Boccassini: come Falcone di Chiara Beria Di Argentine

COM'È' NATO L'APPELLO COM'È' NATO L'APPELLO n i i: wm - - ma wsbl Boccassini: come Falcone «E' un capo con la stessa autorevolezza» SMILANO AVERIO Borrelli è un grande capo. Un capo che ti fa sentire l'autorevolezza dello Stato. Un capo che è stato capace di organizzare e tenere unito un ufficio delicato come quello della procura di Milano. Se Borrelli mi chiede un sacrificio sono disposta a farlo perché so che me lo chiede in nome e per conto dello Stato. Perciò ora, con molto affetto, gli dico: "Tu che hai dimostrato tutto questo, che hai fatto di questa procura un simbolo anche per altri uffici giudiziari, forse non puoi più permetterti di fare una scelta personale. Devi rimanere"». Ilda Boccassini, tra i firmatari della lettera-appello a Borrelli, non esita a rompere il suo abituale silenzio con la stampa per chiarire il senso e le ragioni di questa iniziativa. Come è nata questa lettera? «Mani PuJite non c'entra. E' stata un'esigenza sentita da tutti i colleghi di Milano e che ha raccolto subito un'adesione unanime. Abbiamo la speranza, anzi direi la certezza, che Borrelli non potrà fare altro che revocare la domanda per la presidenza della corte d'appello.» Perché questa personalizzazione, questo attaccamento al capo Borrelli? Non sarebbe più giusta una rotazione degli incarichi direttivi? «Una cosa è parlare di principi in astratto, altro è affrontare i problemi nella loro concretezza. Dall'89 con il nuovo codice le procure sono diventate il dominus delle indagini. Ciò significa trasformarle in strutture efficienti e, quindi, efficaci. Borrelli ò riuscito in questo obiettivo. Domando: se un manager dimostra di saper far funzionare bene la sua azienda, forse lo si cambia?». Non può ignorare che molti sostengono che Borrelli e tutti voi ormai siete diventati un «pote¬ re forte». «Milano ha avuto la capacità e la determinazione di fare certe indagini, questo significa essere un potere forte? E ancora. Se ad esempio muoiono undici persone in una struttura sanitaria e la Procura fa il suo lavoro, si è un potere forte?». Insomma, della gestione Borrelli lei condivide proprio tutto. «In qualche caso ci sono state delle cadute di stile, del resto ammesse da lui stesso. Non è un mistero che io ho una visione diversa del rapporto che ci dovrebbe essere tra un magistrato e i mass-media. Ciò detto, l'errore umano è sempre possibile. Ma quando si discute, per esempio, in tema di 41 bis, non vedo perché un magistrato non possa dare un parere tecnico, non possa esprimere la propria opinione, avvertire che si stanno commettendo degli sbagli. Salvo, poi, applicare la legge come è suo dovere - qualunque essa sia». Boccassini, sembra che lei si senta garantita solo da un capo come Borrelli? «E' così». Eppure, nel '91, ci fu una clamorosa rottura fra di voi e tutto finì al Csm. «Premesso che Ilda Boccassini non è cambiata, e che non voglio entrare nel merito di quella vicenda, devo dire che allora Borrelli fece la scelta di privilegiare l'equilibrio dell'ufficio. Fu una scelta che mi procurò sofferenze indicibili, anche per lui non fu facile. Ma proprio per questo, perché ho toccato di persona anche il lato negativo, posso testimoniare le sue capacità di capo. Io che ho girato tante procure posso dire che gli riconosco la stessa autorevolezza che aveva Giovanni Falcone. Lui fa il capo dell'ufficio e non fa il capo operativo, una scelta non di tutti e che condivido in pieno». Borrelli come Falcone? Ma Giovanni Falcone quando lasciò Palermo non ebbe solidarietà dai suoi colleghi. Anzi, disse di sentirsi «un corpo estraneo in un ambiente che lo respingeva». «Sì, queste furono le parole di Giovanni dette e ripetute in tanti suoi scritti. Giovanni si sentiva nel suo stesso ambiente come un corpo estraneo. Mi consenta una battuta che poi è una realtà: se Giovanni Falcone avesse avuto allora la solidarietà dai suoi colleghi, come l'ha avuta oggi Borrelli, avrebbe conquistato il mondo. Esattamente così. E ancora. La fortuna di Borrelli è che oltre a essere un buon allenatore ha ottimi vice, a cominciare da D'Ambrosio: se Borrelli non revocherà la domanda è lui il suo erede naturale. E poi ci sono ottimi sostituti. Perché se vuoi davvero vincere non puoi tenere i migliori in panchina, l'importante è il gioco di squadra. E questo, a Milano, esiste». Chiara Beria di Argentine «Se Giovanni avesse avuto la solidarietà dei colleghi come stiamo facendo noi ora avrebbe conquistato il mondo»

Luoghi citati: Milano, Palermo