«I trattori restano qui»
«I trattori restano qui» «I trattori restano qui» Ma parte dei produttori vuole evitare altri scontri VANCIMUCLIO (Vicenza) DAL NOSTRO INVIATO «Faremo di tutto per far cambiare quel decreto», promette Ruggero Marchioron, il «Generale» degli scontri sulla Serenissima. Il suo è un «no» secco al decreto del governo che restituisce agli allevatori 800 miliardi. «Rimaniamo fermi sulle nostre richieste, rivogliamo 1200 miliardi, il 100% di quanto pagato. Per averli siamo disposti a rimanere qui altri sessanta giorni», giura, davanti alla doppia fila di trattori arretrati di dieci metri dal ciglio dell'autostrada, dopo le cariche, i lacrimogeni e le manganellate. «Abbiamo fatto tutto questo, mica per avere un contentino», spiega Mauro Gianetta al campo di Vancimuglio, spazzolato due giorni fa dalle cariche di polizia e carabinieri dopo quel mare di letame sulla «A4». Non si muovono, è chiaro. I trattori rimangono dove sono. Anche fino alle feste, visto che hanno piantato in mezzo al campo pure un albero di Natale. Ma adesso che il governo ha detto la sua, si tratta di rispondere, non solo a parole. «Il governo ha fatto un passo indietro, le misure adottate sono inconsistenti, incoerenti e illegali. Faremo una battaglia dura», scrivono i Cobas del latte nel loro comunicato, quello che boccia il decreto, annuncia che i trattori rimangono lì. E promette che il livello della protesta si alzerà ancora. Dunque, non è finita. Ma è davvero compatto, il fronte dei Cobas del latte? Se a Vancimuglio dove hanno resistito alle cariche, con i feriti, un allevatore in cella e altri due denunciati a piede libero, sono tutti pronti a tornare in autostrada, magari già lunedì, altrove si pensa a forme di lotte meno cruente. «Se dobbiamo rimanere ai presidi per altri 60 giorni, non possiamo pensare di prendere continuamente botte dalla polizia», fa i conti Giovanni Robusti, portavoce dei comitati, il numero 1 sin dai tempi dei blocchi a Linate, lo scorso gennaio, quando i Cobas si ritirarono ottenendo che il governo istituisse una commissione d'inchiesta. «La lotta continuerà, ma proporrò di non usare strumenti duri. Certamente continueremo la nostra protesta nei campi, che sono il nostro naturale luogo di lavoro», spiega Robusti. E non aggiunge altro, se non l'indicazione di non rimanere al muro contro muro, allo scontro diretto, alle manganellate e ai lacrimogeni. La sua proposta sarà al centro della discussione per i prossimi giorni, in attesa della fine della tregua annunciata. I 19 presidi continuano. A Caravaggio e a Ciliverghe, in provincia di Bergamo e Brescia, dove i trattori sono a un passo della linea Milano-Venezia. A Fiorenza D'Arda, sulla via Emilia e a Savigliano, in Piemonte, dove gli allevatori sono vicino ai binari della Torino-Nizza. In molti presidi, domani sarà celebrata la Messa. Nessuno vuole mollare. «11 governo non si è sforzato più di tanto», assicura Aldo Bettinelli, un altro leader dei Cobas che da giorni staziona a Masano di Caravaggio. «Al governo è mancato il coraggio di assumersi le sue responsabilità, si fa coprire dal Parlamento», analizza. E a chi gli chiede se davvero questa protesta è solo una questione di soldi, di una manciata di miliardi, risponde così: «Non voghamo solo i soldi, che ci sono dovuti perché sono nostri. Voghamo anche che finisca il commercio delle quote, che smetta di produrre chi non ha vacche e ni^ari imbottiglia il latte in polvere». Fabio Potetti Sopra il ministro dell'Interno, Giorgio Napolitano
Persone citate: Aldo Bettinelli, Fabio Potetti, Fiorenza D'arda, Giorgio Napolitano, Giovanni Robusti, Masano, Mauro Gianetta, Robusti, Ruggero Marchioron
Luoghi citati: Bergamo, Brescia, Caravaggio, Milano, Nizza, Piemonte, Savigliano, Venezia, Vicenza
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