I piani per bloccare i neocentristi di Augusto Minzolini

I piani per bloccare i neocentristi I piani per bloccare i neocentristi Un referendum sulla legge elettorale? LE STRATEGIE DEE POLI ROMA rArché, dèi Mpazzito? Io di questa storia non ne sapevo niente...». Un Franco Marini^uòri tìallè1 grazie clvDirJ ha risposto così al povero Bruno Errai, un senatore del ppi che gli era andato a chiedere se davvero doveva aderire al gruppo parlamentare di Di Pietro. «Eppure gli ha spiegato Errai dispiaciuto sono stati lo stesso Di Pietro e quel sottosegretario pidiessino, come si chiama, Bargone, a dirmi che tu eri d'accordo». Due senatori del ppi - oltre a Errai anche Donato Velardi -, quattro pidiessini (con l'autorizzazione di D'Alema), qualcuno di Rinnovamento italiano, un po' di cani sciolti e, oplà, Di Pietro con la benedizione di Prodi e del segretario del pds avrebbe fatto il suo gruppo. Obiettivo: creare un deterrente per far passare le voghe «centraste» o terzopoliste, semmai ci fossero, all'area moderata dell'Ulivo. E chi se ne importa se Di Pietro aveva promesso ai quattro venti che non avrebbe mai fatto un suo gruppo: parole da marinaio, senza contare che in politica le cose cambiano. Finora, però, l'operazione ha ottenuto un solo risultato: quello di rendere furioso Marini. «Io - ha spiegato - sono come Malapane, il guardiano del pollaio; se uno prova a portarmi via le galline gli taglio le mani. L'ho detto a Di Pietro: si può fare un unico gruppo del centro di tipo federativo, ma prima organizziamo una Convention del centro...». Fin qui nell'Ulivo. Di là, nel centro-destra, c'è un altro Emilio Colombo che sta per avere le luci della ribalta, ma non è certo l'ex ministro democristiano. E' l'autore del quesito del referendum che potrebbe all'occorrenza modificare in senso maggioritario l'attuale legge elettorale. «Un quesito - giura Giuseppe Calderisi - a prova di Corte Costituzionale». Tant'è che Leopoldo Elia, ex presidente della Consulta e attuale capogruppo dei senatori popolari, ne porta da qualche settimana una copia in tasca per studiarlo nei momenti di pausa. A che serve? Semplice, a raffreddare i bollenti spiriti dei neoproporzionalisti, da Mastella a Rifondazione, ad altri. Se qualcuno volesse tornare indietro, magari facendo saltare gli accordi sulla Bicamerale, potrebbe presentarsi all'orizzonte un referendum che avrebbe un largo sostegno. Quindi entrambi gli schieramenti, in un modo o nell'altro, si sono dati degli strumenti, dei deterrenti per evitare che tutte le manovre che si svolgono nell'area centrale dello scenario politico rimettano in discussione i presupposti del bipolarismo. Sono «armi», però, che rischiano - specie nel caso di Di Pietro - di complicare la situazione, invece di risolverla. Eh sì, perché l'uso in maniera spropositata della «clava» Di Pietro - come fa D'Alema in questo momento - può avere solo conseguenze controproducenti. «Agita un'arma che non c'è - osserva Ciriaco De Mita - perché l'effetto Di Pietro è tutto da dimostrare. Bargone se l'è portato a Brindisi solo per perdere il Comune». Tanto più che nessuno degli attori principali, al di là delle euforie o delle delusioni del dopovoto, ha davvero voglia di rimettere in discussione gli accordi della Bicamerale. Ieri lo hanno detto a chiare note Berlusconi e Marini, i quali hanno difeso anche l'accordo sulla legge elettorale. Di Fini si può dire la medesima cosa. E lo stesso D'Alema rilancia l'idea del doppio turno nei collegi dìù che altro come ipotesi di bandiera. Insomma, al di là dei rinvìi, lo schieramento che vuol fare saltare la Bicamerale rimane minoritario non fosse altro perché un'eventualità del senere Dotrebbe far annarire all'orizzonte l'idea di uno scioglimento anticipato delle Camere paventato ieri nuovamente da Marini. Anche i tamburi di guerra che nroveneono sull'argomento da Forza Italia non debbono trarre in inganno: servono solo per marcare le posizioni dei forzisti su alcune questioni (federalismo e principio di sussidiarietà) e non altro. Berlusconi è il nrimo a sa- pere che solo il non approdo alle riforme potrebbe dare fiato all'iniziativa di Cossiga. Così anche un «bastian contrario» come Colletti si. sta convincendo che l'accordo suDa Bicamerale può essere migliorato, ma non fatto saltare. «Qui - ha spiegato - bisogna approfittare del fatto che Cossiga è riuscito a portare solo persone con le manette o con il catetere. Non possiamo bloccare il cammino delle riforme perché altrimenti daremmo a D'Alema l'alibi per andare ad elezioni. Eppoi, sarà pure un presidenzialismo del cavolo, ma se non introduciamo l'elezione diretta del Capo dello Stato, fra un anno e mezzo questo Parlamento manderà Violante al Quirinale. Non è una bella prospettiva». Così si ha la sensazione che il confronto sulle riforme nelle aule parlamentari sarà garantito da una rete di protezione. Né le nuove «interferenze» dentro i due schieramenti dovrebbero creare grossi rivolgimenti nei due poli. Di Pietro, nel tempo, dovrebbe essere assorbito. E, sull'altro versante, anche l'iniziativa di Cossiga - se continuerà ad essere solo un tentativo di sostituire Berlusconi senza venire a patti con lui - non sembra destinata al successo. Del resto lo stesso Berlusconi si è accorto di avere ancora delle «chance» da giocare e mostra più sicurezza. Così, dopo aver giocato di rimessa, ieri il Cavaliere ha trasformato l'invito a partecipare all'esecutivo di An in un incontro tra gli organismi di vertice delle due forze maggiori del Polo. E' il secondo «no», dopo quello opposto all'idea di istituire la figura del portavoce parlamentare. «Era un tentativo maldestro - spiegava qualche giorno fa Franco Frattini - di marca barese (leggi Tatarella, ndr) di rifilarci Adolfo D'Urso portavoce». «L'importante - gli fa eco Calderisi - è che da gennaio con il nuovo regolamento diventi lui il portavoce dell'opposizione, che stia qui in Parlamento, che imponga agli altri la discussione sulla legge sul conflitto d'interessi e che non parli più di giustizia». Eh sì, malgrado tutto, il Cavaliere ha ancora qualche carta in mano. Sempre che non le sprechi. Augusto Minzolini Nella foto in alto l*ex presidente della Repubblica Cossiga Qui accanto Silvio Berlusconi e a sinistra la sala della Regina dove si è riunita la Bicamerale

Luoghi citati: Brindisi, Roma