«Salviamo l'Unità anche con i tagli» di Antonella Rampino

Anche la solidarietà di Di Pietro ai giornalisti in agitazione: vi devo molto Anche la solidarietà di Di Pietro ai giornalisti in agitazione: vi devo molto «Salviamo PUnhà, anche con i lugli» Cofferati: non ho mai invocato l'Iti ROMA. Il «forte abbraccio» dell'ex direttore Walter Veltroni, la «simpatia» di Giorgio Napolitano, l'attenzione di Antonio Maccanico, e perfino una «fraterna stretta di mano, vi devo molto per quanto avete fatto per me durante le elezioni del Mugello» da parte di Antonio Di Pietro. Tanta solidarietà, «e la solidarietà fa sempre bene» come dice il direttore Giuseppe Caldarola, arriva ai giornalisti dell'Unità riuniti da due giorni in assemblea. Nella grande sala sotterranea che ha visto i momenti più felici del giornale, ma anche il funerale laico di Andrea Barbato, si dà pubblica lettura di lettere, fax, telegrammi. Un centinaio di firme assiste in platea. Ci sono Claudio Petruccioli, Emanuele Macaluso, Sandro Curzi. Tutti gli ex direttori, a parte D'Alema e Veltroni. Ma il vicepresidente del Consiglio ha mandato un messaggio, D'Alema niente. E così a un certo punto, tra un telegramma di Giorgio Bocca e un fax che esprime la «profonda angoscia» di Nilde lotti, la cronista parlamentare Rosanna Lampugnani si alza, e al microfono dice quello che in sala molti pensano: «D'Alema ci ha lasciati soli: non ci bastano, da Botteghe Oscure, i fax di Salvi, Mussi e Minniti». Eppure, Minniti che di D'Alema è il braccio destro, ha preso posizione: il partito non scenderà sotto la soglia del 20 per cento nella proprietà, ha detto. E i giornalisti sanno bene che questa, insieme al fatto che tuttora il tesoriere della società che edita l'Unità sia lo stesso che ha i cordoni della borsa di Botteghe Oscure, è ima bella garanzia. Ma la redazione davvero si sente sola, nonostante, fatto normale in un quotidiano post-comunista, ma totalmente insolito in un giornale che affronta il mercato tutte le mattine, con loro ci sia il direttore, Giuseppe Caldarola. «Io sono qui con la redazione, a cercare di trovare una via per aprire il tavolo di trattative con l'editore. Certo, i colleghi hanno ragione: con questo piano non si può nemmeno cominciare a parlare. Quanto a D'Alema, credo che abbia una difficoltà oggettiva a prendere posizione: ha dato piena delega all'amministrazione dell' Unità, e dunque ogni sua parola, anche in un messaggio di solidarietà, sareb- be un'interferenza». Per lui ha parlato, comunque, Minniti, esprimendo preoccupazione. In ballo c'è la chiusura dei supplementi di cronaca locale, le varie testate «Mattina»: «L'editore vuole chiuderle nelle stesse città in cui aprono le loro cronache Repubblica e Corriere della Sera, città che spesso sono governate dal pds», dice Di Giorgio, Cxa. rappresenta proprio tutti i supplementi. Nel mirino dell'editore ci sono i giornalisti: troppi, l'organico deve passare da 253 a 105. «Vorremmo sapere come si è arrivati a questo sfascio economico, certo frutto non solo di questo ultimo periodo, e vogliamo che siano garantiti i contenuti del giornale» dice Urbano del cdr. Un suo collega, Giovannini, aggiunge: «Siamo consapevoli della necessità di un risanamento forte, ma per parlarne con l'editore abbiamo bisogno di due cose: di un piano che indichi prospettive sui contenuti e sull'identità del giornale, e poi che l'azienda capisca i problemi legati al lavoro». Il comitato di redazione trova inaccettabile, soprattutto, il piano di ristrutturazione, dettagliatamente illustrato dall'amministratore delegato Italo Prario, ex del Messaggero gestione Ferruzzi. Ma sulla discussione, nell'assemblea dell' Unità, cala il monito di Sergio Cofferati, che prende il microfono anzitutto per smentire di aver mai proposto Tiri come soluzione per la crisi della testata. Poi l'affondo, con tono bonario: «Smettetela di dire che un giornale non è un'impresa. Ve lo dico francamente, dai numeri e dal mercato non si può più prescindere. Certo, bisogna tenere insieme risanamento e sviluppo, e qualche volta il secondo arriva un bel po' di tempo dopo che si è attuato il primo. Potreste fare come la Volkswagen in Germania. Ma il punto è che un'azienda editoriale è un'azienda fragile: non regge la conflittualità come un'azienda metalmeccanica. E voi, in sciopero da due giorni, un po' troppo, dovete trovare una soluzione in tempi rapidi». Ovvero, sedervi al tavolo della concertazione. Antonella Rampino Due anime: D'Alema ci lascia soli «No, non può interferire» In futuro il pds avrà il 20% Il segretario delia Cgil Sergio Cofferati

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