Il bugiardo professionista

Il bugiardo professionista Il bugiardo professionista L Premio Nobel a Dario Fo ha diviso gli italiani, direi trasversalmente. A una maggioranza favorevole si è contrapposta una parte della critica accademica, per intenderci quella dei manuali scolastici, che per lo più ha storto il naso alla scelta della giuria svedese. Sì, dicono, Fo è un bravo attore, conosciamo il suo teatro, ci divertiamo anche ai suoi gesti, ma i suoi testi? Ora, senza la parola, scritta e pensata, il giullare non farebbe neppure ridere. E aggiungi il grammelot, quella invenzione del linguaggio che accompagna il gesto, e che il gesto riesce a far comprendere, suscitando sì la risata, ma solo in quanto dietro c'è una elaborazione formale del linguaggio, che solo un genio riesce a rendere comunicativo. Queste considerazioni mi vengono in mente leggendo i testi di Fo recentemente ripubblicati, Mistero buffo e Manuale minimo dell'attore. Il primo reinventa gli antichi dialetti padani, ed è una satira che ancora oggi mantiene intatta la sua carica corrosi¬ va. Una curiosità: questo testo si apre con una polemica coi dotti, che, a dire di Fo, mistificano uno dei testi più antichi del teatro comico-grottesco, la Rosa fresca aulentissima di Cielo d'Alcamo. Tanto per ^cominciare, per Dario, Cielo significherebbe Ciullo, precisando che «senza voler fare della scurrilità, Ciullo è il sesso maschile». E da lì a polemizzare con Dante Alighieri e con Benedetto Croce, che riconoscevano «eulta» la poesia di Cielo d'Alcamo, mentre Dario tenta di dimostnire che si tratta di poesia po¬ polare che solo un uomo del popolo poteva scrivere. E tutto questo quando su testi pubblicati di recente, leggiamo tra l'altro che «Cielo» è la forma fiorentina del siciliano «Cieli», nome all'apparenza non popolare. La esilarante esegesi della famosa poesia di Cielo d'Alcamo la troviamo nelle prime pagine di Mistero buffo. Mistero buffo, un percorso irriverente tra vangeli apocrifi e testi me die vali, una contaminazione di dialetti diversi, un affresco sulla vita, i miracoli e la morte scire a battersela comodi senza essere poi battuti. Quindi, accontentati dell'agnello smilzo, la pecora grassa aspetta a portartela via quando attaccato al sedere avrai un reattore a tutta spinta. Ma in Esopo questa variante non c'è. Vediamo, ora, come può essere realizzato il racconto in grammelot della parabola in questione. La eseguo a soggetto, cosa che rende inevitabile l'improvvisazione. Ecco, qui posso svelare l'impiego di un metodo. Per eseguire un racconto in grammelot bisogna possedere una specie di bagagliaio degli stereotipi sonori e tonali più evidenti di una lingua e aver chiari il ritmo e le cadenze proprie dell'idioma a cui si,vuole alludere. Prendiamo una koiné pseudo-siciliano-calabrese, e su questa sequenza di sonorità costruiamo un grammelot. Quali punti fìssi o cardini dobbiamo tenere presenti per la realizzazione? Prima di tutto informare il pubblico del tema che si intende svolgere, cosa che ho già fatto. A ciò bisogna aggiungere elementi chiave che caratterizzino, attraverso gesti e suoni, i caratteri specifici dell'aquila e del corvo. E' ovvio che io non posso esporre i dialoghi al completo, ma solo accennarli, farli indovinare. Quanto più c'è semplicità e chiarezza nei gesti che accompagnano il grammelot, tanto più è possibile la comprensione del discorso. Ricapitolando: suoni onomatopeici, gestualità pulita ed evidente, timbri, ritmi, coordinazione e, soprattutto, una grande sintesi. Dario Fo di Cristo, raccontati dalla parte degli umili, una ripresa della tradizione medievale, delle rappresentazioni religiose. Ma veniamo al secondo libro di Dario Fo che esce in questi giorni in «Stile libero». Alcuni mesi addietro, quando nessuno si aspettava 0 Nobel a Fo, suggerii a Severino Cesari e Paolo Repetti di accogliere nella loro collana il Manuale minimo dell'attore. Il suggerimento venne accolto, Franca e Dario vollero rivedere il testo. Ora il libro esce, si presenta a un vasto pubblico di lettori, un libro che manuale proprio non è, arricchito di veri e propri racconti, dati a mo' di esempio. Si tratta di sei lezioni, che coi racconti potremmo chiamare Esamerone, l'Esamerone di Dario Fo. Sono le lezioni tenute da Dario al Teatro Argentina di Roma a giovani aspiranti attori, raccolte e trascritte da Franca Rame, che con grande efficacia interviene anch'essa alla fine della sesta lezione. Il titolo non distolga, non allontani, il lettore. Le decine e decine di racconti, flash pedagogici, sono lì proprio a smentire l'intenzione pedagogica del libro, continuamente negata da Fo, che sopra ci ride, e il lettore con lui. Ma per il sortilegio di un mago (che sia Fo?), questo testo INTERNET INSEGUE LA NOSTRA RAGAZZA irridente e antiaccademico si trova oggi a essere il breviario più adottato nelle scuole di recitazione di tutto il mondo. A proposito delle Storie di cui il Manuale è ricco, sentiamo cosa scrive l'autore stesso: «Ebbene sì, è vero, spesso invento ma attenzione, sia chiaro le storie che mi fabbrico di sana pianta vi sembreranno ogni volta terribilmente autentiche, quasi ovvie. Invece quelle impossibili, paradossali, che giurereste inventate, sono al contrario tutte autentiche e documentabili. Sono un bugiardo professionista». Questo è Dario Fo che, con le sue storie, autentiche o no, riesce a far vivere il teatro, ad essere attore e scrittore allo stesso tempo. Leggiamoli allora questi testi, tenendo presente che Fo ha sempre parlato a tutti, ha interpretato, in teatro, gli umili e gli oppressi, con la voce, col corpo, col gesto, ma soprattutto con la parola. In un'intervista Fo ebbe a dire: «Io credo che questo Nobel sia un riconoscimento al valore che ha la parola sul palcoscenico, la parola può diventare scritta dopo che è stata usata, che è stata masticata molte volte sulla scena». Giulio Einaudi i i,,,, ; ' ..?:. rr:'.?.\" / :. ■:':'>:':."'.:'K.".'.:- ; :

Luoghi citati: Alcamo, Roma