Così l'avvocato rosso ha perso la partita

Così l'avvocato rosso Così l'avvocato rosso ha perso la partita PRIMA PAOINA ADESSO «loro», i politici, lo negano. Ma viene da chiedersi perché sul caso Telecom i Tg di ieri sera titolassero «la maggioranza in subbuglio»; viene da chiedersi perché le agenzie di stampa fossero inondate di dichiarazioni, non richieste, dei vari Salvi, Turci, Nesi, e chi più ne ha più ne metta. Ma a che titolo, se la Telecom, vivaddio, non è più «roba» loro? C'è poco da fare; «questa è Roma». Fin da quando ci ha rimesso piede, cioè dal gennaio di quest'anno, Guido Rossi mordeva il freno. Era il 20 marzo, una di quelle belle e terse giornate dell'inverno capitolino, mite e un po' ruffiano, quando l'«awocato rosso» sorseggiava una coppa di Cuvée Berlucchi, all'ultimo piano della sede della Stet, dov'era stato chiamato per schiodare dalla poltrona di Stato due superboiardi del calibro di Pascale e Agnes. E raccontandoci le tribolazioni di quei suoi primi sessanta giorni, per sbloccare le procedure di fusione con Telecom e quindi instradare finalmente il gruppo sulla via della privatizzazione, scuoteva già la testa, ripetendo appunto la fatidica formuletta: «Questa è Roma, signori». Insomma, se la pigliava già con la Capitale, con i suoi riti e i suoi vizi, con l'accidiosa vischiosità della Politica che tutto decide, da cui tutto dipende. E non pareva contento, già allora, il Gran Borghese meneghino «emigrato» quasi per spirito di servizio. Poi, certo, a Roma ci si era pure abituato: a quelle tiepide serate trascorse a fumare sigari «Caiva» sul terrazzo semicircolare della sua immensa casa a Piazza di Spagna, a quella stessa politica negletta che pure, in certi momenti, se la «usi» può servire, come insegnava negli Anni 60 un certo Enrico Mattei. Così - portando avanti con la consueta serietà e determinazione il suo mandato, che era appunto quello di privatizzatore - ha cominciato ad appassionarsi all'azienda, a immaginarne gli sbocchi futuri. E' arrivato finalmente il collocamento, i soci privati, l'Ifil della famiglia Agnelli e il San Paolo di Torino, il Credit e il Rolo, la Comit, l'Imi e tutti gli altri. Insomma, restavano pur sempre i consiglieri espressi dal Tesoro, restava pur sempre la rognosa «golden share» regalata a Bertinotti, ma in Telecom era un po' cambiata l'aria. Rossi, allora, ha deciso che era ora di cambiare anche le regole. Un gruppo privatizzato come Telecom, con la logica del «nucleo stabile» maritata a quella della «public company», non poteva continuare ad es¬ sere gestito in via del tutto autoreferenziale dal mitico «capo-azienda», figura odiata daU'«awocato rosso», perché «non esiste nel diritto societario» ed è solo un «cascame» delle vecchie logiche delle PpSs, quando i boiardi non rispondevano a nessuno del proprio operato, se non a via del Corso o a Piazza del Gesù. Nello specifico, il «capo-azienda» da ridimensionare era Tommasi, l'amministratore delegato. Così - ed è storia di un mese fa Rossi ha cominciato a fare il giro delle sette chiese, tra i soci privati, con questa proposta: bisogna riscrivere le norme della «corporate governance» dell'azienda, cioè limitare le deleghe dell'amministratore delegato e riattribuirle al consiglio. Non solo: Rossi è andato anche un passo più in là: ci vuole un secondo amministratore delegato. E ha calato l'asso: il suo candidato era Vito Gamberale, amministratore delegato della Tim, noto «antipatizzante» di Tommasi. «Ma questa proposta - è stata la richiesta di Rossi ai soci privati - la dovete fare voi in consiglio». Potevano, i gruppi privati appena entrati nel nucleo stabile, impallinare come primo atto un manager notoriamente «caro», per trascorsi all'Iri, al presidente del Consiglio e al suo sottosegretario? Non potevano. E infatti a Rossi hanno risposto «falla tu, la proposta in consiglio, e vediamo di votarla». Altrimenti, picche. A quel punto l'autorevolissimo, stimatissimo e ricchissimo presidente della Telecom si è ricordato della sua seconda anima, quella del «compagno Guido», cioè di ex senatore (indipendente) nel vecchio pei. E dunque, a sostenere le sue ragioni, ha chiamato D'Alema. Che per carità, è sempre schivo dai «giochi di potere», ma qualche telefonata a Palazzo Chigi l'ha fatta. E allora è subito scattato un altro gioco, che nella Roma politicante va sempre di gran moda: quello dei veti incrociati, con Prodi e Micheli che hanno fatto quadrato su Tommasi. A quel punto il cerchio si è chiuso: la battaglia di Rossi è diventata insostenibile, per tutti. I soci privati hanno tentato fino all'ultimo di dissuaderlo dall'azione di forza, dalla rottura clamorosa, anche perché Tommasi è comunque un manager apprezzato, che conosce il business e che oltre tutto gode della stima degli «amici» americani di At&t e di Unisource. Ma niente, lui ha recitato fino in fondo il suo «copione» preferito: l'addio, con la porta che sbatte alle sue spalle. Poteva evitarlo? Forse sì. O forse no: sapeva probabilmente che la sua sarebbe stata una guerra persa in partenza, se è vero - come si dice che a scanso di equivoci aveva già presentato qualche mese fa una domanda per la docenza all'Università Bocconi. In realtà questo turbolento finale della storia ce lo potevano risparmiare tutti. Per il bene del mercato, e soprattutto di quel milione e mezzo di persone che ci ha creduto. Massimo Giannini Messaggi di ringraziamento da Prodi e Ciampi Ma il pds protesta «le dimissioni sono segno di un ritardo nelle riforme del capitalismo italiano» Poulus Smits [Unisourcel,2%] CO'NS IGLI E R Vittorio umbL Serotino "2* [Imi 0,75% Alessandro Profumo {Credit 0,7% Rolo 0,3%] Francesco ©eie© [Ifil0,6% S. Paolo 0,6%] Lanfranco Gortyf [Generali 0,3% Comit 0,5% Alleanza 0,4%] VICEPRESIDENTE Pier Giusto Jaeger [Fondi d'investimento] PRESIDENTE ? Gustavo Jeffrey Nicola Visentini livingston D'Angelo [Fondi [Fondi [Ministero delle d'investimento] d'investimento] Comunicazioni] Ludo [Ministero del Tesoro] *m> AMMINISTRATORE 'f DELEGATO ' Tomaso Tommasi di Vignano Prima le proposte ai nuovi azionisti poi il duello tra D'Alema e il premier Ma lui intanto pensava già alla Bocconi al vertiom sarà rsonagrienza e ruppo a la Borsa privati una «soni punto amminionunasi coesione litiene sul sera a in ersi mpa aravari ù ne titonon ta è a rinaio ossi 20 le e capitoli, quando iava una privati, cioè Francesco De Leo, Alessandro Profumo e Vittorio Serafino, e che dovrà appunto decidere | le linee guida del gruppo; dall'altra un comitato «corporate governance e audit», del quale faranno parte, oltre al presidente, il vice presidente Jaeger e i consiglieri Jeffrey Livingston e Gustavo Visentini. L'addio di Rossi, formaliz¬ conferma che il preciso di andarsene dsua partita; una paa vincolare i poteriministratore delegdettati dal consiglila «corporate govedi governo di un gmai quasi un miazionisti, si era giscorse settimane, qva chiarito ai soci Guido Rossi si è dimesso ieri dalla presidenza della Telecom Italia Sotto Romano Prodi e a destra il nuovo vicepresidente Pier Giusto Jaeger PoulSmi[UnisourceCO'NumbL"2*Coha Guido Rossi si è dimesso ieri dalla presidenza della Telecom Italia Sotto Romano Prodi e a destra il nuovo vicepresidente Pier Giusto Jaeger

Luoghi citati: Roma, San Paolo, Torino