Pacini: «Mai dato soldi al fratello di Salomone»

L'inchiesta nata da una denuncia di Di Pietro L'inchiesta nata da una denuncia di Di Pietro Paoni: «Mai dato soldi al fratello di Salomone» «Questa è solo una guerra fra procure» Ilpm bresciano si rimette ai colleghi MILANO. «Io dico: ma con tutte le cose che ci stanno in giro, sempre delle mie intercettazioni si devono occupare ste' procure? Io soldi ai magistrati nun ne ho dati, né a Salamone né a Di Pietro. Per me gli è tutta una guerra tra procure». Scoppiettante come al solito, Francesco Pacini Battaglia si appresta a smentire anche l'ultima vicenda che lo vede protagonista: un presunto finanziamento di sei o sette miliardi a Filippo Salamone, l'imprenditore agrigentino arrestato per mafia, versato per ottenere favori dal fratello magistrato a Brescia, Fabio. Il quale, per questo, risulta iscritto da sei mesi nel registro degli indagati della procura di Milano con la doppia ipotesi di corruzione in atti giudiziari e come vittima di millantato credito. Una storia che trae origine da una denuncia di Antonio Di Pietro che riportava atti di una sua vecchia inchiesta di Mani Pulite su tangenti versate per un impianto di desalinazione a Trapani, cui era interessata una cordata d'imprenditori, la Tiv, capeggiata da Filippo Salamone e di cui faceva parte anche la Tpl di Maddaloni, vecchio cliente di Pacini. Successivamente, nel '95-'96, così come la racconta il banchiere, già interrogato sul punto dal pm Ilda Boccassini, alcuni «comuni» amici (tra questi sembra ci sia tale Vincezo Greco, imprenditore napoletano), si rivolsero a lui per chiedergli di trovare, tramite alcune banche, un finanziamento di 6-7 miliardi al gruppo di Filippo Salamone. E' lo stesso periodo nel quale Pacini viene sentito a Brescia da Fabio Salamone: interrogatori di cui parlerà successivamente nelle famose intercettazioni telefoniche, vantandosi di avere appoggi alla procura di Brescia. «Ma io dico tante di quelle cazzate:;. - spieg^cjapastó^rìsi'è vero in quel periodo ini vantavo. Però con la Tiv non c'entro nulf*&'j# con gli appalti pprilig^platore. Comunque soldi a Filippo Salamone non ne diedi. E' vero che mi interessai per fargli avere un finanziamento, ma poi non ne feci nulla perché non trovai liquidità». Perché allora quelle vanterie nelle intercettazioni? Da qui il sospetto che Pacini possa avere anche soltanto millantato, prendendo due piccioni con una fava, ovvero Di Pietro e Salamone. Ma «Chicchi» nega di aver fatto il furbo: «Chi, io? Ma figuriamoci. Vi sembra normale che abbia dato soldi a Salamone e Di Pietro per farmi aiutare? E poi in quale inchiesta dovevano aiutarmi visto che sono ancora indagatissimo?». Il pm Salamone, dichiara di avere «piena fiducia» nei colleghi milanesi. Ma intanto nel suo ufficio legge e rilegge i giornali che riportano le dichiarazioni di Antonio Di Pietro, il quale proprio l'altro ieri a San Giuseppe Jato, durante un comizio aveva parlato di «un tentativo di delegittimazione ai miei danni passato anche dalla Sicilia». Un riferimento ai fratelli Salamone? Il pm bresciano riceve anche gli auguri, non si sa quanto ironici, dell'avvocato Massimo Dinoia: «Spero chiarisca presto la sua posizione, non posso dire di più perché non so di cosa si tratta». Tace invece il procuratore di Brescia Giancarlo Tarcruini, mentre esprime «rammarico» il procuratore di Milano Saverio Borrelli «perché non è stato possibile finora evitare la reciprocità dtf competenze per procedimenti penali riguardanti i magistrati di alcune coppie di distretti giudiziari, come-quello di Mi lano e Brescia. Una situazione che nuoce alla serenità che do vrebbe essere propria dei magi strati». [p. col.] Il pm bresciano Fabio Salamone