Una flotta di carrette per bloccare i clandestini

Una flotta di carrette per bloccare i clandestini Una flotta di carrette per bloccare i clandestini BRINDISI DALL'INVIATO Neritam Zeka, ministro degli Interni albanese, era stato molto chiaro con tutti gli esponenti del governo e delle forze annate italiane. A chiunque gli chiedesse come mai l'Albania non riusciva a fermare lo stillicidio di clandestini, rispondeva: «Come? Con quali imbarcazioni?». Soltanto di fronte a quell'obiezione tornavano in mente alcune immagini del passato: l'arrivo di centinaia e centinaia di clandestini a bordo di carrette del mare, a stento in grado di galleggiare. Alcune di quelle carrette del mare, 31 per la precisione, erano state rubate alla Marina militare albanese, riducen- do quasi a zero la flotta navale del paese. Una volta giunte in Italia, le carrette furono affidate alla Marina militare italiana e parcheggiate nell'Arsenale di Brindisi. Seguirono lunghe discussioni tra i due governi. Noi non abbiamo nulla, se ci aiutate il problema dei clandestini forse si può risolvere, fu il messaggio lanciato dalle autorità albanesi. Gli italiani non avevano scelta. Fu firmato un accordo: l'Italia si assunse l'incarico, e l'onere, di rimettere a posto le 31 carrette. Non era un compito semplice. Le carrette erano in condizioni disastrose. Si trattava di motosiluranti, pattugliatori costieri, dragamine, in larga parte costruiti negli anni Cinquanta in Cina o Russia e poi rivendute agli albanesi. Furono suddivise in tre categorie. Sei furono considerate non troppo malmesse. Dodici-tredici furono considerate bisognose di inter¬ venti sostanziosi, ma tutto sommato ancora recuperabili. Altre dodicitredici furono considerate dei puri rottami, che mai avrebbero potuto riprendere il mare. Sette mesi più tardi, agli inizi di novembre un equipaggio albanese giunse a Brindisi per riportare in patria due imbarcazioni rimesse a posto. La settimana successiva, 1'11 novembre, ne furono consegnate altre quattro. I lavori compiuti sulle imbarcazioni erano stati vari: dalla chiusura delle falle degli scafi al rinnovo totale degli impianti antincendio. Consegnate le prime sei imbarcazioni, l'operazione recupero della flotta albanese continua, ma nessuno si azzarda a fare previsioni sui tempi del suo completamento. Le 26 carrette rimaste in Italia galleggiano nella rada dell'Arsenale di Brindisi. Hanno un'aria spettrale, con le loro carcasse arrugginite. Sono state proprio l'estrema difficoltà di portare a compimento l'operazione, e la asso¬ luta impossibilità di Tirana di ritornare in possesso in tempi brevi di una fiotta degna di definirsi tale, a far tornare il governo di Tirana alla carica. Sette mesi dopo il grande esodo di marzo lo stillicidio di clandestini nel canale d'Otranto prosegue. Quasi del tutto privo di imbarcazioni militari fino a ima decina di giorni fa, il governo albanese si è confessato incapace nella lotta ai contrabbandieri di clandestini. Da oggi la Marina di Tirana avrà a diposizione le sei imbarcazioni rimesse a posto nell'Arsenale di Brindisi, uno sparuto gruppo di vecchi natanti sfuggiti alle ruberie del marzo scorso e quattro motovedette inviate dall'Italia. Sarà questa la flotta del Paese fino alla prossima spedizione di mezzi. Molto probabilmente mezzi italiani o della comunità. Quelli albanesi non lasceranno prima di un bel po' di tempo il bacino dell'Arsenale di Brindisi. [f. ama.] Le navi albanesi destinate a sorvegliare le coste sono quasi tutte a Brindisi per essere ristrutturate Una delle navicarretta utilizzate dagli albanesi per raggiungere le coste italiane

Persone citate: Neritam Zeka