella giornata della vittoria, appena il tempo di guardarsi indietro: qualche parola al veleno per l'avversario «vero», quel Castellaneta che l'ha impegnato allo spasimo, e per l'avversario «ombra»: quell'Adriano Sansa, sindaco uscente, defenestrato dall'Ulivo, che sino all'ultimo l'ha osteggiato. Del primo dice, quasi beffardo: «E' un dera¬ ciné, un senza radici. Nientr'altro che un insieme di istanze non riunite in un progetto». Per il fratello eretico, un'alzata di spalle che potrebbe sembrare una minaccia: «Non ha invitato i suoi sostenitori a votarmi? La cosa non mi riguarda. Ne prendo atto». E l'accordo con Rifondazione? Non ha temuto che i moderati del suo schieramento lo prendessero a male? «No. Sapevo che avrebbero compreso l'importanza di questo atto: convincere, cioè, una forza politica che rappresenta 70-80 mila persone ad accettare la sfida di governo». Ieri si è rintanato sino a sera in un eremo sulle colline piemon¬ tesi. A che fare? «Nulla, riposare». Ma, lei, come la maggior parte dei candidati, ha qualche atteggiamento scaramantico? Confessa: «Sì, due: non fare mai pronostici e non chiedere mai i possibili risultati». E' pacato anche nella superstizione questo professore che, in una campagna elettorale al calor bianco, s'è alterato soltanto due volte: quando Adriano Sansa gli ha rimproverato antiche simpatie craxiane e l'altra sera, in un dibattito pubblico, quando Castellaneta ha ringhiato: «I partiti sono tutti associazioni per delinquere». Renato Rizzo
Persone citate: Adriano Sansa, Castellaneta, Giuseppe Pericu, Pericu, Sergio Castellaneta
Luoghi citati: Castellaneta, Europa, Genova
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