Rutelli propone uno scambio di E. S.

Rutelli propone uno scambio Rutelli propone uno scambio E la Mussolini: ci ridiano le nostre opere d'arte colosso di 25 metri che, dal 1937, fa parte del paesaggio archeologico di Roma. Fu Mussolini, in occasione del 15° anniversario della marcia su Roma, a volere il «trasloco». L'Etiopia era colonia italiana e un simile bottino di guerra aveva imperiali precedenti nei tredici obelischi egizi che furono portati nella Roma dei Cesari. Non solo. La stele di Axum fu innalzata davanti all'appena inaugurato ministero delle Colonie dell'Africa italiana. Un simbolo della conquista, insomma. Con questa storia alle spalle, nessuno o quasi, a Roma, se la sente oggi di dare vita a un fronte del no per ostacolare il ritorno dell'obelisco in Etiopia. Ritorno che, tra l'altro, era inserito tra le condizioni poste all'Italia nel trattato di pace del 1947. Una voce fuori dal coro, tuttavia, si è manifestata. Alessandra Mussolini, deputato di An e nipote del Duce, pretende la «par condicio» in materia di restituzione di beni trafugati. In una interrogazione, ha chiesto che il governo «assuma iniziative perché possano tornare nel nostro territorio tesori e opere d'arte trafugati da Paesi invasori come Germania, Francia e Austria». Secondo l'onorevole Mussolini, il governo farebbe bene ad impegnarsi nell'operazione-recupero «se non altro per non sconfessare le parole di Scalfaro. Altrimenti, verrebbe da pensare che ancora una volta l'atteggiamento è di parte e che si dimentica o si ricorda ciò che conviene». Anche il duca Amedeo d'Aosta ha voluto precisare qualcosa a proposito della stele di Axum. Nel 1969, quando i rapporti tra l'Italia e l'Etiopia del negus Hailé Selassié erano ancora molto tesi, fu proprio il principe a imbastire, per conto della Farnesina, una delle prime trattative per la restituzione del bottino di guerra. Con questo risultato: «Il Negus rimase fermo sulla restituzione del Leone di Giuda, simbolo più alto del Paese, che in effetti l'anno dopo fu riportato in Etiopia, ma rinunciò all'obelisco di Axum». Il Duca d'Aosta ricorda che il Negus gli disse: «Consideratelo un mio dono agli italiani». Ma l'Etiopia del presidente Negaso Gidada non riconosce il «dono» di Hailé Selassié. E la promessa del Negus non vale più. Ma se la restituzione della stele di Axum diventasse un precedente? Se - tanto per fare un esempio - l'Egitto chiedesse la restituzione dei tredici obelischi faraonici che ornano altrettante piazze di Roma? Dal ministero degli Esteri fino al Comune, tutti preferiscono gelare sul nascere la polemica. «Un caso a parte, previsto anche nei trattati di pace che chiusero la seconda guerra mondiale». «Un gesto di eccezionale valore simbolico» che arriva, semmai, in ritardo come ha specificato Scalfaro. E il sindaco Rutelli ha smentito le voci che lo volevano avversario della restituzione. «Da quando il governo ci ha detto che la questione era riaperta, il Comune di Roma si è messo a disposizione perché la stele sia restituita nel più breve tempo possibile e nelle migliori condizioni». Allora, tutti d'accordo? Pare di sì L'unico interrogativo è sul «successore» dell'obelisco da innalzare di fronte all'ex ministero delle Colonie che intanto - per un affitto simbolico di un dollaro l'anno - è diventato la sede della Fao, l'unica agenzia dell'Orni presente in Italia. [e. s.]