IL ROMANZO? E' ORFANO DEL LAVORO

LA RARITÀ' LA RARITÀ' di Sandro Doma NON ancora trentenne, già ne! 1935, Sandro Penna avrebbe potuto pubblicare le sue poesie in volume. Infatti, il poeta perugino era già molto apprezzato nell'ambiente letterario e lo stesso Montale gli aveva trovato l'editore. Si trattava di Alberto Carocci, direttore delle edizioni di «Solarla». Ma in una successiva lettera firmata Eusebio, Montale consigliò Piumino (così gli si rivolgeva) a desistere dal progetto. Si era certi che la censura avrebbe sottratto ai lettori almeno 10-12 fra le poesie più belle, quelle erotiche, definite da Montale «afrodisiache». Soltanto quattro anni dopo, nel 1939, l'editore Parenti di Firenze stampò Poesie, arricchendo l'edizione con un ritratto dell'autore, opera del pittore Gabriele Mucchi. Sul mercato dell'antiquariato questo libro vale, ora, circa un milione e ottocentomila lire (Libreria Pontremoli, Milano, catalogo Italo Svevo 1997). Mavì è ancora una curiosità che contraddistingue questa pubblicazione. Sovente, nei cataloghi delle librerie antiquarie, ma anche nella Nuova Enciclopedia Garzanti 1985 (e ristampe, almeno fino al 1993), l'anno di pubblicazione di questo libro è indicato 1938 anziché 1939. Ciò è dovuto, probabilmente, al fatto che le Poesie di Penna sono cosi, erroneamente, datate ( 1938) in un testo fondamentale per gli «addetti ai lavori», (( Dizionario Generale degli Autori Italiani Contemporanei (Vallecchi 1974, 2vol..pp. 1018). riforme su questo terreno, ancora oppresso da secolari pregiudizi: naturalmente attirandomi da certi settori ostilità, scherzi e dileggi, anche di qualche magistrato «maschilista». E le mie convinzioni si erano fortificate per la mia stessa esperienza di magistrato durata trent'anni, fino al 1963. A questa impresa Alba si accinse con entusiasmo, da me sostenuta. La prima pagina apparsa il 2 marzo 1963 si aprì con un articolo suo, intitolato Libere dalla schiavitù dei fornelli, e un altro mio: Secondo un tribunale è ancora lecito picchiare la moglie a scopo di correzione! Ecco quel che Alba mi scriveva all'indomani: «Ho letto stamani il Suo [...] articolo su La Stampa e la ringrazio per aver voluto affiancare il suo nome al mio in questa impresa. E' certo che la prima pagina è una carica di dinamite per le povere massaie torinesi. Speriamo che servirà a scuoterle. In ogni caso il Suo scritto, quello di Maria Bassino (da molti anni avvocato a Roma], il mio e la lettera della Mansfield non lasceranno dubbi nell'animo dei lettori circa le nostre intenzioni. L'importante, mi sembra, è che questa iniziativa sia la testimonianza di un impegno morale. Spero che questo traspaia anche dagli articoli di carattere letterario che stanno giungendo e giungeranno». Così crebbe la nostra solidale amicizia. Il 23 aprile 1963 mi scriveva: «Il Suo ultimo articolo era animato da quel sincero spirito di rivolta che troppo spesso ricerchiamo invano in molti di coloro che ci circondano. Siamo isole in un mare di indifferenza, caro amico; e, da isola a isola, è gradito ricevere e rimandare un cenno di riconoscimento e di saluto». Il 5 ottobre 1963 comincia a trapelare nelle sue lettere sempre più confidenziali un certo pessimismo. Del suo ultimo romanzo mi scrive: «Ho tentato di rappresentare il mondo confuso in cui viviamo; e tante ipocrisie, tante mancanze di coraggio, a noi ben note. Ho paura che se non faremo qualcosa per liberarcene non potremo (farlo] che con eventi e tempi molto duri. Che cosa? Ognuno di noi è ormai rimasto solo, dunque finiamo per sprofondarci in un egoismo, in un'abulia che, un giorno, potremmo essere indotti a condannare amaramente. Che cosa? Non ho mai avuto paura. Ma ora sento che siamo alla vigilia di un sommovimento della terra sulla quale ci adagiamo. Roma è una sorta di grande carnevale: io non esco quasi mai, vedo poca, pochissima gente, eppure dalle finestre s'infiltra nel mio studio un'aria minacciosa, grave, come quella che precede il temporale [...]. E' la nostra, la mia stessa incoscienza che mi sorprende: il fatto di occuparmi di problemi che ormai non hanno più importanza - le pagine delle donne, ecc. - invece di volere qualcosa; sia pure il terremoto, l'alluvione, e lasciare che essa ci sorprenda (...]. Che fare? Aspetteremo che sia ancora una volta il Gran Consiglio [del Fascismo] a liberarci?». Si susseguono nelle lettere successive, per anni, amarezze, delusioni, tristezza (come la morte della nostra comune amica Anna Garofalo), fino all'ultima lettera che di lei ho potuto rintracciare, dell'8 giugno 1976, nella quale oramai mi chiama «caro Sandro», e si firma Alba. E conclude: «Non ci siamo incontrati da molto tempo: penso che la nostra vita, la vita di chi scrive e riflette, sia ormai una lunga solitudine, animata, popolata di presenze spirituali forse ancora più vive delle presenze fisiche». In questa malinconica solitudine sarebbe ancora vissuta per più di vent'anni. Ma almeno la sua battaglia per l'emancipazione e i diritti delle donne sarebbe stata in gran parte vinta, anche per merito suo. Alessandro Galante Garrone IL QUADERNO PROIBITO E ALTRE PAGINE ALBA De Céspedes è scomparsa a Parigi, ottantaseienne, la scorsa settimana. Di padre cubano e di madre italiana, era nata a Roma I' 11 marzo 1911. Esordì nel 1935 con L'anima degli altri. Ma al pubblico e alla critica si rivelò tre anni dopo con il romanzo Nessuno toma indietro. Antifascista, fondò nel '44 a Roma il mensile di politica, arte e cultura «Mercurio». Nel dopoguerra ritornò quasi esclusivamente alla letteratura. «Il fascino della sua narrativa come ha osservato Angela Bianchini ricordandola su La Stampa - sta nella commistione tra la profondità dei temi trattati e la straordinaria facilità stilistica: commistione che oggi viene esaminata, specie da parte delle generazioni più giovani, come un apporto originalissimo, quasi unico nelle lettere italiane». Di Alba De Céspedes sono disponibili le seguenti opere, tutte edite da Mondadori: Dalla parte di lei. Nel buio della notte. Quaderno proibito. IL ROMANZO? E' ORFANO DEL LAVORO SIAMO dunque arrivati alla penultima puntata della nostra staffetta letteraria, l'ultima per i lettori-scrittori. Sarà infatti Carlo Lucarelli a scrivere giovedì prossimo il finale dei racconti scelti nelle settimane precedenti, concludendo così sia la trama Nera che quella Rosa. Tuttolibri in quell'occasione pubblicherà le due storie complete e la giuria, presieduta da Lucarelli e composta dalla nostra redazione e da una commissione di lettori del Premio Grinzane Cavour, sceglierà chi ha prevalso tra il Rosa e il Nero. La premiazione avverrà nell'ambito del SalonB.it, al Lingotto di Torino: i finalisti che hanno formato la staffetta del racconto vincitore riceveranno ciascuno un «Vocabolario Treccani» con cd-rom. Appuntamento dunque giovedì 4 dicembre alle h. 12, nello Spazio incontri al Lingotto di Torino: interverranno Gianfranco Bazzigaluppi (Fondazione Ibm Italia), Luciano Capriolo ( (Poliedra SalonB.it), Massimo Bray (Edizioni Treccani), Giuliano Sona (Premio Grinzane), Federico Reviglio (Archivio La Stampa), Nico Orengo (Tuttolibri), Carlo Lucarelli. Ringraziando tutti quelli che hanno partecipato alla nostra «Ragazza di Internet», e sono stati centinaia, ricordiamo che da oggi il sito è chiuso. SCRITTORI DI CLASSE Renzo Paris Ed/esse pp. 176. L. 22.000 SCRITTORI DI CLASSE Renzo Paris Ed/esse pp. 176. L. 22.000 ROLETARIATO addio: c'era una volta l'operaio e ora non c'è più. Con bicipiti o senza. Generoso o brutale. Laborioso o sfaticato. Dotato di infinite facce e di molteplici attributi, ma sempre pronto a far la parte del leone, e cioè ad essere al centro di oltre un secolo di letteratura, da Manzoni in poi. Oggi il lavoratore manuale è quasi del tutto scomparso dalla letteratura italiana: a tracciare l'amarcord degli anni in cui il nerboruto proletario andava per la maggiore è lo scrittore e saggista Renzo Paris, nel volume che andrà in libreria a giorni, Scrittori di classe. Si tratta di una ricerca che aveva fatto la sua prima apparizione all'inizio del '70, in un'epoca fervida di lotte e in cui la classe operaia occupava a pieno campo i racconti degli scrittori, che ampliata e aggiornata sino agli ultimi anni, viene adesso ristampata. I recenti approdi della narrativa che dal romanzo verista in poi ha descritto le disavventure di sindacalisti e di artigiani, di lavoratori della terra e di dannati alla catena di montaggio, sono rappresentate da «Le mosche del capitale» di Paolo Volponi, e dai disoccupati di «Altri libertini» di Pier Vittorio Tondelli. Dopo di loro, avverte Paris, il silenzio interrotto solo da qualche sparuta apparizione delle classi popolari nelle opere di Tiziano Sciavi o Carlo Lucarelli e qualche altro ancora. Che ne rimane oggi del «mito» del proletariato che per decenni ha occupato pagine e pagine di letteratura? Torna «Scrittori di classe» di Paris: produzione e consumo, questioni scomparse oggi quell'esperienza di vent'anni fa sia stata sostituita da un'altra realtà più forte: «Il mondo del lavoro adesso è quasi interamente scomparso dalla narrativa. Qualche eccezione esiste: ad esempio Il critico Angelo Guglielmi, teorico della «letteratura selvaggia» ovvero della testimonianza resa in prima persona da «emarginati doc» di ogni tipo, dall'operaio al carcerato al drogato - ritiene che Torna «Scrittori di classe» di Paris: produzione e consumo, questioni scomparse oggi quell'esperienza di vent'anni fa sia stata sostituita da un'altra realtà più forte: «Il mondo del lavoro adesso è quasi interamente scomparso dalla narrativa. Qualche eccezione esiste: ad esempio, Antonio Pennacchi con il suo "Mamut" ha messo nero su bianco una straordinaria storia di vittorie sindacali. Al centro dell'attenzione dei narratori ci sono i giovani, i tossicodipendenti, le prostitute, personaggi che rappresentano e vivono in un ambiente degradato. Ma sono segnati da una differenza fondamentale rispetto ai deraciné di altri tempi. La letteratura selvaggia aveva una carica innovativa sia rispetto al romanzo tradizionale di tipo ottocentesco, sia a quello sperimentale: era la vitalità degli "analfabeti", dei non addetti ai lavori. Gli autori che affrontano adesso una realtà disastrata, come Tiziano Scarpa o Isabella Santacroce, sono autentici scrittori, molto smaliziati, che non considerano certo il loro lavoro come il prodotto di uno sfogo personale». Ma i piccoli eroi del romanzo contemporaneo, che non hanno un lavoro stabile o che vivono di espedienti, anche per lo scrittore Franco Cordelli hanno tratti tutti particolari nell'universo del lavoro: «Il narratore ha spesso bisogno di mettere in scena un conflitto sociale: anni fa l'operaio poteva essere rappresentativo dell'individuo in lotta con il mondo. Oggi però il conflitto si presenta senza il rilievo di un tempo poiché i personaggi narrati non partecipano dei processi produttivi. In realtà sono emarginati di lusso. Prendiamo per esempio i romanzi di Andrea De Carlo: sono registi, scrittori, giornalisti. Non sono autentici professionisti, sono degli artisti «mascherati», osserva il romanziere che nel suo libro «Guerre lontane» aveva già nel 1990 messo in scena l'universo degli immigrati. «Alla classe operaia di un tempo si sono sostituiti gli extracomunitari, come negli "Sfiorati" di Sandro Veronesi, o in "Senza rivoluzione" di Lorenzo Pavolini, in cui è centrale il problema del rapporto con il Terzo Mondo, o nel romanzo di Edoardo Albinati "Il polacco lavatore di vetri". Un vero e proprio racconto realistico, dove il personaggio è un vero balordo, è "Azzurro troppo azzurro" di Paolo Di Stefano». I romanzi di oggi si muovono su un delicato crinale: ancora non hanno imboccato nuove strade ma contemporaneamente non possono più rappresentare la tradizionale divisione in classi: «I narratori italiani parlano troppo di sentimenti ma poco di soldi. Questo è il guaio - osserva Nanni Balestrine creatore del barricadero Alfonso, rivoltoso operaio di "Voghamo tutto" -. Alcuni narratori mettono l'accento sui problemi materiali e sono Aldo Nove, Giuseppe Culicchia, Giuseppe Caliceti, Silvia Ballestra. Le questioni della produzione e del consumo comunque anche loro le sfiorano solamente e sono sullo sfondo dei loro racconti. Presto accadrà anche da noi quello che è avvenuto nel resto del mondo: gli immigrati prenderan no la penna in mano e si metteran no a raccontare la propria situazione». Extracomunitari, dunque, cercasi per illustrare lavoro italia no. IL NERO: APPUNTAMENTO CON L'AGUZZINO LA ragazza lo guardò con un misto di stupore e amarezza. «SI Cari, e tu... non era alle 3 l'appuntamento con il mio aguzzino?». «Non avercela con me tesoro, lo sai che mi piaci: ho sempre apprezzato le donne belle e intelligenti come te... solo che ti manca il coraggio di andare sino in fondo». «E dire che mi sono innamorata di una persona come te», replicò Gerry, «forse aveva ragione mio padre, scelgo sempre le persone sbagliate...». «Adesso non farla così tragica tesoro, in fondo ti voglio bene, altrimenti non sarei qui adesso a proporti di risolvere tutto subito e in modo del tutto indolore per entrambi». «Credi che mostrerò il rullino con te e tutto il resto, per fregarti, per ricattarti, è questo che temi, Cari». «So che tu non lo faresti mai, però potrebbe finire nelle mani sbagliate e questo non lo vuoi neanche tu, vero?». «lo non c'entro in questa storia, lo sai». «Ma certo, sono io che ti ho chiesto di farmi mettere in contatto con quell'imbrattatele perché ci serviva un lavoro ben fatto, da professionista». «Come sta mio padre, Cari, che gli avete fatto?». «Nulla, ma gli altri si stanno spazientendo, è meglio per tutti se si risolve la cosa subito, senza aspettare questa notte. Il buio, sai, fa venire brutte idee...». «Tu vuoi fregare anche gli altri Cari, è cosi?». Cari non rispose, si limitò a dare un'occhiata all'orologio: «Sono le 11.00, tesoro», disse, «il tempo è scaduto». Roberto Naldi, via dei Platani 6/11, Villarbasse (Torino) Mirella Serri IL ROSA: ELVIS E GLI OCCHI BLU STORDITO dall'incredibile intreccio di realtà e fantasia, Carlo cerca di riordinare le idee. La ragazza cammina avanti e indie'tro davanti alla vetrina del negozio... Carlo rilegge la prima pagina del suo racconto e vede svolgersi la scena nello stesso tempo... e il passo è quello nervoso di chi sta aspettando qualcosa ma non sa se verrà. Le mani affondate... tre minuti alle dieci, non c'è tempo... nelle tasche del soprabito... Ma no, non è possibile che il destino di quella ragazza sia nella penna di uno scrittore. Non c'è tempo per cambiare le pagine successive e a che cosa servirebbe? Dovrebbe forse scrivere in eterno la sua storia per continuare a farla vivere? E non facendo così, dove scomparirebbe la splendida fanciulla dagli occhi blu, incontrata una sera ad una noiosa cena? Già, pensa Carlo, incontrata realmente e prima di cominciare a scrivere. L'idea di distruggere il suo racconto lo sfiora. Subito, però, un'interruzione così brutale della realtà gli appare troppo rischiosa. Venerdì nove ottobre, due minuti alle dieci. C'è lo stereo con Elvis Presley che canta «Blue suede shoes», c'è l'uomo che scatta le fotografie. No, non può essere lui a decidere. Carlo apre il finestrino, una rapida accelerata per raggiungere la ragazza, che si gira di scatto verso quel rombo improvviso. Carlo rallenta un istante accanto a lei, per lanciarle qualcosa e ripartire sgommando. «Fai presto, scrivi!», le grida dal finestrino aperto. La ragazza, confusa, si china per raccogliere quel qualcosa. Un blocco per appunti ed una penna. Un attimo di esitazione, poi l'illuminazione. La ragazza apre il blocco notes e comincia a scrivere. Francesca Sampogna, 10, rue des Trois Portes, 75005 Paris (Francia)