Forse una nuova arma: il plasmide

Forse una nuova arma: il plasmide Forse una nuova arma: il plasmide Una proteina artificiale rende di nuovo vulnerabili i batteri LA guerra ai batteri non conosce tregua. E se la scoperta della penicillina e degli antibiotici sembrava aver determinato la vittoria dell'uomo sui piccoli organismi portatori di infezioni, i batteri hanno risposto costruendo efficaci barriere genetiche, in grado di proteggerli dall'azione di numerosi farmaci. L'ultimo allarme arriva da un ospedale del Michigan: nelle sue corsie si annida un ceppo di Staphylococcus aureus resistente alla vancomicina, il farmaco considerato dai medici l'ultima spiaggia per combattere le infezioni provocate da microrganismi resistenti all'azione degli antibiotici più comuni. Ma quello statunitense non è un caso isolato; e la questione è tutt'altro che irrilevante se si considera che ormai il 40 per cento della popolazione di Streptococcus pneumoniae, il batterio responsabile di meningiti, otiti, sinusiti e di altre comuni infezioni, è resistente alla penicillina, mentre molte altre malattie, come la tubercolosi o la gonorrea, sono sempre più difficili da curare utilizzando gli antibiotici in commercio. Ad ogni nuova segnalazione cresce fra i medici la preoc¬ cupazione per i super-batteri. Come fermarli? Una risposta efficace potrebbe giungere da un recente studio condotto dal gruppo di ricerca del premio Nobel per la medicina Sidney Altman, all'Università di Yale. Altman e i suoi colleghi hanno infatti deciso di combattere i batteri sul loro stesso terreno, utilizzando cioè il medesimo procedimento che i microrganismi adottano per acquisire la resistenza agli antibiotici, scambiandosi piccole quantità di materiale genetico. Si tratta di un meccanismo che ha per protagonisti due batteri e una molecola di Dna circolare, che i microrganismi chiamano plasmide, e in cui sono contenute le informazioni necessarie a conferire la resistenza a un certo antibiotico. Se uno dei due batteri possiede il plasmide, in certe condizioni non gli sarà difficile regalarne una copia al compagno che ne è sprovvisto, trasmettendogli così l'immunità al farmaco. Il gruppo di Altman ha costruito in laboratorio alcuni plasmidi artificiali che, se incorporati in un batterio resistente, sono in grado di bloccare l'azione del Dna che protegge il microrganismo dagli antibiotici, impe¬ dendo di fatto la sintesi della proteina che rende inefficace il farmaco. Proprio come il cavallo di Troia, e seguendo le naturali vie di trasmissione, questi plasmidi artificiali possono passare da un batterio all'altro, ripristinando la vulnerabilità alle cure. Secondo Altman questo stratagemma potrebbe essere utilizzato anche per neutralizzare la produzione di tossine da parte di alcuni microrganismi che, come il botulino, avvelenano cibi e acqua. Al momento tuttavia l'applicazione più interessante sembra riguardare i batteri resistenti agli antibiotici. Il metodo elaborato a Yale è comunque ancora in fase sperimentale, e in attesa di una soluzione al difficile problema le organizzazioni internazionali raccomandano ai medici prudenza nell'uso degli antibiotici, una maggiore attenzione verso l'insorgenza delle infezioni batteriche resistenti, e controlli accurati negli ospedali, mentre le industrie farmaceutiche si affannano in una corsa alla ricerca di nuovi farmaci verso cui i batteri non hanno ancora sviluppato alcuna difesa. Margherita Fronte

Persone citate: Altman, Margherita Fronte, Sidney Altman