Presi i negrieri del Canale d'Otranto
LE DONNE Anche le donne a bordo del gommone affondato erano state comprate per farle prostituire Presi i negrieri del Canale d'Otranto Un clan controllava i viaggi tra Albania e Puglia BRINDISI. Nadia, 5 anni, finita in mare dopo essere morta di fame e di freddo tra le braccia della madre, valeva zero. Dopo tutto era solo un'inutile bambina. «E le donne si sono salvate?». «Sì, le femmine, le puttane si sono salvate». Le donne sì, quelle valevano. I trafficanti clandestini parlavano così al telefono scambiandosi notizie sull'ultima tragedia, quella del 21 novembre, un gommone con 27 persone a bordo affondato a 22 miglia da Brindisi dopo quattro giorni alla deriva: 16 morti, 11 sopra;,' vissuti. E contavano, più che i superstiti, il loro valore. Nadia, valeva zero. Invece le «puttane» 4 milioni. Una sedicenne, venti milioni. Le portavano in Italia non risparmiando loro il pagamento del biglietto di viaggio. Un milione. Poi le mettevano in treno e via nel Lazio, in Friuli, in Emilia-Romagna, nel Veneto. Vendute ai feroci sfruttatori albanesi. Ma prima di metterle sul marciapiede le portavano a let¬ to. Per «provarle». Anche la mamma di Nadia sarebbe probabilmente finita così. Ma è morta con la sua bambina. Un giorno dopo il naufragio, i trafficanti di clandestini ne parlavano come merce da consegnare, commentando un maledetto imprevisto, il mare in burrasca, e Ù gommone colato a picco. «Ma femmine ce n'erano?». «Le femmine si sono salvate». «E' morta una bambina». L'interlocutore ridacchiava. Che cosa sarà mai una bambina? Dopo tutto «le puttane si sono salvate». Di questo clan, sedici albanesi identificati (per il momento), nove sono finiti in carcere. Sette sono ricercati. La polizia l'ha chiamata «Operazione Amarildo», da Amarildo Vrioni, trentenne, albanese sposato con un'italiana. Vive a Fasano (Brindisi) dal '91. Di qui dirigeva il traffico. Marijuana, clandestini, donne da far prostituire. Seguendone le conversazioni telefoniche, la polizia ha sco- perto l'organizzazione. Provvedimenti di fermo sono stati emessi nei confronti di Naim Dervishi, 36 anni, lo scafista che guidava il gommone, di Perpari Hasandain, che ne era il proprietario, e di Qani Xhafa, 30 anni, il quale fu ritrovato su un altro gommone. Era arrivato per aiutare i profughi. Namir Elezi, 40 anni, si occupava delle prostitute. Erion Capi, ventenne, era l'esperto per la marijuana: portava in Italia fino a 500 chili per volta. A giugno la vendeva a due milioni al chilo. Fino a pochi giorni fa, per la svalutazione determinata dai grandi quantitativi importati, a 150 mila lire. In carcere anche Selim Spahiu, Shkelqim Shtrezi e Fatmir Tusha, di 34, 33 e 36 anni. Cominciate il 2 giugno scorso dopo uno sbarco di clandestini nelle tasche dei quali vennero trovate agende telefoniche fitte di numeri (c'era anche quello di Amarildo), le indagini della polizia sono state coordinate da Cataldo Motta, magistrato della procura distrettuale antimafia di Lecce, da Nicola Piacente e Achille Bianchi, sostituti procuratori a Brindisi. Sei mesi di intercettazioni finché nella tarda serata di martedì la polizia ha fatto scattare la retata prima che l'organizzazione criminale favorisse l'evasione - il piano era pronto - degli scafisti ricoverati negli ospedali di Brindisi. Di qui due donne sono già riuscite a fuggire. Vittime. Sarebbero finite sul marciapiede anche loro. Nelle intercettazioni si ascolta una conversazione sul gommone perduto, costato 23 milioni: «E' molto che cammina, ha fatto quasi 200 milioni (ha fruttato 200 milioni, ndr), bisognerà comprarne un altro più grande. Costa 40 milioni». Tra i latitanti, sembra sia tornato in Albania uno dei capi, per riprendere il mare trasportando ancora disperati, droga, bambini, uomini e soprattutto donne. Tonio Attino
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