Tetecom, Rossi lascia la presidenza di Francesco Manacorda

I soci privati appoggiano la linea di Tommasi. Due comitati consultivi guideranno il gruppo I soci privati appoggiano la linea di Tommasi. Due comitati consultivi guideranno il gruppo Tetetom, Rossi lostia la presidenza In tempi brevi il nuovo vertice, Jaeger vicepresidente ROMA. Guido Rossi se ne va e Telecom Italia resta, per ora, senza presidente. Al suo posto un vicepresidente, nella persona di Pier Giusto Jaeger, due comitati consultivi che opereranno all'interno del consiglio di amministrazione e soprattutto l'assicurazione che nel giro di poco, pochissimo tempo la casella al vertice dell'organigramma Telecom sarà riempita con il nome di un personaggio autorevole, ricco di esperienza e di contatti per guidare il gruppo a maggior capitalizzazione della Borsa italiana. Quella che i soci privati stanno cercando, trapela, è una «soluzione inattaccabile» da ogni punto di vista, per affiancare l'amministratore delegato Tomaso Tonunasi di Vignano e garantire la coesione del consiglio, l'equilibrio dei poteri, la dinamicità nella gestione delle aziende. Un identikit che corrisponde a quello di Paolo Fresco, il cui nome è circolato con insistenza negli ultimi giorni? Non è da escludere del tutto, ma è certo che le ricerche si estendono a tutto campo. Caccia aperta al presidente, quindi, mentre il consiglio diventa bicefalo: da una parte un comitato strategico, che comprende il futuro presidente, l'amministratore delegato e tre consiglieri che rappresentano i privati, cioè Francesco De Leo, Alessandro Profumo e Vittorio Serafino, e che dovrà appunto decidere | le linee guida del gruppo; dall'altra un comitato «corporate governance e audit», del quale faranno parte, oltre al presidente, il vice presidente Jaeger e i consiglieri Jeffrey Livingston e Gustavo Visentini. L'addio di Rossi, formaliz¬ zato ieri mattina nelle prime battute di un consiglio che si è protratto dalle 11 alle 8 di sera, e accolto «con rammarico», non è stato una sorpresa per i soci del nucleo stabile che da meno di un mese hanno insediato i loro rappresentanti alla guida del gruppo; si è trattato piuttosto della conferma che il presidente aveva deciso di andarsene dopo aver perso la sua partita; una partita che puntava a vincolare i poteri concessi all'amministratore delegato agli indirizzi dettati dal consiglio. La battaglia per la «corporate governance», le regole di governo di un gruppo che ha ormai quasi un milione e mezzo di azionisti, si era giocata infatti nelle scorse settimane, quando Rossi aveva chiarito ai soci stabili la sua idea di redistribuzione dei poteri in Telecom, che avrebbe significato un ridimensionamento di Tommasi. La scelta dei soci privati è stata evidentemente quella di preservare la continuità di gestione rappresentata dau'amministratore delegato, tanto è vero che nel consiglio di ieri si è proceduto ad un lungo e minuzioso esame del lavoro fatto finora, che si è concluso con un giudizio positivo. Anche il passaggio della questione a livello politico, con Prodi e il sottosegretario alla presidenza Enrico Micheli schierati a fianco di Tommasi e il pds con il suo segretario che sosteneva invece Rossi, non ha fatto cambiare idea ai soci privati. Così Prodi, al di là del «profondo ringraziamento del governo e suo persona¬ le per lo straordinario contributo» di Rossi, fa sapere di aver avuto ieri sera «un lungo, affettuoso colloquio telefonico» con il presidente dimissionario», come a smorzare le voci di contrasti, mentre anche il ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi saluta e ringrazia Rossi ((per l'opera svolta e per l'apporto determinante, di esperienza e di professionalità, nel difficile processo di privatizzazione della società». Ma più significativa è la reazione del capogruppo della Sinistra democratica al Senato, Cesare Salvi, che si rammarica «sia perché Telecom perde il presidente che l'ha portata alla privatizzazione... ma anche perché si ha l'impressione, visto che le dimissioni di Rossi sono legate, a quanto risulta, alla mancata accettazione di un'ipotesi moderna e avanzata di riorganizzazione della corporate governance, che, ancora una volta, questo sia un segnale di ritardo di una riforma indispensabile del capitalismo italiano». Tutto questo mentre nega che la decisione di Rossi sia «legata a uno scontro tra i partiti», come aveva invece detto il responsabile economico di Rifondazione Nerio Nesi. E' sulla stessa linea di Salvi anche il responsabile economico del pds, Lanfranco Turci: le dimissioni derivano da «problemi di ordine generale che sono di per sé di natura politica» e che «non possono essere rimossi con l'uscita di Guido Rossi». Francesco Manacorda IESI I

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