Siamo bipedi imperfetti

Siamo bipedi imperfetti Siamo bipedi imperfetti Equilibrio precario, occhi a terra PER l'uomo (come per i primati), sono gli occhi, dotati di visione cromatica e binoculare, la più attiva interfaccia tra l'ambiente e chi cammina. Il rapporto tra posizione del cranio e piano di visione, nell'uomo, non è all'orizzonte e non è ortogonale alla verticale rispetto al suolo, come ci si attenderebbe da un perfetto bipede. E' questo il «piano di Francoforte», un orizzonte artificiale che allineal*faccia, orecchi e occhi in una sensazione di buon equilibrio che tende verso il basso di quasi 20° (ancora). E' questo a darci la spiacevole sensazione di fatica e l'impressione di «guardare verso l'alto» che si prova stando sull'attenti. La cosa è fisicamente irragionevole: in tale postura il capo è allineato con la spina dorsale, proprio sul baricentro, e gli occhi sono dritti all'orizzonte. E' possibile che questa tendenza di sentirsi a proprio agio guardando verso il basso derivi dal nostro passato evolutivo di quadrupedi. Di certo è funzionale alla nostra imperfetta camminata catastrofica: dovendo necessariamente spostare il baricentro in avanti in caduta controllata per camminare, è bene tener d'occhio il terreno dove si potrebbe camminare. Il nostro precario equilibrio, inoltre, ci obbliga a non inciampare, per evitare i danni di una caduta dall'alto: provate a fare lo sgambetto a un cane, se ci riuscite, mentre basta un tocco lieve al piede d'appoggio per far franare un atleta allenato come un calciatore. Gli antropologi, tendenzialmente funzionalisti (ci si prova a spiegare tutto), indicano il piano di Francoforte come un meccanismo adattivo di sopravvivenza: l'angolazione dello sguardo verso il basso servirebbe a delineare al suolo un raggio di cinque metri, al cui interno individuare eventuali pericoli, come i serpenti (la stazione eretta, fino a prova contraria, si è evoluta in Africa), e non solo semplici ostacoli. L'andatura su due zampe coinvolge pertanto tutta l'anatomia dell'uomo e dei suoi antenati ominidi: la posizione di attacco del cranio, il rapporto di lunghezza e sezione tra gli arti superiori e inferiori, la forma del piede, le stesse pelvi (più arrotondate e ad arco rispetto alle scimmie antropomorfe). Per non parlare della spina dorsale, che ha dovuto farsi molto più robusta e, soprattutto, assumere una peculiare forma a S, ingrossata nella parte inferiore. Questa forma è quella di una sorta di molla, che consente di ammortizzare il peso del tronco e del grosso cranio (necessario a ospitare il cervello ipertrofico dell'uomo, scimmia «intelligente») durante la deambulazione. Anche il modo cune analisi metaboliche affermano che si consumano meno calorie a camminare che a dormire). Nell'uomo, l'evoluzione ha dovuto pertanto mettere a punto sofisticati meccanismi di equilibrio, attraverso un monitoraggio costante dell'ambiente e della postura del nostro corpo (in particolare la posizione del baricentro) in rapporto a ciò che ci circonda e a quel che stiamo facendo (in movimento o fermi). Le cavità sinoidi del cranio e le strutture dell'orecchio interno sono alcuni tra i sensori dell'equilibrio. Essi sono indipendenti e autofunzionali, hanno cioè proprietà propriocettive. Molti credono che i denti e i piani di mascella e mandibola si siano evoluti al mero scopo di masticare, ma la sovrapposizione dei molari (più vicini al basicranio e, quindi, al punto di equilibrio della testa) ha analoghe funzioni propriocettive. La malformazione del retro della bocca, o la mancanza di alcuni molari, può alterare la percezione che si ha di sé nello spazio, con conseguenti difetti nella postura e forti mal di schiena per la tensione muscolare scorretta. Non a caso, in presenza di un compito difficile, si dice «stringere i denti»: la pressione può essere variata a destra o a sinistra, a compensare oscillazioni del corpo anche di 20°. Ecco perché la nostra bocca può ruotare la mandibola nei confronti della mascella: per poter meglio comprendere la posizione del cranio nello spazio. Alberto Salza L'ampiezza dell'ambiente inquadrato dall'uomo in marcia (individuato dal «piano di Francoforte» rappresentato nel disegno) ci dà indicazioni utili per capire le origini della stazione eretta. In alto: impronte di un ominide e distribuzione del peso corporeo mentre si cammina di mettere i piedi nella camminata, è fisicamente peculiare: si dovrebbe, per la massima efficienza, mettere i piedi uno avanti all'altro, come nel «passo da modella». In pratica, per l'uomo, meno ampio è il poligono d'appoggio dei piedi e maggiore è la capacità di spostarsi. La spina dorsale sinuosa consente di compensare le varie forze che agiscono sul corpo umano in movimento, senza troppo badare al semplice sostegno dello scheletro. Tutti questi caratteri sono indice di una specializzazione estrema. La stessa relativa rapidità con cui si sarebbe evoluta la bipedia degli ominidi (un paio di milioni di anni al più) implica che essi hanno subito pressioni selettive estreme. Abbiamo imparato a muoverci in modo catastrofico in mezzo a profonde catastrofi ambientali ed estinzioni. Tale velocità ha fatto sì che siamo imperfetti: il mal di schiena è diffusissimo e noi siamo l'unico primate che non sia in grado di sedersi comodamente. Provare per crede¬ re: se vi accucciate non riuscite ad appoggiarvi al suolo; se posate il sedere a terra dovete tenere le gambe distese in avanti in modo assai scomodo. Non a caso i pastori nomadi Samburu, in Kenya, hanno un proverbio: «Le chiappe son lontane dalla terra». D'altro canto, commentando la nostra anatomia deambulatoria da Homo sedens, il grande Phillip Tobias (che battezzò Homo habilis) ebbe a dire: «Non siamo altro che un povero bipede barcollante», la. sai.] Rio: il Nino ha divorato la spiaggia NUMEROSE anomalie climatiche che hanno caratterizzato negli ultimi mesi l'Europa sono state collegate alla variazione di posizione di una corrente dell'oceano Pacifico meridionale chiamata «El Nino». Se questo fenomeno causa variazioni climatiche in Europa, è logico pensare che gli effetti lungo la costa pacifica del Sudamerica siano di maggiore intensità. Purtroppo, le previsioni più pessimistiche vengono superate in questi mesi da drammatiche notizie riguardanti tutta l'America Latina. Dal Centroamerica al Cile, profonde alterazioni climatiche stanno rovinando la vita di milioni di persone. La notizia sulla fioritura delle zone desertiche delle Ande cilene non può certo mitigare quanto sta accadendo per esempio in Nicaragua, dove quasi 300.000 persone sono state ridotte sul lastrico da un periodo di siccità che perdura da molti mesi. Secondo il rappresentante dell'Onu in Nicaragua, Carmelo Angulo, più di 10.000 famiglie (60.000 persone) delle zone rurali del Paese hanno perso ogni fonte di sostentamento e sono al limite della sopravvivenza, mentre altre 240.000 persone hanno perso il 50 per cento delle entrate economiche annuali. Inoltre, l'87% della produzione del grano è perduta, mentre il 24% della raccolta di caffè, principale voce di esportazione, è danneggiata. Nelle zone montuose del Venezuela e della Colombia, un periodo di siccità si è sostituito alla normale stagione autunnale delle piogge, arrecando danni gravissimi all'agricoltura. Avvicinandosi al Perù, lungo le cui coste emerge la corrente del Nino, i fenomeni diventano parossistici. In Ecuador, per esempio, la siccità nella regione andina è arrivata ad un punto tale da pregiudicare il livello di acqua nei bacini idrici utilizzati per la produzione di energia elettrica, obbligando a sospendere l'erogazione dell'elettricità per otto ore al giorno. In contrasto a questi fenomeni di siccità nelle Ande, accompagnati inoltre da-aite-temperature, le coste pacifiche del Sudamerica stanno vivendo una stagione di piogge tropicali estremamente intense. Fortissimi acquazzoni hanno sommerso decine di paesi con esondazioni dei fiumi e alluvioni che hanno distrutto case e vie di comunicazione. Queste alluvioni costiere hanno anche rovinato i raccolti ed inquinato le fonti di acqua potabile. Un effetto del Nino mai registrato con tale intensità ed imprevisto consiste nell'innalzamento del livello medio del mare e della frequenza e altezza delle onde lungo le coste dal Venezuela al Perù. Questo fenomeno ha prodotto la distruzione di interi paesi costieri e soprattutto dei villaggi costruiti sulle palafitte; migliaia di persone hanno perso tutte le povere cose che possedevano. Dove le case costiere sono state risparmiate, le alte onde comunque impediscono ai pescatori di uscire in mare, togliendo l'unica fonte di reddito a intere comunità. Questi fenomeni sono stati spiegati assumendo che la corrente oceanica del Nino, che si muove da Ovest verso Est, si sommi alla forza del vento sospingendo masse d'acqua particolarmente ingenti contro la costa pacifica del Sudamerica. Una stranezza di questo fenomeno, già di per sé anomalo, consiste però nel fatto che alte e frequenti onde stanno flagellando anche l'opposta costa atlantica. La famosa spiaggia di Capocabana a Rio de Janeiro, per esempio, è stata inghiottita dalle onde. Al posto della sabbia bianca si trovano grandi pietre: il mare è avanzato di 30-50 metri fino a lambire alcune costruzioni. In Perù i fenomeni climatici sono così gravi che il governo ha dichiarato lo stato di emergenza, informando inoltre la popolazione attraverso spot televisivi sul comportamento da osservare. Molti Stati dell'America Latina hanno istituito apposite commissioni scientifiche per analizzare quanto sta accadendo e per cercare di definire gli scenari futuri di sviluppo dei fenomeni climatici connessi con El Nino. In ottobre è stata inoltre istituita una commissione intergovernativa per definire programmi comuni di intervento. L'Onu sta creando un fondo speciale di aiuto per l'assistenza umanitaria alle popolazioni colpite, gestito dall'organismo internazionale Pma (Programma mondiale per l'alimentazione). Alessandro Tibaldi Università di Milano I

Persone citate: Alberto Salza, Alessandro Tibaldi Università, Carmelo Angulo, El Nino, Phillip Tobias