«Non è Lo Forte la talpa» di Francesco La Licata

I NUOVI «Non è lo Forte la talpa» Brusca conferma la verità di Siino I NUOVI VELENI DI PALERMO PALERMO ELLA ingarbugliatissima storia dello scontro fra i Ros dei carabinieri e la procura della Repubblica di Palermo, non ci sono soltanto le versioni contrapposte del capitano De Donno e del collaboratore ed ex confidente Angelo Siino, imprenditore mafioso - ovviamente prima del «pentimento» - e «delegato» di Totò Riina per la gestione della complessa materia degli appalti pubblici. Intorno al grande dilemma sulla identità della «talpa» che nel 1991 fece trapelare notizie riservate su un rapporto giudiziario a carico di imprese e boss, ruotano una serie di testimonianze raccolte dai magistrati di Caltanissetta, responsabili dell'inchiesta per il fatto che vi risultano in qualche modo implicati il procuratore aggiunto di Palermo, Guido Lo Forte, l'ex procuratore Pietro Giammanco e il giudice Giuseppe Pignatone. I magistrati di Caltanissetta, nelle loro peregrinazioni alla ricerca del bandolo di una matassa difficilmente districabile, si sono imbattuti anche in Giovanni Brusca, l'ex capomandamento di San Giuseppe Jato che non è ancora riuscito ad ottenere la «patente» ufficiale di collaboratore e continua a stare nel limbo della scomoda posizione di «dichiarante». Neppure in questa occasione Giovanni Brusca si è sottratto alle domande che, stavolta, gli sono state rivolte dal sostituto procuratore di Caltanissetta, Luca Tescaroli, L'obiettivo era, evidentemente, quello di appurare se l'ex capomandamento sapesse qualcosa dei fatti che i carabi- nieri denunciano come «rivelazioni» e «confidenze» attribuite ad Angelo Siino. Il tentativo era ampiamente giustificato dai rapporti preesistenti fra Brusca e «Bronson»: entrambi appartenenti alla cosca di San Giuseppe Jato, entrambi redelissimi di Riina, entrambi «responsabili» di settori delicati dell'attività di Cosa Nostra. Brusca «delegato» ai rapporti coi Salvo, Ignazio e Nino potenti esattori di Salemi referenti del gruppo andreottiano della de; Siino indicato come il «collettore» attraverso cui doveva passare l'intera combine del giro degli appalti. Secondo Giovanni Brusca, interrogato in gran segreto la settimana scorsa a Roma, Angelo Siino - «Bronson» per la straordinaria somiglianza con l'attore americano - dice la verità quando afferma l'estraneità di Guido Lo Forte in relazione alla «fuga» di notizie riservate contenute nel rapporto del Ros. In sostanza, Brusca - che dai suoi «collaboratori» poteva, per legge di mafia, pretendere tutta la verità - non ha mai sentito il nome di Lo Forte accostato alla «talpa» in questione. E i rapporti tra il capomandamento e Siino erano di grande fiducia se è vero che «Bronson» svolgeva il ruolo di confidente del capitano De Donno praticamente per conto di Cosa Nostra. Brusca, infatti, era informato del rapporto che c'era tra l'imprenditore e l'ufficiale. Sapeva che De Donno andava a trovare Siino a casa, in via Marchese Ugo, conosceva il contenuto delle loro conversazioni, era informato delle «curiosità» che solleticavano gli investigatori dell'Arma e suggeriva persino le risposte che andavano loro date nell'interesse della «famiglia». Chi ha dato, allora, a Cosa Nostra il rapporto del Ros? Brusca ha risposto di aver avuto allora notizie dallo stesso Siino che diceva di essere entrato in contatto col maresciallo Antonino Lombardo, ex comandante della stazione di Terrasini poi transitato nel Ros, morto suicida nel 1994 dopo essere stato accusato in Tv di collusione col clan mafioso di Gaetano Badalamenti. Sarebbe stato il sottufficiale ad offrirsi come «talpa» in cambio di soldi. Così disse a verbale, Siino, il 21 luglio del 1997, facendo anche un dettagliato racconto di come fosse avvenuto il «contatto» con Lombardo, «contatto» regolarmente «autorizzato» da Brusca. E il dichiarante tutto ciò ha confermato. Compresi i rapporti amichevoli di Siino con altri sottufficiali dell'Arma, ma anche tutte le «voci» che circolavano dentro Cosa Nostra sul conto del procuratore Pietro Giammanco e del- l'allora sostituto Pignatone. Ai magistrati di Caltanissetta, però, Siino ha raccontato che quando i sottufficiali dell'Arma gli offrirono le «carte», lui aveva già avuto modo di leggerle tramite l'eurodeputato Salvo Lima. Questo particolare, Brusca non lo ha confermato perchè sostiene di non aver avuto mai notizie di un rapporto tra Lima ed Angelo Siino. Ma «Bronson» - come lo stesso ha spiegato - teneva molto riservato il contatto politico col capocorrente andreottiano in Sicilia. Fino a nasconderlo allo stesso Brusca e ad organizzare gli incontri in regime di quasi clandestinità. Un particolare che sembra provato da una serie di verbali che Siino ha sottoscritto e che non riguardano la vicenda «De Donno-Lo Forte» ma la ricostruzione della mastodontica «macchina degli appalti» gestita da «Bronson» per conto di Totò Riina. Francesco La Licata L'ex boss: il maresciallo Lombardo ci passò il rapporto dei Ros sugli appalti in cambio di soldi A sinistra, Giovanni Brusca. Sopra, Angelo Siino