Genova, l'ortodosso contro l'eretico

mxmt Il centrosinistra si ricompatta dopo la frammentazione del primo turno, destra in salita Genova, l'ortodosso contro Feretico //prc appoggia l'uomo dell'Ulivo, l'ex leghista non dispera GENOVA DAL NOSTRO INVIATO In principio era il caos: tre liste di sinistra opposte ad altrettante di centro-destra. Lotta tra «ortodossi» ed «eretici». Fratelli contro, ognuno dei quali disposto a giurare di non essere Caino. Una competizione elettorale infiltrata di veleni, giocata spesso sull'insulto, la rabbia, la spinta di vendette da consumare calde. Ecco gli ingredienti di un feuilleton dai sapori forti nel quale i vari candidati, per difendere la propria visibilità, sono stati costretti a ritagliarsi ruoli quasi stereotipati, accentuando caratteristiche, esasperando tic. E, così, la campagna elettorale ha avuto tra i suoi personaggi ed interpreti il pacato professore che sceglie l'understatement e fa sgabello della sua scienza per stare al di sopra della rissa (Giuseppe Pericu, candidato dell'Ulivo); il feroce transfuga che lo incalza mettendosi alla testa di una lista civica e gridando al tradimento degli antichi amici (Adriano Sansa, sindaco defenestrato dal suo stesso partito, il pds); il pallido studioso pieno di buona volontà chiamato ad alzarsi dalla panchina della politica per sostituire un compagno tolto di gara da problemi di salute (Claudio Eva del Polo); il tribuno mediatico che considera l'ira come nerbo del suo agire e che giura «più vedo ostilità nei miei confronti, più mi monto. Tanto che vado al limite della provocazione» (Sergio Castellaneta, lista «Genova Nuova»). Oggi, dopo il turno elettorale del 16 novembre che ha ristretto il campo, a disputarsi la poltrona di primo cittadino a Palazzo Tursi sono, ancora, un «ortodosso» e un «eretico», anche se non appartenenti alla stessa famiglia: Pericu e Castellaneta, il quieto e l'irruento, la politica come proposta e la politica come protesta. Domenica la città è chiamata a scegliere e, nell'attesa, i candidati ricorrono ai consueti equilibrismi che consentano a ideologie e matematica di marciare insieme. L'uomo dell'Ulivo ha concluso un accordo (storico per Genova) con Rifondazione comunista. Per cui il 30 novembre gli elettori troveranno nella scheda per le elezioni di sindaco e presidente della Provincia anche il simbolo della falce e martello accanto a quello di pds, popolari, rinnovamento italiano, verdi, repubblicani-socialisti. L'apparentamento ha fatto prontamente scattare un patto tra gli ex nemici del fronte opposto che, se non proprio fratelli, si sono scoperti almeno cugini: il Polo ha, infatti, invitato i propri sostenitori a votare per Castellaneta nonostante quindici giorni fa, sull'onda della sconfitta, l'azzurro Eva avesse giurato che mai e poi mai avrebbe favorito il leader di «Genova Nuova». E il «corsaro» Sansa che pri- ma della sconfitta si definiva, con rabbia, «il vero Ulivo»? Adesso si dichiara «felice e contento» e spigola tra i suoi «brucianti quattro anni da primo cittadino» nei quali ha conosciuto «battaglie vinte e perse». Suggerimenti di voto? L'ex sindaco non indica nessuna bandiera sotto la quale far accucciare il suo 14 per cento di consensi. «Liberi tutti» è il saluto che rivolge abbandonando la nave e aderendo al suggerimento d'uno dei suoi pasdaran, Boffardo: «Non dobbiamo fare lo stesso errore dei partiti ai quali rimproveriamo l'arroganza. Ognuno segua la coscienza». In casa di Pericu ci si sforza di dare un peso a questa coscienza. E si mormora, toccando ferro, che della dote sansiana almeno una metà finirà al Professore: «Anche se scommettiamo che non pochi, per un'assurda ripicca, scegheranno addirittura di votare Castel¬ laneta». Riecco il compromesso tra politica e matematica. A conti fatti lo staff del candidato dell'Ulivo assicura: «Per diventare sindaco a Pericu basterà superare di 10 mila voti il suo zoccolo duro. All'avversario, invece, occorreranno ben 100 mila suffragi in più». Ostenta tranquillità l'uomo che nella prima tornata elettorale ha raccolto il 34 per cento di consensi: «Anche se di fronte a me ho un candidato particolare che forza i toni della protesta esasperando problemi non soltanto presenti a Genova». Avrebbe preferito confrontarsi con il candidato del Polo? «Sì, certo. Mi sarebbe sembrato un percorso, diciamo così, più ordinario. Sull'esempio di Milano e di Torino. Ecco: avere come contraltare il centro-destra, nel caso che avessi vinto, l'avrei giudicato più fattivo». Poi precisa: «Dico questo nell'interesse esclusivo dei cittadini: con un certo tipo di opposizione, sui grandi temi e sui grandi problemi si può anche avere accordo. Con chi protesta soltanto, no». E il Perón di «Genova nuova»? Che cosa aspetta e spera e obietta Sergio Castellaneta? Intanto guarda gli indici d'ascolto delle sue torride tribune televisive e gongola: «Tutto bene, anche se il pds manda in giro le sue truppe cammellate a dire che ho deciso di ritirarmi. Se ricorrono a queste balle è evidente che hanno paura». Un suo aficionado gli sussurra «che a Ponente circola una cassetta registrata con le tue gaffes più forti». Poi si corregge: «Gaffes secondo loro, ovviamente». Il leader alza le spalle: «Ne studiano di tutti i colori. Oggi hanno fatto venire a Genova Veltroni e prima di lui Prodi, D'Alema, Dini, Flick e, magari, anche Flock. Mancano all'appello solo Scalfaro e il Papa». In attesa di diventare (eventualmente) sindaco, Castellaneta è già un libro: 107 pagine di instantbook di una biografia che l'autore assicura «né richiesta né autorizzata». Genova sembra vivere questa vigilia con la svogliatezza e l'inappetenza di chi ha gustato un pasto troppo abbondante. Al punto che, per dopodomani, si attende una percentuale di non votanti pari almeno al 40 per cento (era stata il 30 nella prima tornata elettorale). Pochi i sussulti. Sono due le voci, in particolare, che vogliono «parlare oltre»: discutere, cioè, di quel domani di problemi che il nuovo sindaco dovrà affrontare sen?.a indugi. E sono le voci dei portuali, riassunte dal loro console, Paride Batini: «Genova, purtroppo, è una sorta di feudo diviso in due città: quella che arriva fino alle barriere del porto e quella che, da quelle stesse barriere, nasce. Noi chiederemo a chi siederà a Palazzo Tursi di occuparsi in modo più costante, mirato e specialistico di quest'ultima. Il porto ha incalcolabili percentuali di sviluppo anche in termini di lavoro e di occupazione. Dovrebbe essere più sostenuto dal Comune». L'altra voce è quella della Curia, espressa per bocca di mons. Luigi Molinari, delegato dell'arcivescovo ai problemi sociali e del lavoro: «La città sta vivendo un cambiamento epocale con un forte ridimensionamento della siderurgia, della cantieristica, dell'industria e dell'energia. Deve migliorare infrastrutture vecchie di secoli. Ma, soprattutto, aprirsi, sprovincializzarsi». Da lunedì, si spera. Renato Rizzo Giuseppe Pericu «Il mio avversario forza i toni della protesta ma quei problemi non sono solo nostri» Sansa: i miei elettori si sentano liberi Ognuno segua la sua coscienza Castellaneta «Ne hanno studiate di tutti i colori Mancano all'appello solo Scalfaro e papa Wojtyla» VERSO IL VOTO mxmt V 60 anni l BEH I 65 anni laurea sposato, I I sposato, due figli | senza figli professore ordinario di diritto amministrativo all'Università Statale di Milano; avvocato con studi a Genova e a Milano; deputato progressista dal 1994 al'96.