Seconda Repubblica fondata sui portavoce

IL PALAZZO IL PALAZZO Seconda Repubblica fondata sui portavoce PPURE, in estrema sintesi, si tratta di pianificare, confezionare, presentare e valutare a priori l'effetto di qualsiasi iniziativa politica. Dare forma al messaggio, in altre parole, assicurandogli le opportune ricadute d'immagine (per il leader) e di consenso (per il partito). Questo, in teoria, fa un moderno capo dell'ufficio stampa, o portavoce che dir si voglia. Ma in pratica, fa molto di più. Anzi, si può dire che fa talmente di più da non avere alcun interesse a farlo sapere, tanto più a quei giornalisti con i quali parla di continuo, e dei quali osserva i prodotti come i frutti del proprio inconfessabile lavoro. Per cui deve esserci rimasto comprensibilmente un po' male il capo dell'ufficio stampa di Rifondazione comunista, Gianni Montesano, quando sul Corriere della Sera s'è visto non solo inserito in uno schemino «chi-stacon-chi», ma pure classificato come «cossuttiano» in ovvia contrapposizione con i «bertinottiani». Di qui la sua protesta, cortese e retro, trovando «singolare, nonché professionalmente scorretto», aver inserito «chi svolge un ruolo tecnico quale la gestione dell'ufficio stampa» in un insieme «che si riferisce a dirigenti squisitamente politici». Ora, con tutto che gli schemini possono aver stufato, e che a nessuno piace essere catalogato (e ancora meno in occasione di contrasti interni), Montesano sottovaluta il suo ruolo; o almeno mostra di avere un'idea limitata della distinzione che nella vita pubblica esiste ormai fra tecnica e politica. Una differenza sempre più evanescente, come sa chi ha a che fare con la più moderna comunicazione. E che dunque, pure dietro l'antiquata funzione di ufficio stampa, dispone in realtà di un potere non invincibile, ma sicuramente immediato e quasi assoluto, quale mai comunque s'è concentrato nelle mani di un «tecnico». Il potere di generare attese, sospendere la routine, suscitare curiosità, I magari inventandosi pseuI do-eventi ad uso dei media. O ancora: riscaldare o raffreddare la temperatura, regolare le presenze e le necessarie intermittenze, approntare (con la somministrazione di opportuni restroscena) versioni a volte più sofisticate della realtà. Quindi suggerire connessioni, anche simboliche, oppure sviare l'attenzione, se del caso scoraggiando eventuali controlli di coerenza su quel che è stato detto in passato. Tutto quanto, insomma - dalla scelta degli intervistatori «giusti» alla distribuzione ai giornali delle foto del leader bambino contribuisce a costruire il consenso. Ebbene, mai come oggi e non solo i Italia gli spin doctors {spin è l'effetto che s'imprime alla palla) svolgo-., no una funzióne politica. Chiedere conferma a tanti ex più o meno ufficiali come Veltroni, Letta, Mastella, Storace, Ferrara, Urso, Bonaiuti. Nei verdi, la carica di portavoce equivale sintomaticamente a quella di segretario, ma almeno è elettiva. Altrove, ad esempio nel pds, trae invece esclusiva legittimità dalla fiducia del leader, anche se nel concreto Rondòlino e Velardi hanno un'influenza maggiore di qualsiasi ufficio di presidenza, comitato, coordinamento, esecutivo o quel che sia. L'onnipotenza della comunicazione e dei suoi nuovi professionisti, nel frattempo, finisce per trasformare gli apparati e anche le istituzioni (tre giornalisti approdati a Montecitorio nell'ultimo anno, sei a Palazzo Chigi). All'orizzonte s'intravedono macchine che producono messaggi. E si aggiornano vecchi proverbi: chi va coi giornalisti, impara a far carriera. Filippo Ceccarelli Bili |

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