Se il sindaco vuole diventare sceriffo
Mentre il Csm sta decidendo sulla sua domanda per diventare presidente della corte d'appello ' r— no boti=1 Se il sindaco vuole diventare sceriffo l'ele- cosi, sempre dall'Atlantico arriverà, anzi sta per arrivare, se non è già arrivata, l'onda postgiustizialista del «giuHanismo»: da Rudolph Giuliani, ex procuratore distrettuale rieletto sindaco di New York con il 57 per cento dei voti. Fosse solo Fini, prossimo pellegrino in Usa, a ispirarsi a questo modello... Se si mettono insieme, fatte le debite proporzioni, zione di Di Pietro e il tris vincente Rutelli-Bassolino-Cacciari nelle città, è difficile non pensare a quanti potrebbero essere gli aspiranti sceriffi in questa Italia nevrotica e inquieta, e a quale richiamo potrebbero magari esercitare su un elettorato che va scoprendosi vocazioni e suggestioni plebiscitarie. Giuliani, perciò, come prototipo di una leadership al tempo stesso antica ed evolutissima: uomo d'ordine («Zero tolerance») e di azione, perfino circondato da qualche alone di eroismo, e tuttavia portatore di moderne competenze. Un tecnico, per l'esattezza un giudice-pohziotto, ma anche un pcfllticó^fùòri dai vècchi giri, outsider del partito repubbhcanp votatorda .una '«quantità draemocràtict: Giuliani, dunque - l'amico di Falcone e di San Patrignano - antiproibizionista sulle droghe, ma favorevole all'aborto e alla pena di morte, teorico di una legalità che parte dalle piccole cose, dal vetro rotto della finestra (la vbroken window theory»); rappresentante di un'anti-politica che da tre anni governa New York, e con tali accettabili risultati, da risultare ormai essa stessa una nuova politica: arder and law (ordine e legge) come presupposto di benessere economico e lavoro. Ebbene, proprio nel nome di Giuliani, anche in Italia pare di cogliere i segni di una nuova attenzione politica alle questioni della sicurezza. Non c'è solo Di Pietro, che con l'ex procuratore ha praticamente in comune la carriera, o Rutelli, che l'altro giorno ha addirittura deciso di donare all'amministrazione newyorkese una copia in bronzo del restaurato Marco Aurelio. Del «modello Giuliani», se può interessare, parlano con ammirazione Antonio Bassolino, che con il major è legato da un personale gemellaggio, e l'ex capo dei servizi segreti militari, ammiraglio Martini. Così come risultano «giulianisti» convinti il berlusconiano Serra, già prefetto di Milano, il sindaco anti-mafia di Palermo Leoluca Orlando, oltre a Gasparri e Tatarella. Senza contare, seppure in modo piuttosto suggestivo e semplificato, comunque al di là di ogni possibile distinzione fra Polo e Ulivo, tra conservatori e progressisti, due tribuni come il genovese Castellaneta e il tarantino Cito, quest'ultimo avendo affidato la risoluzione di un gran numero di problemi municipali al manganello («mazzetta» dice Jui) da dare in dotazione ai vigili urbani. .„..„.,, Tradii 'dire e; il fate; naturMmente, c'è di mezzo l'Oceano. E però, prima ancora dell'indubbia varietà dei personaggi che si ritrovano a sposare l'approccio efficientista del sindaco di New York, colpisce l'immediata naturalezza con cui sulle questioni della lotta alla criminalità si rimescolano le carte e saltano le antiche differenze tra i partiti. Dei quali, anzi, come insegna «l'amaro medicinale Giuliani», si può anche fare a meno. Il rischio sta semmai nelle lusinghe del populismo. 0 nelle sciagurate ansie di contraffazione all'italiana. Proprio dopo un colloquio con Giuliani (che alla Boniver parve «un attore di Hollywood») Craxi pretese ed ottenne una pessima legge sulla droga. Era il 1988, e vale giusto la pena di ricordare che a diversi giudici, chiamati a far da claque a Bettino, quel fotografatissimo viaggio lo pagò Previti. Filippo Ceccarelli Bili |
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