LASCIATE CHE I BAMBINI POSSANO PARLARE di Tilde Giani Gallino

LASCIATE CHE I BAMBINI POSSANO PARLARE LASCIATE CHE I BAMBINI POSSANO PARLARE Contro la pedofilia non basta Veducazione sessuale IN NOME DI MIA SORELLA Nabela Benaissa Rizzo/i pp. 167. L 21.000. LASCIATE CHE I BIMBI Luther Blisset Castelvecchi pp. 177. L 18.000. Marc Dutroux La storia della bambina belga vittima del giro di Marc Dutroux e un saggio sulle colpe dei mass media Platone Usiamo parole inadeguate a definire chi compie spregevoli abusi e turpi violenze contro l'infanzia Certo, ben venga l'educazione dessuale che, nel giro di qualche anno, se i partiti politici riusciranno a mettersi d'accordo, e nel frattempo saranno stati preparati gli insegnanti, potrà essere introdotta nelle scuole e dare i suoi frutti con le future generazioni. Ma altri rimedi dovrebbero essere introdotti subito. Ad esempio, «Punti di ascolto per i bambini» disseminati nei quartieri, e con tanti numeri telefonici cui i bambini possano rivolgersi. Utilizzo della tv, dai tg ai programmi per bambini, per comunicare loro la possibilità di ricorrere a questi «Punti di ascolto», senza vergognarsi e senza timore. Sensibilizzare gli adulti ad un maggiore rispetto per i hambini in genere e Certo, ben venga l'educazione dessuale che, nel giro di qualche anno, se i partiti politici riusciranno a mettersi d'accordo, e nel frattempo saranno stati preparati gli insegnanti, potrà essere introdotta nelle scuole e dare i suoi frutti con UE libri appena usciti, affrontano il problema delle violenze e degli abusi nei confronti dei bambini da due angolature diverse, e offrono il destro a qualche osservazione. Il primo è la storia di Nabela Benaissa, In nome di mia sorella, che racconta il caso della bimba belga Loubna Benaissa, uccisa da un benzinaio belga, e del giro di «pedofili» che facevano capo a Marc Dutroux. L'altro, a firma Luther Blisset, Lasciate che i bimbi, mette invece in guardia da un esasperato intervento dei media nell'enfatizzare i fatti di pedofilia, che può portare ad un nuovo clima di caccia alle streghe. Sembra che nella nostra società siamo tanto impreparati a questo evento, l'abuso sessuale e la violenza contro i bambini, da non possedere né le parole adatte per descrivere tale comportamento, né i mezzi validi per prevenirlo ed impedirlo. Stiamo parlando dei cosiddetti «pedofih» e del modo di difendersene. Partiamo dalle parole. Già lo stesso termine «pedofilo» è fuorviante, perché letteralmente pedofilo significa colui che ama i bambini. Ma il modello di amore che i pedofih impongono ai bambini che hanno la disgrazia di incontrarli, tutto può definirsi meno che amore. E di questo dovrebbero convincersi in primo luogo proprio i cosiddetti «pedofih», molti dei quali sono seriamente convinti di amare i bambini. Diciamo meglio: può anche darsi che i «pedofili» sappiano parlare ai bambini, sappiano ascoltarli e intrattenere piacevolmente. E' notorio infatti che molti di loro non hanno neppure bisogno di minacciare i bambini per abusare di loro. La voce del pedofilo può essere carezzevole ed i suoi modi urbani e suadenti. I bambini ne rimangono facilmente affascinati, proprio perché nessuno li ha mai trattati in quel modo, parlando loro come si parla adunajpersona grande e prestando'fófb motta attenzione;WHt Se il pedofilo-che-ama-i-bambini si fermasse a questo punto, non ci sarebbe nulla da imputare al suo operato. Il problema è che il pedofilo affascina il bambino con i suoi modi affettuosi per un suo secondo fine, che non è più amore ma desiderio erotico, voglia di abusare, di prevaricare un individuo fragile ed incapace a difendersi. Il fine è proprio di utilizzare le caratteristiche di debolezza fisica e di credulità infantile per giovarsene a proprio vantaggio. Per definire queste persone si dovrebbe ricorrere a termini che indichino un comportamento ben più spregevole. Quanto ai mezzi per prevenire ed impedire comportamenti devianti, quali quello di abusare sessualmente dei bambini, non può che stupire che, proprio in frangenti simili a quelli raccontati nelle cronache degli ultimi giorni, si pensi di risolvere il problema rispolverando la vecchia «educazione sessuale». Di educazione sessuale si parla in Italia sin dagli Anni 60: certo sarebbe necessaria per formare la personalità dei giovani sotto tutti gli aspetti, compreso quello sessuale. Ma qualcuno pensa che se Loubna Benaissa di anni 9 avesse ricevuto un buon corso di educazione sessuale a scuola, avrebbe potuto difendersi da Derochette, il benzinaio che viveva a poche centinaia di metri da casa sua? Che i ragazzi imprigionati, stuprati e fatti morire tra fame e torture nelle cantine di Dutroux, si sarebbero giovati di un corso di educazione sessuale? per i propri figli in particolare, invitandoli eventualmente a discutere con psicologi e psicoterapeuti, senza imbarazzi. Non si deve dimenticare infatti che la maggior parte degli abusi sessuali di cui i bambini sono vittime, avvengono purtroppo nella famiglia, da parte di genitori, fratelli e parenti stretti, non da parte degli estranei. Mentre tutto ciò dovrebbe essere fatto nel più breve tempo possibile, altre Commissioni governative potrebbero poi organizzare i corsi di educazione sessuale. Naturalmente, questi interventi non dovrebbero assumere un'atmosfera da «caccia alle streghe» poiché anche Luther Blisset, o chiunque si celi sotto questa «ditta», ha ben ragione quando mette in guardia dai titoli a più colonne usati dai giornali per gonfiare le notizie, o dagli spettacoli televisivi e dai «talk show» che, appunto, utilizzano le notizie per fare spettacolo, generando mostri che spesso tali non sono. Infine, non si dovrebbe sottovalutare l'effetto collaterale e perverso che gli stessi spettacoli possono avere. Non sono poche infatti, le persone che guardano la tv «per imparare», e chissà che le cose che si imparino meglio non siano spesso proprio le più nefande. Tilde Giani Gallino

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