Mezzogiorno di guerriglia in autostrada

Mezzogiorno di guerriglia in autostrada Vicenza: manganellate e lacrimogeni dopo il blocco del traffico. Feriti su entrambi i fronti, fermati alcuni dimostranti IL FILM DEGLI SCONTRI Mezzogiorno di guerriglia in autostrada Nuovi lanci di letame, la polizia carica gli allevatori VANCIMUGLIO (Vicenza) DAL NOSTRO INVIATO «Vigliacchi, venduti, assassini», grida Fabrizio, tuta grigia, un biondino di un metro e sessanta che ce ne vogliono tre per tenerlo, mentre urla, insulta, va all'attacco di quel triplo cordone di poliziotti che hanno fatto la guerra dopo quel mare di letame che li inonda, finisce in autostrada, blocca il traffico ancora una volta. «Vi veniamo a prendere uno a uno», si sgola in padovano stretto, mentre volano i lacrimogeni, le manganellate e le cariche con i calci dei fucili. «L'avevamo detto, che non si poteva più bloccare l'autostrada», urla - dall'altra parte del fossato, sul margine della Milano-Venezia - il vicequestore Angelo D'Ambrosio, casco, sfollagente, e la giacca di tweed a chiazze, per il letame semiliquido gettato sulla «A4», ottanta quintali che han fatto esplodere la guerriglia e saltare i nervi ai poliziotti. «E' lecito che un funzionario di polizia che indossa il tricolore sia coperto di merda?», si chiede il vicequestore che ha guidato le cariche. «Siamo costretti a fare queste azioni, siamo esasperati, nessuno ci ascolta», giura Ruggero Marchioron, il leader dei Cobas che adesso tutti chiamano «il generale». Era lui, in prima fila, alle 12 in punto, per questo ennesimo blocco annunciato, finito a manganellate e lacrimogeni «Abbiamo l'arma letame», diceva, indicando lé due autobotti cariche di concime organico. E quando sono entrate in azione, prima sul ciglio della strada, poi con i getti diretti sui poliziotti, è successo di tutto. I primi lacrimogeni, piqvono a parabola. Gli altri sono ad altezza d'uomo. Venti agenti con i caschi entrano nella tenda bianca e blu in mezzo al campo. Volano manganellate, le damigiane di rosso vanno in frantumi. «Sono dei diavoli, dei delinquenti e degli assassini. Han buttato un lacrimogeno qua dentro e han rotto tutto», urla Angelica Pagliuro, vivandiera, addetta alle salamelle, che si è vista quel muro in divisa franargli addosso. «Non volevamo rompere le damigiane, ma non si vedeva niente per i lacrimogeni», giustifica il vicequestore D'Ambrosio. Che guida le cariche sui due fronti, quello della Milano-Venezia dove stanno gli allevatori vicentini, quello della Venezia-Milano dove ci sono i padovani. Che entrano in azione alle 13 in punto, che partono pure loro con i getti dagli spargiletame, che rispondono alle cariche lanciando di tutto, facendo i corpo a corpo, schierando i trattori ahi neati che rombando respingono gli agenti in assetto di guerra. In cielo c'è un elicottero dei carabinieri. E i lacrimogeni tirati dalla polizia, restituiti al mittente da questi allevatori che non sanno nulla di guerriglia, ma si muovono coordinati. Come se non sapessero fare altro. Come se non potessero che fare così. «Non ab¬ biamo più nulla da perdere», urlano. C'è chi ferma le manganellate con le braccia, c'è chi va a terra, sommerso dai poliziotti che picchiano, picchiano e picchiano ancora. Manganellate vanno anche ai giornalisti. A quello della Padania che esibisce il tesserino. All'operatore del Tg3 che non abbassa la telecamera e riprende tutta la sequenza, il poliziotto che gli passa accanto, si volta, lo guarda, alza il braccio e abbassa il manganello. Una giornalista del Gazzettino si prende un lacrimogeno nello sterno. Finisce all'ospedale, come due allevatori. Che vengono fermati e denunciati. Insieme ad altri tre, presi sul posto, quando al campo stanno solo gli agenti e gli allevatori fuori, a cinquanta metri, che guardano e non sanno che cosa fare. In ospedale finiscono pure tre agenti, feriti nelle cariche. Uno ha la mano fracassata, forse si è preso una bastonata. Gira voce che un lacrimogeno abbia colpito un bambino di sette anni che passava con la madre poco distante, nessuno conferma. Sul cavalcavia lì vicino, sono in cinquanta a guardare. E a tifare. «Ci vorrebbe il mitra», urla uno coi baffetti e si vede che non lo dice ai poliziotti che il mitra ce l'hanno già. «E' una dittatura, è una dittatura», urla un altro. E fa niente se al governo c'è l'Ulivo, il ministro dell'Interno è del pds e questa, fino a prova contraria, è una democrazia. Tifano, dall'alto. Tanto che alla fine mettono pure lì un plotoncino di poliziotti in assetto di guerra che non si sa mai. Alle 14, al campo di Vancimuglio, dodici case e ottanta trattori, metà strada tra Padova e Vicenza, scelto perché è il punto in cui la statale 11 passa più vicino all'autostrada, ci sono solo poliziotti e carabinieri. Iniziano gli sgomberi dei trattori, sotto sequestro. Le prime ad andarsene, celerini alla guida, sono le due spargiletame. Davanti c'è un plotone di agenti con gli scudi, ancora più avanti le pantere. Sembra un corteo d'onore. «Buffoni, buffoni, ladri, ladri», urlano gli allevatori. Che a parte Fabrizio che lo riportano indietro a forza, non si muovono. Guardano allibiti i trattori che se ne vanno. «E noi rimaniamo qui lo stesso», promette il «generale» Marchioron, tre stalle a Gazzo Padovano, cento vacche, una produzione di latte in eccedenza per 8000 quintali, 800 milioni di multa e oltre un miliardo di esposizione in banca. «Siamo qui da dieci giorni, possiamo resistere anche due mesi», giura mentre dopo le autobotti se ne vanno i primi trattori scortati dai carabinieri. Al campo arriva l'avvocato Dalla Negra. Bisogna fermare il sequestro dei trattori. In prefettura inizia un vertice. Per gli allevatori ci va Silvano Marcon. «Vogliono farci sparire il campo, ma noi da qui non ci muoviamo», promette di far arrivare la protesta fino ai palazzo del governo. «Lo so che creiamo fastidio ad altri lavoratori, che si trovano l'autostrada bloccata. Ce ne scusiamo, ma se ci danno quello che ci devono ce ne andiamo anche subito», confessa Tiziano Dalle Palle, che ha le stalle a Camisano, un litro di latte gli costa 600 lire, le aziende lo comprano a 720 e adesso ha pure 240 milioni di multe. Da Roma rimbalzano le proteste di Forza Italia e della Lega. Al campo di Vancimuglio viene Umberto Bossi. Si aspetta per oggi la decisione del governo, il decreto legge che ridarà 700 miliardi agli allevatori, l'80% di quanto chiedono. «Non ci basta, non ci muoviamo», taglia corto Silvano Marcon. Ma come gesto di buona volontà, fa arretrare di dieci metri i trattori, lontano dall'autostrada, almeno fino a lunedì. E' una tregua, non una resa. Ruggero Marchioron non ha dubbi: «Se è il caso, faremo azioni ancora più pesanti». Fabio Potetti Qualcuno accusa: «Hanno colpito anche un bambino» I Cobas del latte annunciano una tregua. Il leader: «Ma il decreto non ci basta Possiamo resistere anche due mesi. Se sarà necessario faremo azioni più pesanti» là Jm Ottanta quintali di letame sulla «A4» hanno fatto riesplodere gli scontri tra gli allevatori e le forze di polizia, che hanno caricato più volte, sparando i candelotti lacrimogeni ad altezza d'uomo. Ma sono volate anche manganellate nella tenda bianca e blu che funziona da «quartier generale» degli allevatori li».

Persone citate: Angelo D'ambrosio, D'ambrosio, Dalla Negra, Fabio Potetti, Marchioron, Ruggero Marchioron, Silvano Marcon, Umberto Bossi