«Non c'è guerra tra Ros e giudici»

13 Rovello, riducendo il caso al capitano, sembra indicare una via d'uscita verso la pace «Non c'è guerra tra Ros e giudici» Palermo, il procuratore generale contro De Donno ROMA DALLA REDAZIONE «La verità è che qui si sta facendo un gioco pesante, tentando di isolare questi magistrati, e magari anche quelli di altre procure». Parla il procuratore generale di Palermo, Vincenzo Rovello, e difende l'ufficio di Gian Carlo Caselli coinvolto nella «guerra» contro il Ros dei carabinieri. In un'intervista all'«Espresso» Rovello non esclude quella «regia occulta» alla quale ha fatto riferimento uno dei protagonisti coinvolti in prima persona, il procuratore aggiunto Guido Lo Forte. «Quella della regia - dice il pg - è un'impressione fondata su questo fatto e su altri avvenuti in passato. Colpisce la volontà di creare una situazione di conflittualità, non dico tra l'Arma dei carabinieri e la procura di Palermo, ma tra un reparto dell'Arma, e neanche l'intero reparto, e la magistratura. In questo caso, comunque, il contrasto potrebbe essere con una sola persona». Il riferimento esplicito è al capitano Giuseppe De Donno, che è andato a testimoniare a Caltanissetta per riferire delle confidenze ricevute dal mafioso Angelo Siino, quando ancora non era pentito, su presunte collusioni di Lo Forte. Riducendo il caso al comportamento di quell'ufficiale, Rovello sembra indicare una via d'uscita verso la pace. Tanto più che il procuratore generale, con un'altra affermazione, difende la credibilità del Stino pentito che ha deciso di collaborare coi magistrati di Palermo. Per Rovello, Siino non sta parlando contro procura e carabinieri; anzi - dice - «a me sembrano maggiormente evidenti gli interessi a delegittimare quello che Siino sta dicendo, e le importanti e delicate indagini in corso. La procura di Palermo ha lavorato duramente per trovare riscontri alle sue parole, e in decine di casi c'è riuscita». Infine, un'altra stoccata al capitano De Donno: «Il 5 novembre, quando è stata pubblicata la notizia della deposizione di De Donno, sono stati avviati de- gli accertamenti dai quali sono emersi fatti precisi che hanno portato i miei colleghi a pensare al tentativo di delegittimazione». Sul fronte carabinieri, c'è la replica dell'ex comandante generale dell'Arma Luigi Federici. Il generale dice di gradire la fiducia espressa verso i magistrati palermitani, ma poi aggiunge: «Per quello che può valere, io, la stessa fiducia, maggiore fiducia, la esprimo nei confronti del Ros, e così siamo pari». Nel frattempo, su questo caso continua l'indagine dei magistrati di Caltanissetta. Ieri c'è stata la seconda giornata di interrogatorio per Angelo Siino, condotto dal procuratore aggiunto Paolo Giordano e dal sostituto Luca Tescaroli. Sul contenuto della deposizione non si sa nulla, perché gli inquirenti hanno secretato i verbali; si sa solo che al pentito non sono state contestate le registrazioni dei suoi colloqui con il colonnello Meli, e che lui continua a ripetere di non aver mai coinvolto il giudice Lo Forte nelle «confidenze» ai carabinieri. Il suo avvocato, Alfredo Galasso, commenta: «Sono soddisfatto perché questo interrogatorio è servito a dare una serie di informazioni utili. La collaborazione di Siino è stata piena, e ha dissolto l'immagine a lungo accreditata di un mister Hyde si trasforma nel dottor Jekyll». Come dire che non c'è contraddizione tra il Siino confidente e il Siino pentito, mentre così appare dalla versione degli ufficiali dei carabinieri coinvolti nella vicenda. Vicenda che includerebbe anche la storia della registrazione, effettuata dal colonello Meli nella primavera scorsa, del colloquio tra Siino e un estorsore legato al nuovo clan messo in piedi dal pentito Balduccio Di Maggio. In quella conversazione, ha riferito Siino, l'estorsore fece esplicito riferimento al «ritorno» di Di Maggio in Sicilia nella sua qualità di mafioso, ma alla procura - che arresterà il pentito qualche mese dopo - la bobina con quella registrazione non è mai arrivata. Ufficialmente perché non riuscita, ma è una spiegazione che non convince i magistrati palermitani. Un'altra giornata di interrogatori per il superpentito di Cosa nostra Il suo legale: «Abbiamo dimostrato che Angelo non è un mister Hyde»

Luoghi citati: Caltanissetta, Palermo, Roma, Sicilia