Trentanni di trapianti di cuore

Trentanni di trapianti di cuore Trentanni di trapianti di cuore / progressi dal primo intervento a Città del Capo nel 1967 QUELLO del trapianto cardiaco è uno dei capitoli più affascinanti della chirurgia. Sono passati trentanni da quando, il 3 dicembre 1967, al Groote Schuur Hospital di Città del Capo (Sud Africa), Christian N. Barnard, un cardiochirurgo di 43 anni di cui nessuno aveva mai sentito parlare, effettuò per la prima volta un intervento del genere, sostituendo il cuore di Louis Washkansky, un uomo di 52 anni affetto da una grave forma di cardiomiopatia, con quello di Denise Darvall, 24 anni, morta per emorragia cerebrale. Ma la grande battaglia del trapianto cardiaco non sarebbe consistita tanto nel mettere un cuore nuovo in un essere umano, quanto nel riuscire a mantenercelo. Prima di questo sensazionale evento, in realtà c'era stato molto lavoro sperimentale soprattutto per quanto riguarda gli aspetti immunologici e tecnici della procedura chirurgica ed è grazie all'acquisizione di questi risultati (come il trattamento dell'ipotermia e la circolazione extracorporea), che il giovane chirurgo sudafricano potè effettuare il suo primo trapianto in un essere umano. Il primo rapporto su questo tipo di interventi fu nel 1905 ad opera del francese Alexis Carrel (autore, tra l'altro, della tecnica operatoria delle anastomosi vascolari, e Nobel per la Medicina nel 1912) che, con Guthrye, esegui il primo trapianto cardiaco su cani. Nel 1933, nel corso di esperimenti sempre su cani condotti alla Mayo Clinic (Usa), per la prima volta fu identificato il fenomeno del rigetto come causa di morte; e nel 1964, James Vena cava superiore Hardy, all'Università del Mississippi, trasferì il cuore di uno scimpanzé nel torace di un uomo in coma, che sopravvisse soltanto poche ore. A Città del Capo i fratelli Christian e Marius Barnard avviarono una serie di ricerche sul trapianto di cuore nei cani, partendo dalla tecnica ideata da Shumway e Lower, che prevedeva di lasciare in sito parti del vecchio cuore per facilitare poi la saldatura con il nuovo cuore trapiantato. «Negli esperimenti con i cani - ha spiegato Christian Barnard, recentemente ospite dell'Aido di Novara in occasione del 30° anniversario del suo primo trapianto - avevamo effettuato 48 trapianti cardiaci: in oltre il 90 per cento dei casi il cuore nuovo aveva preso a battere con regolarità. Unendo le loro scoperte con le nostre, non aveva più senso continuare su altri animali». Ormai, verso la fine del 1967, in diversi Paesi almeno una ventina di équipes erano all'erta, pronte a trapiantare il cuore da una persona all'altra. Fu così che, superati i problemi etici e valutati alcuni elementi fisiopatologici, alle 2,15 del 3 dicembre 1967 a Città del Capo, Barnard (coadiuvato dal fratello Marius e dai chirurghi ODonovan e Hewitson) eseguì il suo primo trapianto con donatore umano, su un paziente affetto da una grave insufficienza cardiaca (dovuta al deterioramento del muscolo cardiaco), molto estesa e non più rispondente ad alcun trattamento medico: prelevò il cuore di Denise Darvall (era divenuta la paziente n. 226-070) per trasferirlo nel petto di Louis Washkansky. Vena cava inferiore «L'unico momento in cui mi sono reso conto di fare qualcosa di diverso - ricorda oggi Barnard - è quando tolsi il cuore del paziente. Il muscolo cardiaco non era più nella sua sede naturale, e questo mi pose di fronte a una situazione del tutto diversa, eccezionale, perché avevo tolto il cuore a una persona ancora viva...». d Barnard non ha mai considerato questo evento un successo ma soltanto una nuova tecnica per trattare l'ùisufficienza cardiaca. L'esperienza fu per lui incoraggiante perché vide migliorare le condizioni cardiache e generali del paziente, tanto da convincersi che il trapianto sarebbe servito a migliorare la qualità della vita delle persone affette da gravi cardiopatie. Ma se la nuova tecnica del trapianto di cuore era stata superata, restava ancora insoluto il problema del possibile rigetto, complicanza che aveva sino ad allora frenato gli entusiasmi circa la realizzazione dei trapianti. Tre giorni dopo un chirurgo di Brooklyn trapiantò il cuore a un ragazzo di 17 anni, che però morì alcune ore dopo. Del resto lo stesso Washkansky morì diciotto giorni dopo il trapianto, seguito da Philip Blaiberg, il secondo paziente operato sempre da Barnard il 2 gennaio, che sopravvisse solo otto giorni. i Nei quindici mesi successivi furono eseguiti 118 trapianti in 18 Paesi, e la maggior parte dei pazienti morì nel giro di alcune settimane o di qualche mesr Nonostante questi episodi Barnard continuò a fare trapianti perché convinto che l'obiettivo della medicina non è prolungare la vita ma migliorarne la qualità. Dal 1968 al 1993, su nove pazienti (età media 50 anni) trapiantati, quattro sono sopravvissuti oltre un anno; due oltre 12 anni; un altro ben 23 anni dopo il trapianto è deceduto lo scorso anno per complicanze relative al diabete e non per il trapianto. Attualmente, al mondo, sono circa 20 mila le persone viventi che hanno subito un trapianto di cuore. Nel '95 in Italia sono stati eseguiti 402 trapianti, mentre la richiesta era dieci volte maggiore. In Usa, sempre nel '95, sono stati duemila, contro una domanda di 30 mila! A causa di queste fasi di rigetto acuto, e non sapendo come affrontarle, Barnard e la sua équipe decisero di effettuare il trapianto eterotopico, una tecnica che consiste nel lasciare in sito il cuore originale, la sua parete posteriore degli atri viene anastomizzata (ricongiungimento bocca a bocca, in questo caso di vene e arterie), agli atri del secondo cuore in modo da consentire una assistenza o una vera e propria sostituzione funzionale al cuore malato. Solo dopo gli Anni 80 vi fu un vero e proprio revival dei trapianti di cuore, con percentuali di successo intorno al 45-50 per cento, grazie anche all'avvento di farmaci antirigetto come l'azatioprina e, più recentemente, la ciclosporina. Ma se Barnard è stato il primo ad avere l'audacia di eseguire quell'intervento capace letteralmente di «ridare» la vita a pazienti altrimenti destinati a una rapida fine, Sir Magdi Yacoub (professore di chirurgia cardiotoracica al Royal Bromilton Hospital and Harefield Arco aortico Atrio destro Tronco lmonare Valvola olmonare Atrio sinistro Vena olmonare sinistra Valvola aortico Valvola mitrale entricolo sinistro Muscolo papillare Setto ntricobre CIRCOLAZIONE DEL SANGUE Vena cava superiore Barnard al tempo del primo trapianto aortico Arto superiore Arco aortico Atrio destro Tronco polmonare Valvola polmonare Atrio sinistro Vena polmonare sinistra Valvola aortico Valvola mitrale Ventricolo sinistro Muscolo papillare ADRIA Setto interventricobre Vena iliaca interna Arto inferiore Arteria iliaca interna Hospital di Londra) contribuì al perfezionamento della tecnica dei trapianti di cuore (soprattutto in pazienti pediatrici) con risultati strepitosi: ne ha eseguiti oltre 2400. Christian Barnard oggi A sinistra un intervento di trapianto cardiaco In mostra messaggi dall'aldilà IL Museo Archeologico Nazionale di Adria (via Baldini 69) ha allestito al primo piano della propria sede una grande sala dedicata al tema, affascinante e solenne, del Banchetto nell'Aldilà. E' una mostra che si sofferma sui locali cor.edi funerari tra il VI e il IV secolo a.C, con lo scopo di dimostrare che Adria, città del Polesine orientale, conquistò più volte un rilievo di primaria importanza. Perciò non stupisce che la città abbia potuto dare il proprio nome a un mare - l'Adriatico - e che il suo territorio abbia offerto una serie di ritrovamenti che ampliano le nostre conoscenze intorno alla protostoria e alla storia delle genti venete ed etnische che qui avevano vissuto dal VI al IV secolo a.C, sottoponendosi poi alla colonizzazione romana, iniziata nel II secolo a.C. e sfociata nella splendida fioritura culturale e commerciale di età augustea e dei secoli successivi. Questa la cornice storica, cui si può aggiungere che l'esposizione Il Banchetto nell'Aldilà indica, per prima cosa, che la multietnicità di Adria si concretizzò nell'ambito religioso e, almeno all'inizio, in una dissomiglianza di culti, come si può capire dalla variet? dei corredi funerari che si sono ritrovati nelle tombe coeve, a incinerazione o a inumazione. Queste ultime, di solito più numerose e caratterizzate da cassoni di legno, nel caso dovessero custodire collezioni di oggetti particolarmente ricche. All'esterno, comunque, questo tipo di sepolcro risulta sempre ricoperto da tumuli di terra, coronati da un cerchio di pietre o di pali. Le sepolture a incinerazione, invece, sono risultate tutte di fattura molto semplice, in quanto realizzate entro dogli (o «doli», recipienti di forma globulare o troncoconica) di terracotta, semplicemente seppelliti entro fosse di varia grandezza e j)rf)fphdità e contornati, dà minuscole anfore. Se è vero che, per gli antichi, ogni forma di cultura materiale si collegava alla sfera del sacro si potrà ipotizzare quanto segue: 1°) le tombe a inumazione sembrerebbero collegarsi a credenze che non escludevano la presenza di un'ombra o «doppio» entro il luogo di sepoltura, secondo quanto lasciano pensare i corredi, sempre tangibilmente legati alla vita quotidiana; 2°) le sepolture a incinerazione, per contro, potrebbero essere state espressione di una fede di popoli o strati sociali che riguardava la morte come il preludio a un «lungo viaggio», senza alcuna possibilità di ritorno o di residuo contatto con il mondo dei viventi. Ne sono prova indiretta le minuscole anfore di corredo, le cui dimensioni fanno per l'appunto pensare a simboliche libagioni di ultimo saluto al viaggiatore che era appena entrato nell'oltretomba. L'esposizione resterà aperta fino al 10 dicembre, orario continuato dalle 10 alle 19, tutti i giorni; ingresso L. 4000. Informazioni e visite guidate di sturi: tel./fax (0426)21.612. dejfit ridejfit Alberto C. Ambesi IL corpo di un calcolatore lo hardware - è rivestito da una grande anima - il software di base o sistema operativo. A sua volta il sistema operativo è rivestito da tante animelle, che sono i vari programmi applicativi sviluppati per la soluzione dei singoli, specifici problemi dell'utente, dalla contabilità della sua azienda alla guida di un'astronave verso Marte. L'uomo alla tastiera può impartire comandi direttamente al sistema operativo, come l'ordine di trasferire un documento da una cartella a un'altra, oppure può dare comandi a un'animella, ossia a uno specifico programma applicativo, che a sua volta invierà ordini al sottostante sistema operativo. Abbiamo visto in una puntata precedente che un tempo i produttori di hardware sviluppavano ciascuno il proprio sistema operativo, ma che un certo giorno, inseguendo come Faust una felicità di breve periodo, affidarono la propria anima a pochissimi trafficanti di anime, rinunciando ai valori aggiunti relativi e alla propria indipendenza strategica. hi i d i ffi pria indipendenza strategic. Pochi anni dopo, i trafficanti di anime, tutti americani, MINICORSO DI INFORMATICA