Deborah come Alberto subito fuori

Nel primo slalom della stagione, a Park City, la Compagnoni esce di pista dopo pochi secondi Nel primo slalom della stagione, a Park City, la Compagnoni esce di pista dopo pochi secondi Deborah come Alberto, subito fuori // successo alla Stessali PARK CITY DAL NOSTRO INVIATO Il derby azzurro c'è stato, a suo modo, benché nel presentarlo alla vigilia dobbiamo ammettere che pensavamo a qualcosa di diverso. La sfida in famiglia fra Deborah Compagnoni e Lara Magoni, oro e argento ai Mondiali del Sestriere, è stata vinta per due porte dalla pimpante ragazzona di Selvino. Lara è uscita alla sesta della prima manche, Deborah alla quarta. Facendo la somma dei tempi, le due campionesse azzurre sono rimaste in pista poco più di quindici secondi, dunque potete immaginare la delusione anche se le loro reazioni, a caldo, sono state quasi antitetiche. «Sono così carica, così piena di rabbia che spaccherei la testa a qualcuno» ha detto Lara frenando a stento le lacrime, pallida e tremante, incapace di accettare lo schiaffo del destino. «Mi sono lasciata andare, non ho reagito: comunque prometto che la prossima volta non rinuncerò dopo un errore» ha commentato a sua volta Deborah, come sempre sorridente malgrado la profonda amarezza, calma e tranquilla, pronta perfino a chiedere scusa al mondo per la prova fallita. Diversa la reazione, opposti i motivi che hanno portato all'identico risultato. «Non sono stata abbastanza aggressiva. Al cancelletto ero tranquilla, fin troppo direi. A volte serve un po' di agitazione, invece l'ho presa come un allenamento, meno che un allenamento, una passeggiata» ha confessato Deborah riconoscendo che il trionfo in gigante, forse, le ha messo in testa un colpevole rilassamento. «Avevo una gran voglia di attaccare, di buttarmi dal cancelletto: mi sentivo dentro una incredibile carica, volevo spacpare il mondo» ha détto Lara spiegando, che non è abituata a uscire di pista, che l'anno scorso non le è mai successo e che la sensazione, dopo essere rotolata sulla neve, è stata angosciante e terribile. La prima a chiudere la sua corsa fra i paletti dello slalom, in una fredda giornata di sole, bella pista anche se poco preparata, è stata Lara Magoni. Aveva il numero 5 di pettorale. «Sono arrivata sul palo troppo in anticipo sull'interno, decisa a chiudere la curva per trovarmi subito in linea. Invece mi sono inclinata troppo, ho toccato la neve con lo scarpone sinistro, il gancio si è aperto e addio gara. Una cosa che in allenamento non mi è mai successa: un errore imprevedibile, non potevo reagire» ha detto Lara ripensando all'episodio, fotogramma per fotogramma, e stringendo i pugni al ricordo. Deborah aveva in numero 7. Ha visto Lara cadere, qualcosa forse le è scattato nel cervello. «Sono partita prendendola alla leggera e ho avuto difficoltà nella terza porta. Il sole aveva ammorbidito il ghiaccio, lo sci mi è partito via. Ma potevo stare dentro, il guaio è che non ci ho nemmeno prova¬ to» ha aggiunto Deborah che giusto in quel momento, come un flash, ha pensato addirittura all'eventualità di rinunciare al parallelo di Mammoth per tornare ad allenarsi sulle nevi di casa. «Forse era meglio andare più piano in gigante, magari vincere per un centesimo, e stare dentro in slalom. I distacchi come potete capire non contano niente. Comunque ho imparato un'altra lezione, a questo servono gli errori. L'anno scorso sono uscita in gigante qui a Park City e da allora non è più accaduto. Spero che mi capiti la stessa cosa in speciale». Per gli amanti delle statistiche, Deborah non andava fuori in slalom dal 21 dicembre del 1996, quando uscì a Crans Montana. Per gli amanti dello sci, invece, ecco come sono andate le cose nello speciale presto orfano di Deborah e Lara. Ha vinto Zali Steggall, 23 anni di Sydney, prima australiana a imporsi in una gara di Coppa, che ha ottenuto il miglior tempo nella prima manche con il numero 23 di pettorale e ha resistito nella seconda alla pressione e all'attacco di Ylva Nowen e Claudia Riegler. Per quanto riguarda le azzurre, giornata da dimenticare. Alla seconda manche si sono classificate solo Biavaschi e Gallizio, che hanno chiuso con i tempi peggiori. Infuriato Giorgio D'Urbano. «A parte Deborah e Lara, cose che succedono, non mi è piaciuto l'atteggiamento psicologico con cui le altre hanno affrontato la gara: sono state troppo remissive, è inammissibile la paura mostrata fra i pali» ha detto il responsabile dello sci femminile italiano promettendo una strigliata coi fiocchi. Carlo Coscia

Luoghi citati: Selvino, Sestriere, Sydney