In una mostra «raddoppiata» 35 anni di vita e cultura

TAPPA PER TAPPA TAPPA PER TAPPA L'esposizione Universale del 1911. Già in questa occasione si vede la diversa vocazione delle due città: Torino rivolta all'Europa privilegia industria, lavoro, tecnica; Roma, centro del potere, privilegia politica, arte, storia, archeologia. De Chirico a Torino e a Roma. Nell'estate del 1911, prima di partire per Parigi, de Chirico è a Torino. Le immagini della città lo influenzano fortemente e sono filtrate attraverso la lettura di Nietzsche. Il profilo del monumento equestre di Emanuele Filiberto compare in due capolavori dipinti poco dopo a Parigi, e ancor più significative nel descrivere la città, sono le piazze metafisiche che si ispirano a Piazza Vittorio. Felice Carena e la scuola degli Orti Sallustiani a Roma. Dopo la prima guerra mondiale si sviluppa la vocazione di maestro di Carena, che nel marzo 1922 con lo scultore Attilio Selva, apre a Roma in Piazza degli Orti Sallustiani e nel suo studio ad Anticoli Corrado una scuola di arti figurative. L'attività didattica di Carena prosegue per óltre vent'anni: tra gli allievi Capogrossi, Cavalli, Martinelli, Pirandello, Chessa. Nel manifesto si parla di ritorno all'«italianismo». Esempio per la generazione dei pittori del «ritorno all'ordine» romani, l'artista torinese diviene il maestro indiscusso dei giovani pittori che più avanti costituiranno la Scuola Romana. Il Secondo Futurismo e l'Aeropittura Anni 20 e 30. All'inizio degli Anni 20 danno vita al movimento . futurista torinese Fillia, Diugheroff, Farfa, Orfani, Mino Rosso ed altri, operando nelle arti figurative, nell'architettura, nelle arti applicate. A Roma luogo d'incontro è la Casa d'Arte Braga- '% glia, inauguratasi nel 1918 con una mostra di Balla e che organizzerà mostre di Farfa, Prampolini. Dottori, Crali, Tato, Bosso. Stretti sono i rapporti tra futuristi romani e torinesi; tra le molte occasioni d'incontro, il Padiglione futurista all'Esposizione internazionale dal 1928 al Valentino. De Chirico a Torino e a Roma. La mostra alla Bragaglia nel 1919, la collaborazione alla rivista «Valori Plastici», la Biennale del '23 pongono De Chirico al centro della vita artistica romana. Nelle opere esposte si propone la diversa visione delle due città (piazze d'Italia, ville romane). "» Realismo magico e Novecento tra Roma e Torino. «Quando dico realtà, non voglio dire il modello o il piccolo vero, ma la realtà superiore, quella che è dentro di noi, quella che oggi i critici chiamano realismo magico e metafisica» (F. Carena). Per tutti gli Anni Venti Casorati è assente dalla scena romana: i critici più sensibili non sopportavano la cerebralità della sua pittura, ma si riscontra un confronto serrato tra Casorati e l'ambiente romano. Nel 1927 l'artista torinese, membro della giuria del premio Carnegie, contribuisce all'assegnazione del premio a Donghi. Molteplici furono le occasioni di confronto tra le opere dei due artisti, fino a stabilire tra loro una sorta di dialogo a distanza: la mostra del '900 Italiano, le Quadriennali, le Biennali. LE DUE CAPITALI TORINO-ROMA, FRA ARTE E STORIA In una mostra «raddoppiata» 35 anni di vita e cultura TORINO e Roma dal 1911, anno dell'Esposizione Universale, fino alla nascita della Repubblica: è il soggetto della mostra aperta dal 4 dicembre e promossa da Fondazione Bricherasio, Ordine Mauriziano e assessorato alla Cultura della Regione. La rassegna - che si apre in un clima di tristezza per la morte improvvisa di Anna Barone Alessio, presidente della Fondazione - è un intreccio di rapporti politici, economici e culturali illustrato con opere e documenti nella sede della Fondazione torinese e nelle Citroniere della Palazzina di Stupinigi. Una mostra-evento pensata e curata da Marisa Vescovo, direttore della Fondazione, e da Netta Vespignani, curatrice dell'archivio della Scuola romana: 35 anni di storia come «la testimonianza di un clima - sottolinea Marisa Vescovo - di un'atmosfera, suggestioni di un'epoca, per raccontare lo stretto rapporto tra le due città». Le sezioni si susseguono come in un racconto. Vi hanno lavorato in parecchi, oltre al comitato scientifico (con la prof. Vescovo, Francesco Poli, Claudia Terenzi, Maria Paola Maino, Valerio Rivosecchi, Francesca Morelli); alcune sezioni sono state affidate a collaboratori come Enzo Restagno (musica), Giampiero Bona (teatro), Beatrice Marconi (collezionismo), Maria Silvia Farci (storia industriale), Paolo Bertetto (cinema), Gian Paolo Ormezzano (sport). Ecco dunque l'esposizione universale del 1911, dove emergono i caratteri delle due città: Torino con il lavoro e l'industria, Roma con la politica; eppure entrambe influenzarono Giorgio De Chirico. Altre sezioni testimoniano il rapporto tra Felice Casorati e Antonio Donghi e il ruolo di Febee Carena. E ancora i rapporti tra il Futurismo torinese e romano, u mecenatismo dei coniugi Ottolengi di Acqui Terme e di Riccardo Gualino, industriale torinese, che appoggiò l'opera di Casorati e il gruppo dei Sei. Alcune sale sono dedicate al design, all'industria, alla musica e al cinema, con una sezione di documenti video (tra cui una versione di «Velocità», unico film futurista conservato e creduto a lungo perduto) e molti manifesti. A questo filone sono legati nomi illustri: Mario Soldati, che ha anche scritto un romanzo autobiografico, «Le due città», dove narra le vicende di un intellettuale a Torino e Roma tra il 1912 e il 1946; e Emilio Ghione, Pina Menichelli, Blasetti e Pastrone, Gaido e Macario. Alcune opere testimoniano gli anni bui della guerra. E poi la nascita della radio, la musica con materiali fotografici, bozzetti scenografici. Lungo è l'elenco degli artisti: tra i più rappresentati da opere, Chessa e Balla, Paulucci e Ferrazzi, Cavalli e Calandra. Lisa Parola In alcune opere giovanili Donghi riprende temi tipici di Casorati (le uova, le porte aperte, gli inquietanti nudi femminiM) avvicinandosi al collega. Tale confronto si estende ad altre personalità delle due città. Casorati e Donghi: la raffinata, colta, un po' algida Torino dei cenacoli intellettuali, e la Roma piccolo borghese e popolare, entrambe claustrofobiche. La committenza Ottolenghi ad Acqui Terme. Alla seconda Biennale romana del 1923, Arturo ed Herta Ottolenghi, giovani ed illuminati mecenati, vedono i 25 dipinti e le due sculture di Ferrazzi. Gli Ottolenghi intendevano realizzare ad Acqui Terme, nella loro tenuta, una sorta di «acropoli delle arti». Nel 1927 Ferrazzi inizia l'elaborazione del mausoleo della famiglia, la cui architettura viene affidata a Marcello Piacentini: un ciclo de¬ fluì sopra trattrice Fiat del 1919 A destra «Miriam dormiente» della Raphael In alto «Portaoggetti» di Balla