Quel grande freddo tra Fazio e Prodi

7 Oggi sciopero a via Nazionale contro i tagli alla previdenza. Torna la sindrome dell'«attacco politico» Quel grande freddo tra Fazio e Prodi Viaggio fra i malesseri di Bankitalia REPORTAGE LA GUERRA DEI PALAZZI ROMA. Carli raccontava spesso un aneddoto: «Sprawl, un governatore della Federai Reserve di New York, diceva una volta che il periodo ottimale per un banchiere centrale non è superiore a 10 anni, perchè questo è l'arco temporale nel quale dà il meglio di sè, mentre dopo è destinato a ripetersi, e in questo tentativo a sbagliare». Chissà se in questi giorni la storiella passa per la mente di Antonio Fazio. Cioè al governatore che di Carli è stato uno degli «allievi» prediletti, tanto che alla fine degli anni '60 Paolo Baffi rimproverava spesso all'amico Guido, scherzosamente e affettuosamente, «di prestare troppa attenzione alle opinioni» dell'amico Antonio, come raccontò lui stesso nel novembre del '93. Lo si può immaginare, sulla poltrona beige del suo ufficio al primo piano di Via Nazionale, in maniche di camicia e col toscano in bocca, a fare qualche calcolo: lui a 10 anni non c'è ancora arrivato, gliene mancano almeno altri sei. E comunque perchè mai se ne dovrebbe andare, se a sbagliare non è lui, ma chi in questi giorni lo accusa, lo critica, lo assedia? Autunno amaro, per il governatore. Autunno amaro per la Banca d'Italia. La riscrittura del «patto pensionistico» per i dipendenti dell'Istituto, forzosamente imposta con l'ultima Legge Finanziaria, chiude simbolicamente un ciclo di cordiali tensioni tra governo e Palazzo Koch, imperniate sul livello dei tassi di interesse. A qualcuno, in Banca, ricorda l'attacco a Baffi e Sarchielli del '79, o quello del governo Berlusconi nel '94, quando il Polo voleva per un «esterno» la poltrona di direttore generale. Sia come sia, questa mossa del governo apre una stagione di conflitto istituzionale che non ha molti precedenti nella storia, pur tribolata, di questi due «poteri». Oggi Lutto il personale della Banca sarà in sciopero, ed è anche questo un fatto storico, che basta da solo a comprendere la serietà di questa diaspora. Della quale, per altro, la discussissima lettera inviata da Fazio a Prodi, subito dopo il varo della manovra, riflette la natura «formale»: il nodo è il «congelamento» del Fondo Integrativo interno, antico di 100 anni essendo nato insieme alla Banca, nel 1897. Fino a ieri i dipendenti di Bankitalia potevano andare in pensione d'anzianità dopo 31 anni, sei mesi e un giorno. L'Istituto versava la pensione integrativa del Fondo e l'equivalente di quella calcolata in base ai contributi pagati all'Inps, fino al raggiungimento dell'età pensionabile. E' un «privilegio», questo? Il governo sostiene di sì. Lo è al pari di quelli accordati nel tempo, e ora tolti, alle altre «corporazioni»: piloti, giudici, militari Via Nazionale - rivendicando un prestigio che non ha eguali in que sto Paese, e ricordando che persino il mitico Peppino Di Vittorio riconobbe, d'accordo con Donato Menichella, una specificità sinda cale ai dipendenti dell'Istituto - sostiene di no. E brucia, agli uomini di Via Nazionale, che questo riconoscL ento venga meno proprio oggi. Brucia, con tutto il rispetto per la Cgil, sentire Sergio Cofferati che liquida le proteste della Banca come fossero strepiti di piazza dei Cobas. In realtà, un «viaggio» nell'Istituto e nei suoi umori rivela invece la natura «sostanziale» della diaspora: in ballo, qui, c'è secondo i suoi uomini l'autonomia della banca centrale. Cioè il suo bene più prezioso. Per capirlo, bastava trovarsi mercoledì pomeriggio alla mensa del piano S di Palazzo Koch. C'era una vera folla, oltre 500 persone, all'assemblea del Sindacato dirigenti dell'Istituto. Il leader Omero Papi arringava così le «grisaglie» di Via Nazionale: «Fazio è probabilmente il più indipendente tra i governatori, nei 104 anni di storia della banca: l'ha dimostrato con i governi che, dal '93 in poi, si sono succeduti, da Ciampi a Berlusconi, a Dini e poi a Prodi. Ha dimostrato sulle nomine e sulla politica monetaria di non stare al carro di nessuno. Da mesi va avanti questa pressione sul tasso di sconto, e ora è arrivata la botta sulle pensioni. Io voglio capire se una relazione c'è, tra i due fatti». E' esploso l'applauso convinto, come non se n'erano mai sentiti, almeno in quello sale austere. «L'Istituto è compatto - aggiunge adesso Papi - in difesa della sua autonomia negoziale. Intervenire su questa è un attentato che ne rimette in discussione il ruolo storico: è un bene prezioso, la Banca d'Italia, per questo benedetto Paese? Ha retto o no le fondamenta della nazione, mentre tutto il resto si frantumava? E' stata o no la "scuola", l'unica, per la migliore classe dirigente, da Einaudi a Carli, da Ciampi a Dini? Non si capisce che tutto questo è stato possibile anche grazie a un regime specifico, autofinanziato dall'Istituto?». Il governo capisce, ma va avanti lo stesso. La lettera di Fazio, se è partita davvero, non ha avuto risposta da Palazzo Chigi. Un telegramma a Treu, spedito ieri, si è perso chissà dove. Ciampi non arretra, pur con tutte le sue cautele di ex governatore, e ricorda spesso i casi eclatanti di giovani dirigenti della Banca, che l'hanno lasciata con la pensione anticipata per andare a guidare fior fior di istituzioni private. Per questo in Banca sono scattati i canali «diplomatici». Papi, in vista del dibattito alla Camera ha bussato a Botteghe Oscure, dove l'ha accolto Gavino Angius: «Ora - dice - qualcuno inizia a rendersi conto cosa si rischia, ad accettare il ricatto di Cofferati, D'Antoni e Larizza. Dicono: "abbiamo fatto la grande riforma del Welfare". E come? Tagliando il nostro Fondo? E' tutta qui la grande riforma? E' demagogia: passo dopo passo, si punta a far diventare Bankitalia un'altra cosa». Che cosa, lo spiega un altro leader sindacale, quel Luigi Leone leader della Falbi che rappresenta la maggioranza dei 9 mila dipendenti. E' un capo-popolo, Leone, e va giù pesante: «Ma è chiaro, si vuole mettere in difficoltà il governatore, si vuole smussare la sua rigidità. La norma è un attacco politico, sul piano del risparmio non sta in piedi. Negli ultimi 10 anni abbiamo versato 2 mila miliardi di contributi all'Inps, a fronte di pensioni erogate dallo stesso Inps per 1,200 miliardi, e di pensioni integrate dal nostro Fondo per 800 miliardi. Avevamo una "partita attiva" con la previdenza pubblica, che salterà se passa la manovra, e si tradurrà in un onere per l'Inps. Mi dica lei: perché si colpisce così la Banca, se non per renderla più duttile su altri fronti?». Inutile, persino sacrilego immaginare di trovare conferme, su questa linea, al primo piano, il piano nobile di Palazzo Koch. Ma una cosa si può dire: la Banca vive una fase di transizione molto deli¬ cata, verso sbocchi molto incerti. I fattori critici, nel rapporto con la Politica, si moltiplicano. C'è il capitolo pensioni, appunto. Sul quale il Direttorio ha persino richiesto uno studio all'ufficio giuridico, per valutare la percorribilità di un ricorso alla Corte costituzionale. Poi l'ipotesi è stata accantonata. Sarebbe, per dirla con Carli, «un atto sedizioso»: la Banca centrale che ricorre contro il suo governo. Impensabile. Ma il problema resta. Poi c'è il capitolo Costituzione: in Bicamerale - grazie a una massiccia azione di lobbying, secondo una leggenda arrivata persino a lambire la mamma di D'Alema, nota per il suo ascendente sul figlio Massimo - è passata una norma indolore: «La Banca d'Italia - recita svolge le sue funzioni di politica monetaria e di vigilanza sul sistema creditizio in condizioni di autonomia e indipendenza». Ma nel direttorio, nessuno dimentica che a giugno il relatore Marco Boato aveva proposto invece di scrivere in Costituzione il rinvio a una legge ordinaria che disciplinasse l'esercizio di quell'autonomia e il mandato a termine per il governatore. Ora, il timore diffuso degli uomini di Via Nazionale è che questa opzione possa rispuntare in aula. E non è detto che non troverà appoggio, nella maggioranza e nell'opposizione: già il governo Berlusconi si mobilitò per fissare a 7 anni il mandato di governatore, l'unico che in Italia si contrae «a vita». Non che in Bankitalia la questione sia sottovalutata. La nuova Costituency dell'Istituto - e questo è un altro fattore critico - è infatti addirittura imposta dal trattato dir Maastricht, e dalle raccomandazioni con le quali il consiglio Ue approvò in giugno il piano di convergenza italiano: a pagina 23 di quel testo, tra gli aggiustamenti suggeriti, Bruxelles segnalava proprio l'indicazione «di un termine per la carica di governatore». Ma un conto, si obietta a Palazzo Koch, è fare queste modifiche statutarie per autodeterminazione, un conto è subirle politicamente. Sullo sfondo, resta la «madre di tutte le questioni», cioè i tassi. Ormai il cerchio intorno al governatore si fa sempre più stretto. Nelle ultime settimane, oltre a Prodi, a Ciampi e a tutti i ministri della Repubblica, anche il milieu accademico storicamente più vicino ai «sentimenti» e alla tradizione dell'Istituto si è smarcato. Da Luigi Spaventa a Francesco Giavazzi, da Paolo Savona a Antonio Pedone, da Napoleone Colajanni a Rainer Masera: sono in tanti, ormai, a giudicare poco comprensibile la strategia di prudenza del governatore. Qualcuno si è spinto ad azzardare senza tante perifrasi - come fece già Luigi Abete nel '96 - che è una scelta dettata dall'esigenza di salvare le banche dal dissesto finanziario. Lui, per contro, nel suo ultimo intervento pubblico l'ha giusitificata con il rischio di nuovi deflussi di capitale dal nostro Paese, dimostrando con ciò ancora una volta - ennesimo fattore critico - il suo perdurante scetticismo sulla moneta unica e sull'ingresso dell'Italia. Se a questo si aggiunge che persino uomini d'eccellenza espressi dall'Istituto - come Tommaso Padoa Schioppa ora presidente Consob - propongono di ridisegnare il perimetro delle competenze di Via Nazionale sulla Vigilanza, il quadro, secondo i suoi «generali», è chiaro: sulla Banca d'Italia si sta concentrando una strategia di vera e propria «normalizzazione» politico-istituzionale. «Fisiologica», secondo Palazzo Chigi. «Pericolosa», secondo Palazzo Koch. Chi ha ragione, si vedrà. Ma è certo che poche volte la «magistraura monetaria» - come la definì Mario Monti - si è sentita tanto minacciata. Massimo Giannini Tra le pensioni, il costo del denaro e la Bicamerale l'istituto si gioca la sua autonomia Il direttorio di palazzo Koch studia la possibilità di un ricorso alla Consulta I sindacati interni con il governatore: «E' il più indipendente della nostra storia» Cambia il clima intorno alla banca Si allontanano anche molti economisti QUANTO SPENDE VIA NAZIONALE DIPENDENTI [FINE "95] RETRIBUZIONI E ONERI ACCESSORI PENSIONI E INDENNITÀ' DI FINE RAPPORTO INFORMATICA SICUREZZA E SCORTA VALORI MATERIALI PER LA FABBRICAZIONE DEI BIGLIETTI SPESE DI PUBBLICITÀ TITOLI DI STATO SPESE PER IMMOBILI SPESE PER MOBILI E IMPIANTI ACQUISTO DI BENI DI CONSUMO E SERVIZI [MENSA AZIENDALE] VARIE [SPESE PER PUBBLICAZIONI, ASSICURAZIONI, RAPPRESENTANZA] ■ TOTALE QUANTO COSTA LA RIFORMA GRADO STIPENDIO CONDIRETTORE 13S.330 FUNZIONARIO [Fi] . 119.999 COADIUTORE 88.931 ASSISTENTE SUPERIORE 77.628 OPERAIO 1° SUPERIORE 71.651 DATI IN MILIONI DUIRE^^^^ JjjU,uu„JjLm, PENSIONE ANNUA 82.754 75.957 62.675 61.930 52.765 2.146.970 IMPORTI IN MILIONI DI LIRE AGGRAVIO PER L'INPS 579.278 536.699 438.725 433.510 369.355 FONTE: FAtBj Iisult Il governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio Sopra un'immagine di via Nazionale

Luoghi citati: Bankitalia, Bruxelles, Italia, New York, Roma