« L'Adriatico: E' un colabrodo »

11 Parla il generale della Finanza a capo dei pattugliamenti: ogni notte quasi una guerra, abbiamo pochi mezzi « L'Adriatico? ¥ un colabrodo » «Impossibile fermare i gommoni di immigrati» BRINDISI DAL NOSTRO INVIATO «Sì, è vero: la costa pugliese è un colabrodo». Si arrende di fronte all'evidenza delle cifre il generale Agostino Perugini, comandante della zona Meridionale Adriatica della Guardia di Finanza. A lui è affidato il pattugliamento della nuova porta d'Occidente. Ma le cifre parlano chiaro, come lui stesso ammette: «Ogni giorno sbarcano sulle nostre coste dalle 150 alle 300 persone. Sono curdi, cingalesi e soprattutto albanesi. In media ne catturiamo dal 10 al 30 per cento». Come è possibile? Il pattugliamento della costa avrebbe dovuto impedire l'ingresso dei clandestini. «In Puglia sono presenti 5-6 mila finanzieri. Abbiamo 15 guardiacoste velocissime, 50 motovedette classe 5000 in grado di fare i 50 nodi. Con questi mezzi ci confrontiamo ogni notte con i contrabbandieri, ma il fiume è in piena, chi lo para? Si potrebbe fare di più se vi fossero 15 mila finanzieri. Ma sarebbe di sicuro antieconomico e non so se il gioco varrebbe la candela. La Guardia di Finanza opera nell'ambito di budget ben definiti: se utilizzassimo buona parte delle risorse per fronteggiare l'emergenza sulle coste albanesi, ci troveremmo scoperti altrove». Più che di fronte a un esodo sembra di trovarsi di fronte a tour operators, con partenze regolari, punti di approdo, trasporto dei clienti a destinazione. Tutto avviene sotto gli occhi di tutti. E' possibile che la Guardia di Finanza non possa intervenire? «Brindisi è ormai la realtà criminale peggiore di tutta la Puglia, per. ferocia e determinazione.-Le--attività sono gestite da contrabbandieri: anziché trafficare in sigarette, trafficano ih profughi, ma il discorso è lo stesso. Hanno i loro punti di approdo e la Guardia di Finanza lo sa, ma sa anche che sono una controparte astuta e priva di scrupoli. Bisogna metterli fra l'uscio e il muro, come si dice in Toscana, altrimenti reagiscono violentemente. Ci sono già stati feriti fra i nostri uomini, non vogliamo che il monitoraggio diventi una guerra». Che cosa intende per metterli fra l'uscio e il muro? «Abbiamo in dotazione alcuni strumenti sofisticati, come una telecamera a raggi infrarossi, con la quale vediamo i clandestini che arrivano con pacchi di marijuana. Sbarcano sulle rive e vengono guidati da persone che conoscono molto bene la zona. Seguono percorsi predeterminati, ma hanno anche cura di cancellare le tracce per impedire ai nostri cani di trovarli. In genere giungono fino a un punto di raccolta, poi vengono caricati sui treni o nelle auto e proseguono per una destinazione che, molto spesso, non è in Italia. Questo è più o meno quello che capita ogni notte». Ma se sapete tutto questo, non potete fermarli? «Ci troviamo a combattere con gommoni che il più delle volte sono sovraccarichi di persone. Quando una motovedetta li intercetta e si porta alla loro poppa, gli scafisti immancabilmente iniziano a fare manovre pericolose. Il carico di persone si sposta, e il gommone si rovescia. Si mettono a repentaglio vite umane, non è questo che vogliamo. Stiamo seguendo una strategia diversa: lasciamo che il gommone arrivi a terra e scarichi i passeggeri. Interveniamo dopo, quando lo scafista è di nuovo in mare, diretto in Albania. In questo modo abbiamo un po' di clandestini in più, ma anche qualche morto in meno». Questo è quello che capita più o meno ogni notte. Ci sono dei feriti. Ormai è una sorta di guerra, o no? «Chiamiamola come vogliamo. Io posso raccontare che l'altra notte una nostra unità ha intercettato un malvivente albanese su un motoscafo. Visto che non poteva più scappare ha tentato di speronare la nostra unità a poppa, dove è il serbatoio: se ci fosse riuscito l'imbarcazione sarebbe saltata in aria. Il comandante ha dovuto ordinare di aprire il fuoco. Il motoscafo è stato sforacchiato e il malvivente è rimasto ferito a un piede. Il criterio che stiamo seguendo non è utilizzare ogni mezzo per ottenere il risultato, ma la proporzionalità: non si spara con i cannoni sui passeri, ma si risponde se provocati». Meno morti, dunque, ma come la mettiamo con i clandestini? «Stiamo tentando una politica di solidarietà. Domani (oggi, n.d.r.) partiranno da Bari per l'Albania quattro motovedette velocissime, le migliori che abbiamo. Dovremo aiutare e assistere i nostri omologhi albanesi, che ci hanno fatto capire di non avere gli strumenti per effettuare quest'attività. La base sarà a Durazzo». Pattuglierete insieme la costa albanese? «Esatto. Sulle motovedette vi sarà un equipaggio misto. L'obiettivo è dissuadere le persone dall'imbarcarsi». Basterà? «Se non bastasse è già previsto, con un'ulteriore missione, l'invio di unità più grosse. Il problema è grave, non si può pensare di risolverlo con dei palliativi». Flavia Amabile «Quando intercettiamo una barca carica di persone, lo scafìsta fa manovre pericolose e mette a repentaglio molte vite umane» «Un motoscafo ha anche tentato di speronarci e abbiamo fatto fuoco L'accordo con Tirana speriamo possa migliorare le cose» Clandestini albanesi appena sbarcati in Italia A destra un gruppo viene portato via dai carabinieri

Persone citate: Agostino Perugini, Flavia Amabile