Al capolinea dei gommoni clandestini di Flavia Amabile

Al capolinea dei gommoni clandestini REPORTAGI DELL'APPRODO Al capolinea dei gommoni clandestini La Capitaneria di Brìndisi: ogni settimana ci sfuggono in 300 DAL NOSTRO INVIATO «Ogni giorno dall'Albania provano a partire un'ottantina di clandestini. Il numero effettivo degli arrivi dipende dalle condizioni del tempo e altre contingenze, ma si aggira intorno ai 3-400 la settimana. Di questi, il 10% viene intercettato. Il resto, finisce chissà dovei. Le parole appartengono a Giovanni Biso, comandante della Capitaneria di Porto di Brindisi da un anno e cinque mesi, il periodo cruciale dell'emergenza albanesi, Tradotte in cifre, hanno un unico significato: almeno trecento clandestini ogni settimana raggiungono le coste italiane, poi svaniscono nel nulla. Numeri del genere giustificano la presenza di un'organizzazione, così ben radicata da agire quasi alla luce del sole. Lungo i circa quaranta chilometri di costa tra Brindisi e Lecce tutti conoscono i punti di approdo dei gommoni. I più appariscenti sono tre. TOME M 6UNC9UL Si trova una •decina di chilometri a Nord di /Brindisi. La si raggiunge percor' rendo la litoranea per Apani. La torre si erge sulla destra, in cima a un promontorio di roccia pericolosamente friabile. Dal mare la si riconosce da lontano: basta tenersi sulla sinistra la Boa Cavallo, la torre che segnala l'estremità settentrionale del porto di Brindisi. Sotto il promontorio, in una piccola ansa, si vede una corda color arancio. Lì i gommoni lanciano le loro funi e si ancorano per far sbarcare i clandestini. Uomini, donne e bambini si arrampicano su per un ripido sentiero e salgono sul promontorio. Probabilmente a qualcuno degli ultimi approdati appartiene la maglietta fradicia rimasta impigliata fra gli arbusti. Dal promontorio alla strada sono pochi passi. Dalla strada alla prima cabina telefonica si impiega qualcosa di più, ma gli albanesi, quando vogliono, sanno essere di passo spedito. CBMN0. La Litoranea Salentina si insinua nella campagna a Sud di Brindisi, fra campi di carciofi e industrie chimiche. Percorsa una decina di chilometri, sulla sinistra si staglia la sagoma di una centrale a carbone. Dalla strada la si riconosce per le volute quasi artistiche compiute dal nastro trasportatore, dove ogni giorno giungono i carichi di carbone trascinati dal porto di Brindisi. Ma la si riconosce anche per la cappa: un lungo comignolo, nella metà inferiore di colme beige e in quella superiore a strisce beige e rosse. In cima al comignolo vi è una luce rossa, intermittente. La si vede anche a venti, trenta miglia di distanza. E' un faro involontario, ma perfetto per un gommone sprovvisto di strumenti. In questo tratto di costa, tutto cale e anfratti, identici gli uni agli altri, soprattutto nell'oscurità, il comignolo della centrale è un prezioso punto di riferimento. Gli scafisti dei gommoni lo seguono per tutta la traversata. Giunti in prossimità della riva, in base alle istruzioni ricevute, decidono se scendere a Cerano, o spingersi ancora più a Sud fino a Casa L'Abate. Se gli ordini sono di sbarcare a Cerano, una volta a riva i clandestini infilano le schede telefoniche portate dall'Albania nel primo telefono e chiamano un'auto. Fino a un anno fa la richiesta giungeva alle stazioni di taxi di Brindisi. I clandestini non rivelavano di essere albanesi. Inventavano una scusa: «Abbiamo bucato nella zona di Cerano. Veniteci a prendere». Da un anno a questa parte, le richieste viaggiano lungo canali diversi. Probabilmente le organizzazioni albanesi sono a questo punto in grado di provvedere anche all'ultima fase del traghettamento: il trasporto lontano dalla Puglia. Immutata, invece, la scena dell'incontro con l'auto: i clandestini percorrono lo stradone, un sentiero in terra battuta. In una ventina di minuti, o poco di più, dal mare di Cerano giungono alla Litoranea Salentina. Lì, o negli immediati paraggi, trovano le auto ad attenderli. TOME CHIAMA. E' già in provincia di Lecce. La torre si trova un po' fuori rispetto al paese, su una spiaggia di sabbia e alghe. A sinistra della torre vi è una struttura in cemento armato. E' una fogna di acqua dolce. La foce della fogna, con la sua estremità in cemento armato, rappresenta una manna per i gommoni dei clandestini. Con un simile aiuto, chiunque può avvicinarsi] aggrapparsi al muro con una mano e tenere ferma l'imbarcazione mentre i clandestini si issano su. In genere, l'operazione avviene di notte, quando la zona è deserta. Vi sarebbe anche una casa abitata, a pochi metri dal punto d'approdo. Il suo padrone, Salvatore, è un vecchio, vestito di una canottiera anche in pieno inverno. Dal suo punto di vista, la questione degli sbarchi è un affare degli albanesi. Se vogliono passare davanti alla sua casa, non sarà lui a impedirlo o a segnalarlo alle forze dell'ordine. E gli albanesi passano. Il punto d'incontro è alla fontana, al bivio tra il sentiero della torre e la strada principale. Lì, a capitare di mattina, un po' sul presto, con un taxi, ci si può anche ritrovare a vedere nello specchietto retrovisore il lampeggiare di un paio di fari abbaglianti. Qualcuno è alla ricerca di rinforzi per un trasporto più numeroso del previsto. Flavia Amabile Il ministro dell'Interno Giorgio Napolitano ha definito un autentico orrore II naufragio nell'Adriatico di un gommone carico di clandestini albanesi, ma ha chiesto al governo di Tirana maggiori controlli

Persone citate: Giorgio Napolitano, Giovanni Biso, L'abate