Due messia per l'Amerika

Stipsi? Ecco un rimedio REPORTAGE Matrimonio di massa a Washington, capitale dell'Inferno Due messia per FAmerika Moon & Farrakhan allo stadio LA STRANA ALLEANZA WASHINGTON DAL NOSTRO INVIATO Requiem per i Messia. Cantano, ballano, si autocelebrano, ma tramontano. Si sostengono l'un l'altro per non cadere, ma vacillano. Vengono nella capitale d'America a proclamare insieme che questo è «l'inferno sulla Terra», ma non hanno ali d'angelo per volare via, soltanto aerei comprati a spese di chi ha creduto (tanti) e ancora crede (sempre meno) in loro. Strana coppia, Sun Muyng Moon e Louis Farrakhan, i messia, più che riconosciuti autoproclamati, dell'altra America, quella degli asiatici e quella degli afroamericani. Per la prima volta insieme, sugli schermi di Washington, sul palco dello stadio intitolato a Robert Kennedy (che ne avrebbe fatto miglior uso) dove si celebra l'ennesimo rito dei matrimoni di coppia (a sorpresa). Non più 360 mila come due anni fa a Seul. Trentaseimila coppie «appena», di cui solo un decimo di nuova formazione. Sconosciuti assoluti, come vuole la regola, che legano i loro destini nel nome del «Padre» che sarebbe poi il reverendo Moon, l'uomo che non passerà alla storia per la sua dottrina teologica ma, semmai, per aver detto la memorabile frase: «Gesù Cristo ha fatto un solo errore: quello di non sposarsi». Cosa ci fanno insieme il santone coreano vestito di porpora e l'agitatore nero in completo grigio, papillon viola e occhialone fumé? Aspettano Whitney Houston, che (in cambio di un milione di dollari) dovrebbe cantare. Poi all'ultimo non compare: malattia diplomatica. Loro non se ne curano più di tanto. Profeti, più che di fine millennio, di fine stagione, mettono in saldo la loro fede: un ultimo assalto dei compratori ai grandi magazzini, poi, molto probabilmente, si chiude. Hanno seguito strade diverse, Moon e Farrakhan, ma si sono trovati insieme, in nome dell'anti-americanismo, ma sconfitti in America. Adesso celebrano quest'ultimo spregio alla «patria del diavolo» poi vanno a cercare fortuna e alleati nel mondo, minacciando vendette, ma preparandosi piuttosto, almeno nel caso di Moon, a godersi una vecchiaia di platino. Il reverendo coreano l'ha detto apertamente: il tempo della fede sta passando. Vorrebbe chiudere, almeno negli Stati Uniti, la Chiesa. Lascerebbe aperte, invece, le porte degli uffici delle tante società che ha messo in piedi per vendere gioielli e frutti di mare, giornali e immobili, dimostrando che è più facile diffondere cozze che precetti per la salvezza. Il Messia che, all'età di 77 anni, vorrebbe andare in pensione, ha creato una holding che, nella sola Washington, fattura trecento milioni di dollari. In compenso, i suoi seguaci sono scesi da 50 mila a 3 mila. Ha fatto sfilare il suo movimento giovanile per le strade di Washington con cartelli del tipo: «Non controllate le nascite, controllatevi!» e i ragazzi che li hanno guardati sono rimasti comprensibilmente perplessi. Anche , perché, jcome tutti i guru di fine secolo, Moon non ha saputo essere fedele né a se stesso né alla moglie. Il colpo di grazia gliel'ha dato suo figlio Hyo Jin, la cui consorte ha chiesto il divorzio, dimostrando che lui si ubriacava e poi la picchiava. E questo era il Figlio del Padre destinato a raccoglierne l'eredità spirituale. Ora è alla clinica Betty Ford per miliardari in di¬ sintossicazione e quando ne uscirà raccoglierà tuttalpiù l'eredità finanziaria di papà, che è senz'altro più cospicua. La Chiesa dell'Unificazione è all'ultimo giro di valzer, almeno in America. Lo dimostra il cast di cui Moon si è circondato per questo conclusivo spettacolo: ex sindaci nella polvere come Marion Berry, antifemministe inascoltate come Christina Sommers, la figlia di Reagan al posto di quella di Sadat, che non solo è stata a casa, ma ha mandato a dire che la foto in cui suo padre abT braccia la moglie di Moon, inserita nel depliant della cerimonia, è un falso. Il coro lo fa un complesso blues, noto per aver composto una canzone contro i gay, dal titolo «Not naturai». L'unica spalla presentabile per il reverendo è Farrakhan. Insieme fanno un bel duetto. Moon: «Dio odia l'America, è un inferno sulla Terra, regno dell'individualismo e del sesso sfrenato». Farrakhan; «L'America è mal guidata, ha un Presidente mal consigliato. E' un Paese senza fede e uccide persone che hanno fede». Moon: «Questa è una nazione popolata di donne che si comportano da prostitute e di omosessuali, cani che si cibano di spazzatura. Non vale la pena salvarla. Ora mi dedicherò al Sudamerica, vado a inaugurare una chiesa in Uruguay». Farrakhan: «Farò vedere agli Stati Uniti come ci si comporta, andrò all'estero a parlare in nome della nazione islamica e riallaccerò corrette relazioni internazionali. Parlerò con Castro, Saddam e tutti i leader del mondo, sistemerò le cose. Tornerò a febbraio». Si abbracciano. Se ne vanno, riveriti e adorati. L'«inferno sulla terra» dal quale decollano sernbra-in,gradp dirsopravvivere alla lóro assenza. Si lasciano alle spalle un paio di comunità religiose traballanti, qualche fascicolo giudiziario ancora aperto e svariate migliaia di simpatici giovani in smoking scuro o abito di raso bianco che si guardano per la prima volta negli occhi e si domandano, impauriti: «Adesso cosa facciamo?», dato che il «Padre», prima di sposarli non ha detto loro nulla. Gabriele Romagnoli Il reverendo coreano sul palco insieme con il campione dell'integralismo islamico nero Giallo sul concerto annunciato e saltato di Whitney Houston MatrimonDueMooIl leader dei muFarrakhan e, a ddurante la celeb Il leader dei musulmani neri d'America Louis Farrakhan e, a destra, il reverendo Moon durante la celebrazione di un matrimonio di massa